martedì 30 settembre 2014

lunedì 29 settembre 2014

Incentivi a sostegno dell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia in provincia di Latina

Incentivi a sostegno dell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia in attuazione della L. 10/91. Indirizzi utilizzo risorse di cui alla D.G.R.L. n° 340 del 08.05.2008.  Deliberazione n. 33.pdf

Mutui trentennali per ristrutturare e costruire scuole e studentati

http://www.edilportale.com/news/2014/09/lavori-pubblici/mutui-trentennali-per-ristrutturare-e-costruire-scuole-e-studentati_41611_11.html

Stanziamento di 40 milioni di euro annui dal 2015 per edifici scolastici, residenze per studenti universitari e palestre nelle scuole

29/09/2014 - È in dirittura d’arrivo il decreto attuativo che consentirà alle Regioni di stipulare mutui trentennali, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, per realizzare interventi straordinari di ristrutturazione, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico di scuole pubbliche, palestre scolastiche e residenze per studenti universitari, e per costruire nuove scuole e nuove palestre.
Questo tipo di mutui è stato introdotto dal decreto “L’Istruzione riparte” (DL 104/2013 convertito nella Legge 128/2013) con uno stanziamento di 40 milioni di euro annui per la durata dell’ammortamento del mutuo, a decorrere dal 2015.
 
Per la programmazione triennale 2013-2015, le Regioni potranno accendere un mutuo con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa, la Cassa Depositi e Prestiti o altri soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria.
 
Per farlo dovranno essere autorizzate dal Ministero dell’economia e finanze, d’intesa con il Ministero dell’istruzione (Miur) e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Una volta acceso il mutuo, le rate di ammortamento saranno pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.
 
I pagamenti effettuati dalle Regioni, finanziati con l’attivazione di questi mutui, saranno esclusi dai limiti delPatto di stabilità interno delle Regioni per l’importo annualmente erogato dagli Istituti di credito.
 
A distanza di circa un anno dal decreto istitutivo, è stato messo a punto il decreto attuativo. Il testo prevede che le Regioni trasmettano al Miur, entro il 30 novembre 2014, ipiani regionali triennali di edilizia scolasticaindicando le priorità per il 2015, privilegiando i progetti cantierabili e appaltabili e quelli approvati nell’ambito del Piano Scuola ma non finanziati (né con la tranche da 150 milioni né con quella da 400 milioni).
 
Dopo il via libera del Ministero dell’Infrastrutture, il Miur dovrebbe ripartire entro il 20 gennaio 2015 le risorse tra le Regioni e autorizzarle entro il 15 febbraio 2015 a stipulare i mutui. A questo punto le Regioni dovranno avviare le procedure di gara per gli interventi; l’aggiudicazione provvisoria di lavori dovrà avvenire entro il 30 aprile 2015, pena la revoca delle agevolazioni.
 
La bozza di decreto attuativo è stato esaminato il 25 settembre scorso dalla Conferenza Unificata, che ha datoparere favorevole. O meglio, i Comuni hanno dato il via libera senza obiezioni mentre le Regioni hanno dato un parere positivo condizionato ad alcune modifiche.
 
Chiedono che la scadenza del 30 novembre 2014 per la trasmissione ai Miur dei piani triennali sia spostata al 15 dicembre 2014 e che l’accesso all’agevolazione sia esteso aiprogetti già appaltati (oltre a quelli appaltabili) e a quelli per i quali sia stato concesso ai Comuni lo sblocco dal Patto di stabilità, di cui al DPCM 13 giugno 2014, anche appaltati da altri Enti.
 
Infine, le Regioni chiedono di poter individuare la Cassa Depositi e Prestiti quale interlocutore unicoper l’attivazione dei mutui e di prevedere il pagamento diretto agli Enti locali, evitando il passaggio delle risorse nei bilanci regionali.

