SLITTARE
A METÀ
Il
90% dei sindaci non ha
ancora
deciso le aliquote:
da
loro la prima rata
scivola
di tre mesi, il 10%
restante
sborsa subito
Uil:
“Costerà come l’Imu”
di
Marco
Palombi
Lo
sapevano da almeno
un
mese che si sarebbe
arrivati
a questo
punto.
Lo sapevano
almeno
da quando dentro
il
terzo decreto Salva-Roma è
stato
inserito un emendamento
– concordato
da governo e
maggioranza
–che spostava dal
31
maggio al 31 luglio il termine
per
i Comuni per predisporre i
loro
bilanci. Lo sapevano - e
s’intende
a Palazzo Chigi e in
particolare
il sottosegretario
Graziano
Delrio (ma pure il
presidente
Anci Piero Fassino)
-
perché il tema fu posto in quei
giorni
anche nelle commissioni
Bilancio
di Camera e Senato,
specialmente
dal presidente
della
prima, Francesco Boccia:
qui
si continuano a cambiare le
leggi
sulla fiscalità locale, non si
fa
in tempo, la prima rata della
Tasi
va fatta slittare a settembre.
Niente.
Ora, quando manca
meno
di un mese alla scadenza
del
16 giugno, il governo si decide
a
farlo con un comunicato
nella
serata di ieri, costretto dal
caos
che già serpeggia tra commercialisti,
Caf
ed enti locali.
“Dilettanti
allo sbaraglio”, è il
commento
sprezzante degli
esperti
parlamentari di bilanci
locali.
RIPARTIAMO
dall’inizio.
La
Tasi
è la tassa sui servizi comunali
che,
insieme alla Tari (rifiuti)
e
un residuo di Imu, costituisce
la
Iuc, l’imposta unica comunale
che,
come si vede, non è
affatto
unica. La prima rata della
Tasi
- la cui aliquota base è fissata
al
2,5 per mille della rendita
catastale
- andava pagata entro
il
16 giugno: per farlo, però, serviva
che
i sindaci decidessero
per
ogni comune l’aliquota effettiva
(cioè
se aumentare quella
base,
lasciarla identica o abbassarla)
e
come calcolare le detrazioni
già
finanziate dallo Stato
entro
il 23 maggio (il 31 maggio,
poi,
era il termine per presentare
i
bilanci). Peccato che, ad
oggi,
nemmeno il 10% degli oltre
ottomila
comuni italiani abbia
ottemperato
all’obbligo. Un
po’
ha pesato anche il fatto che
in
circa quattromila paesi il 25
di
maggio si vota e nessuno vuole
aumentare
le tasse - anche se è
necessario
- durante la campagna
elettorale.
Anche per questo
-
e perché il legislatore continuava
a
mettere le mani sul fisco
locale
- il Parlamento un mese fa
ha
deciso di far slittare la data in
cui
si devono chiudere i bilanci
al
31 luglio: rinvio necessario se
è
vero che l’ultimo taglio per i
comuni
è contenuto addirittura
nel
decreto Irpef, non ancora
convertito.
RISULTATO:
i cittadini non
sanno
ancora
quanto dovrebbero
pagare
(e per quei 4.000 comuni
che
votano bisognerà ormai
aspettare
il nuovo sindaco). Se
per
le prime case la faccenda si
potrebbe
risolvere con una prima
rata
forfettaria, per altre la
cosa
è impossibile. La Tasi, infatti,
ricade
anche sugli inquilini
delle
abitazioni affittate per una
percentuale
che la legge individua
tra
il 10 e il 30% del totale: la
decisione
definitiva avrebbero
dunque
dovuto prenderla i comuni,
ma
nel 90% dei casi non si
sa
ancora assolutamente nulla.
Per
questo, per evitare il caos, il
governo
ha finito per decidersi a
far
slittare il pagamento da metà
giugno
al 16 settembre. Ma non
per
tutti, però. Secondo la soluzione
caldeggiata
da Piero Fassino
e
dall’Anci, negli 832 comuni
che
hanno già deciso le
aliquote
si pagherà subito, tutti
gli
altri invece sono appunto rimandati
a
settembre. Una giungla
contributiva
che creerà più
di
un problema ai cittadini e ai
loro
consulenti fiscali: per chi
possegga
due case in due comuni
diversi
è assai probabile che
l’apppuntamento
con la Tasi-
Tari-Imu
divenga in sostanza
in
tre fasi: a giugno, a settembre
per
i ritardatari e a dicembre per
il
saldo annuale.
IN
ATTESA che
tutte i sindaci
facciano
il loro dovere, comunque,
il
Servizio Politiche Territoriali
della
Uil ha fatto i conti
sul
peso della Tasi analizzando
le
scelte degli 832 comuni che
hanno
rispettato i tempi. Il risultato
è
che la Tasi costerà
all’ingrosso
come l’Imu: nel totale
delle
città-campione, infatti,
la
media è di 240 euro a famiglia
contro
i 267 dell’Imu
2012.
Analizzando i 32 capoluoghi
di
cui si conoscono già
aliquote
e detrazioni si scopre
poi
che nel 37,5% dei casi (12
città)
la Tasi sarà addirittura più
alta
dell’Imu pagata nel 2012:
Bergamo
(+ 21 euro); Ferrara (+
60
euro); Genova (+ 67 euro); La
Spezia
(+ 47 euro); Mantova (+
89
euro); Milano (+ 64 euro);
Pistoia
(+ 75 euro); Sassari (più
40
euro); Savona (+ 28 euro); Siracusa
(+
16 euro); Palermo (+ 2
euro).
Nelle altre venti città la
nuova
tassa sui servizi sarà
uguale
o inferiore a quella voluta
da
Mario Monti. In realtà il
problema
vero, quanto al costo,
si
porrà nel 2015: quest’anno,
infatti,
il governo ha messo da
parte
oltre un miliardo e mezzo
di
euro per garantire le detrazioni,
ma
si tratta di uno stanziamento
una
tantum. Fare un
discorso
generale sull’applica -
zione
della Tasi, comunque, sarà
molto
difficile: i margini di
manovre
per ogni comune sono
infatti
amplissimi. La Uil ha calcolato
che,
semplicemente applicando
la
legge, si potrebbe arrivare
a
75 mila combinazioni
diverse.
Solo il salasso resta più
o
meno uguale.
il fatto quotidiano 20 maggio 2014
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