lunedì 19 maggio 2014

Dilettanti al governo: la Tasi si rinvia, ma resta un salasso I COMUNI SONO IN RITARDO, L’ESECUTIVO HA PERSO UN MESE: SI PAGHERÀ A SETTEMBRE


SLITTARE A METÀ
Il 90% dei sindaci non ha
ancora deciso le aliquote:
da loro la prima rata
scivola di tre mesi, il 10%
restante sborsa subito
Uil: “Costerà come l’Imu”
di Marco Palombi
Lo sapevano da almeno
un mese che si sarebbe
arrivati a questo
punto. Lo sapevano
almeno da quando dentro
il terzo decreto Salva-Roma è
stato inserito un emendamento
concordato da governo e
maggioranza –che spostava dal
31 maggio al 31 luglio il termine
per i Comuni per predisporre i
loro bilanci. Lo sapevano - e
s’intende a Palazzo Chigi e in
particolare il sottosegretario
Graziano Delrio (ma pure il
presidente Anci Piero Fassino)
- perché il tema fu posto in quei
giorni anche nelle commissioni
Bilancio di Camera e Senato,
specialmente dal presidente
della prima, Francesco Boccia:
qui si continuano a cambiare le
leggi sulla fiscalità locale, non si
fa in tempo, la prima rata della
Tasi va fatta slittare a settembre.
Niente. Ora, quando manca
meno di un mese alla scadenza
del 16 giugno, il governo si decide
a farlo con un comunicato
nella serata di ieri, costretto dal
caos che già serpeggia tra commercialisti,
Caf ed enti locali.
Dilettanti allo sbaraglio”, è il
commento sprezzante degli
esperti parlamentari di bilanci
locali.
RIPARTIAMO dall’inizio. La
Tasi è la tassa sui servizi comunali
che, insieme alla Tari (rifiuti)
e un residuo di Imu, costituisce
la Iuc, l’imposta unica comunale
che, come si vede, non è
affatto unica. La prima rata della
Tasi - la cui aliquota base è fissata
al 2,5 per mille della rendita
catastale - andava pagata entro
il 16 giugno: per farlo, però, serviva
che i sindaci decidessero
per ogni comune l’aliquota effettiva
(cioè se aumentare quella
base, lasciarla identica o abbassarla)
e come calcolare le detrazioni
già finanziate dallo Stato
entro il 23 maggio (il 31 maggio,
poi, era il termine per presentare
i bilanci). Peccato che, ad
oggi, nemmeno il 10% degli oltre
ottomila comuni italiani abbia
ottemperato all’obbligo. Un
po’ ha pesato anche il fatto che
in circa quattromila paesi il 25
di maggio si vota e nessuno vuole
aumentare le tasse - anche se è
necessario - durante la campagna
elettorale. Anche per questo
- e perché il legislatore continuava
a mettere le mani sul fisco
locale - il Parlamento un mese fa
ha deciso di far slittare la data in
cui si devono chiudere i bilanci
al 31 luglio: rinvio necessario se
è vero che l’ultimo taglio per i
comuni è contenuto addirittura
nel decreto Irpef, non ancora
convertito.
RISULTATO: i cittadini non sanno
ancora quanto dovrebbero
pagare (e per quei 4.000 comuni
che votano bisognerà ormai
aspettare il nuovo sindaco). Se
per le prime case la faccenda si
potrebbe risolvere con una prima
rata forfettaria, per altre la
cosa è impossibile. La Tasi, infatti,
ricade anche sugli inquilini
delle abitazioni affittate per una
percentuale che la legge individua
tra il 10 e il 30% del totale: la
decisione definitiva avrebbero
dunque dovuto prenderla i comuni,
ma nel 90% dei casi non si
sa ancora assolutamente nulla.
Per questo, per evitare il caos, il
governo ha finito per decidersi a
far slittare il pagamento da metà
giugno al 16 settembre. Ma non
per tutti, però. Secondo la soluzione
caldeggiata da Piero Fassino
e dall’Anci, negli 832 comuni
che hanno già deciso le
aliquote si pagherà subito, tutti
gli altri invece sono appunto rimandati
a settembre. Una giungla
contributiva che creerà più
di un problema ai cittadini e ai
loro consulenti fiscali: per chi
possegga due case in due comuni
diversi è assai probabile che
l’apppuntamento con la Tasi-
Tari-Imu divenga in sostanza
in tre fasi: a giugno, a settembre
per i ritardatari e a dicembre per
il saldo annuale.
IN ATTESA che tutte i sindaci
facciano il loro dovere, comunque,
il Servizio Politiche Territoriali
della Uil ha fatto i conti
sul peso della Tasi analizzando
le scelte degli 832 comuni che
hanno rispettato i tempi. Il risultato
è che la Tasi costerà
all’ingrosso come l’Imu: nel totale
delle città-campione, infatti,
la media è di 240 euro a famiglia
contro i 267 dell’Imu
2012. Analizzando i 32 capoluoghi
di cui si conoscono già
aliquote e detrazioni si scopre
poi che nel 37,5% dei casi (12
città) la Tasi sarà addirittura più
alta dell’Imu pagata nel 2012:
Bergamo (+ 21 euro); Ferrara (+
60 euro); Genova (+ 67 euro); La
Spezia (+ 47 euro); Mantova (+
89 euro); Milano (+ 64 euro);
Pistoia (+ 75 euro); Sassari (più
40 euro); Savona (+ 28 euro); Siracusa
(+ 16 euro); Palermo (+ 2
euro). Nelle altre venti città la
nuova tassa sui servizi sarà
uguale o inferiore a quella voluta
da Mario Monti. In realtà il
problema vero, quanto al costo,
si porrà nel 2015: quest’anno,
infatti, il governo ha messo da
parte oltre un miliardo e mezzo
di euro per garantire le detrazioni,
ma si tratta di uno stanziamento
una tantum. Fare un
discorso generale sull’applica -
zione della Tasi, comunque, sarà
molto difficile: i margini di
manovre per ogni comune sono
infatti amplissimi. La Uil ha calcolato
che, semplicemente applicando
la legge, si potrebbe arrivare
a 75 mila combinazioni
diverse. Solo il salasso resta più
o meno uguale.

il fatto quotidiano 20 maggio 2014

Nessun commento:

Posta un commento