Lavori difformi dal progetto, il ripristino sia proporzionato

http://www.edilportale.com/news/2014/09/normativa/lavori-difformi-dal-progetto-il-ripristino-sia-proporzionato_41603_15.html

CdS: se i vizi riscontrati nel seminterrato sono di lieve entità, non è necessaria la demolizione totale

29/09/2014 - La rimozione delle difformità rispetto a quanto previsto nel progetto assentito con il permesso di costruire deve rispettare i principi di proporzionalità e ragionevolezza. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 4790/2014.
Ciò significa, ha spiegato il CdS, che se nel sopralluogo e nel successivo intervento di ripristino emergono delle difformità di lieve entità, riguardanti le parti strutturali dell’edificio, non è necessaria la demolizione totale perché così si comprometterebbero in modo sproporzionato gli interessi del proprietario.
 
Il Consiglio di Stato ha fornito quindi un’interpretazione dell’articolo 31 del Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) spiegando che se un modesto eccesso di altezza o di volumetria è la conseguenza di un dislivello del terreno, e può essere corretto con un riporto del terreno, si può tutelare l’interesse pubblico senza compromettere in modo eccessivo gli interessi del proprietario dell’edificio.
 
Nel caso preso in esame dal CdS, il Comune aveva ordinato la rimozione delle difformità riscontrate nella parte seminterrata dell’edificio. La rimozione avrebbe quindi comportato la demolizione totale dell’immobile, utilizzato dal proprietario per lo svolgimento della sua attività professionale.
 
Di fronte al ricorso del proprietario, il Tar in prima istanza ne aveva respinto le richieste, avvallando l’ordine di demolizione del Comune.
 
Il Consiglio di Stato ha espresso parere opposto, stabilendo di risolvere le difformità con degli interventi poco invasivi.

domenica 28 settembre 2014

Latina, agricoltura: class action di Coldiretti contro la Regione Lazio di Zingaretti a maggioranza pd sel legambiente e assessore Sonia Ricci

LATINA - Class action di Coldiretti Latina e Frosinone per ottenere i premi dei fondi
del Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (Psr) per le giovani aziende agricole. «Abbiamo attivato uno sportello a Latina e Frosinone - dice Saverio Viola, direttore delle due sedi provinciali di Coldiretti - e siamo a disposizione non solo dei soci interessati dalla questione, ma anche per tutti coloro che in questa posizione di grave difficoltà intendano aderire all'iniziativa che si sta concretizzando in tutta la regione Lazio nelle sedi Coldiretti».

Si tratta della mancata corresponsione del premio unico di 40.000 euro alle giovani aziende agricole già in possesso del decreto di concessione. Coldiretti punta il dito contro il silenzio dell'assessorato alle politiche agricole della Regione e ricorda che lo scorso giugno nel corso di un incontro sul problema «l’assessore Sonia Ricci aveva assicurato la copertura dell’importo con risorse regionali per il pagamento del premio unico di 40.000 Euro per oltre 170 giovani per un valore di premi pari a oltre 6 milioni di euro. Ad oggi, nessuna delle promesse fatte è stata mantenuta».
Domenica 28 Settembre 2014, 16:57 - Ultimo aggiornamento: 17:09
© RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.ilmessaggero.it/LATINA/latina_agricoltura_class_action_coldiretti/notizie/926986.shtml

Permesso costruire con cessione di cubatura, ok ma con limiti

http://www.edilportale.com/news/2014/09/normativa/permesso-costruire-con-cessione-di-cubatura-ok-ma-con-limiti_41569_15.html

Tar Campania: la cessione può avvenire tra fondi contigui e nella stessa zona urbanistica

26/09/2014 - La cessione di cubatura è ammessa in sede di rilascio del permesso di costruire, ma solo entro certi limiti e nel rispetto delle norme di piano. È questa la conclusione a cui è giunto il Tar Campania con la sentenza 1657/2014.
Nel caso esaminato dal Tribunale amministrativo, in zona E (agricola) il conduttore di un fondo aveva chiesto il permesso di costruire per adibire ad abitazione un fabbricato rurale e i locali preposti all’attività agricola.

Il Comune aveva intimato la sospensione delle opere necessarie perché la quota riservata alla residenza era stata completamente utilizzata. Gli interessati avevano però segnalato di essere titolari di un atto di asservimento con cui il conduttore del fondo contiguo aveva ceduto la volumetria di sua competenza.

Il Tar ha chiarito che, in generale, la cessione di cubatura è possibile entro certi limiti: deve avvenire tra fondi contigui, compresi nella stessa zona urbanistica e aventi la medesima destinazione urbanistica. In caso contrario, infatti, si potrebbe superare la densità edilizia massima consentita.

In sostanza, per non ledere l’interesse pubblico l’importante è non superare la densità edilizia della zona, a prescindere da chi realizza la volumetria consentita.

Il caso esaminato era però diverso perché la normativa regionale riservava la cessione di volumetria solo agli imprenditori agricoli e non ai conduttori in economia. Allo stesso tempo, le norme esistenti non consentivano di edificare, nelle zone agricole, in lotti di dimensioni inferiori ad un limite.

Ricordiamo che recentemente il ddl sulla riforma urbanistica è intervenuto sulla compravendita delle cubature. La norma introduce infatti l'istituto della perequazione urbanistica, che implica la libertà di commerciare i diritti edificatori.

Nei giorni scorsi, inoltre, il Decreto Sblocca Italia ha introdotto il permesso di costruire convenzionato, che potrà essere rilasciato se le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte sotto il controllo del Comune con modalità semplificate. L'attuatore degli interventi, oltre ad effettuare le opere di urbanizzazione, dovrà cedere l'utilizzo dei diritti edificatori.

sabato 27 settembre 2014

Dal Cipe 400 milioni di euro per la riqualificazione delle scuole

http://www.edilportale.com/news/2014/09/lavori-pubblici/dal-cipe-400-milioni-di-euro-per-la-riqualificazione-delle-scuole_41579_11.html

Scorre la graduatoria del Decreto del Fare. Gli Enti dovranno affidare i lavori entro il 31 dicembre 2014, pena la revoca dei finanziamenti

26/09/2014 - È finalmente arrivato il via libera all’assegnazione di 400 milioni di euro per l’anno 2015 per la riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici, il programma #scuolesicure del Governo.
È stata infatti pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Delibera 22/2014 approvata dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) quasi tre mesi fa (leggi tutto), che riprogramma i Fondi Sviluppo e Coesione, liberando risorse da destinare all'edilizia scolastica.
 
Le risorse serviranno a finanziare oltre 2.000 interventi - in Allegato 1 alla Delibera, per un importo complessivo di 490.577.934 euro - proposti dalle Regioni nell’ottobre 2013, ma per i quali non erano stati sufficienti i 150 milioni di euro del Decreto del Fare. Infatti, per il plafond di 150 milioni, il Ministero dell’Istruzione aveva ricevuto richieste che superavano ampiamente le disponibilità finanziarie, ed era riuscito a finanziarne soltanto 692.
 
Ora, con il nuovo stanziamento sarà possibile scorrere quella graduatoria e realizzare altri lavori. Comuni e Province, però, dovranno avviare immediatamente le procedure di gara, pubblicando i bandi o affidando i lavori; seentro il 31 dicembre 2014 non lo avranno fatto, perderanno i finanziamenti.
 
I risparmi che deriveranno dai ribassi d’asta ed eventualmente dall’esecuzione degli interventi saranno destinate allo scorrimento della graduatoria di cofinanziamento degli interventi per la messa in sicurezza e conformità degli edifici scolastici selezionati con il Bando 267/2013 da 10 milioni euro del Ministero dell’Istruzione.
 
Ricordiamo che il programma #scuolesicure fa parte del'Piano Scuola' del Governo Renzi, che comprende anche#scuolenuove, per la costruzione di nuovi edifici scolastici e la realizzazione di manutenzioni importanti, che assorbirà 244 milioni di euro per 404 cantieri in corso o che stanno per aprire, e #scuolebelle per la piccola manutenzione di oltre 7.000 scuole, in corso di realizzazione.

Siti inquinati di interesse nazionale, aiuti alle imprese


http://www.edilportale.com/news/2014/09/ambiente/siti-inquinati-di-interesse-nazionale-aiuti-alle-imprese_41591_52.html

In arrivo 70 milioni di euro per la bonifica e la messa in sicurezza delle aree e la riconversione industriale

26/09/2014 - Sta per essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto interministeriale 7 agosto 2014 che istituisce un credito d’imposta per le imprese sottoscrittrici di accordi di programma nei Siti inquinati di interesse nazionale.
 
Il provvedimento, in attuazione del decreto Destinazione Italia (DL 145/2013 convertito nella Legge 9/2014, articolo 4, commi da 2 a 10 e 14), stabilisce le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza per la concessione delle agevolazioni in favore delle imprese sottoscrittrici di accordi di programma volti a favorire la bonifica e la messa in sicurezza dei siti inquinati di interesse nazionale e la loro riconversione industriale
Beneficiarie sono le imprese proprietarie di aree contaminate o interessate ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica e di riconversione industriale; l’agevolazione consiste in credito d’imposta commisurato al costo complessivo dei beni d’investimento, cioè dei fabbricati, macchinari e programmi informatici finalizzati alla creazione di un nuovo stabilimento, all’ampliamento di uno esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati prima o a un cambiamento fondamentale del processo produttivo di uno stabilimento esistente.
 
Il piano degli investimenti e degli ammortamenti e l’importo massimo del credito d’imposta concedibile devono essere definiti negli accordi di programma, che vanno sottoposti al Ministero dello sviluppo economico per il preventivo riscontro formale.

Le risorse stanziate per la concessione delle agevolazioni sono pari complessivamente a 70 milioni di euro, di cui 20 milioni per l'anno 2014 e 50 milioni per l'anno 2015, fatti salvi ulteriori stanziamenti disposti con appositi provvedimenti normativi.

I contenuti del modello di istanza, nonché le modalità e i termini di presentazione saranno definiti con unasuccessiva circolare del Direttore generale per gli incentivi alle imprese.

Consulta dei Consumatori: Basta stangate su cittadini e imprese

Il Consiglio comunale di Latina in questi giorni è impegnato nell’esame di diversi punti all’ordine del giorno, molti dei quali comportanti ricadute economiche sui cittadini e sulle attività imprenditoriali.
“Al riguardo – si legge in una nota della Consulta provinciale dei Consumatori – le Associazioni che aderiscono alla Consulta non possono che manifestare la più viva preoccupazione in quanto l’Organo politico sta adottando decisioni che, seppur legittime sotto il punto di vista del rispetto delle norme, provocheranno aumenti delle spese a carico della cittadinanza, i cui effetti si manifesteranno in maniera particolarmente pesante su quella parte della popolazione meno abbiente e che, quindi, avrà maggiori difficoltà nel fare fronte ai pagamenti che verranno loro richiesti.
A tal proposito la Consulta ritiene che l’Organo comunale non possa non tenere conto del periodo di recessione particolarmente lungo e doloroso per moltissime famiglie e imprese. E’, infatti, in forte aumento il ricorso di cittadini alle associazioni caritatevoli per essere rifocillati, mentre moltissime persone stanno subendo sfratti dalle loro abitazioni per l’impossibilità di fare fronte al pagamento del canone di locazione. Inoltre, numerose sono le attività imprenditoriali, siano esse industriali, commerciali o artigianali che hanno cessato o ridotto sensibilmente la loro attività, con ciò comportando la perdita di entrate economiche delle persone interessate a tale fenomeno.
Diverse categorie di lavoratori si vedono ridurre il trattamento economico, il quale, per quanto riguarda il pubblico impiego è bloccato da 5 anni, mentre le pensioni di quasi tutte le categorie non subiscono adeguamenti da tempi ancora più lunghi. La Consulta è ben consapevole che i versamenti dello Stato centrale a favore degli Enti Locali si stanno progressivamente riducendo, mettendo in difficoltà gli Enti destinatari di quei mezzi economici, tuttavia è auspicabile che l’Amministrazione civica del comune capoluogo, attraverso uno sforzo di fantasia, sappia individuare le risorse economiche di cui ha necessità senza dover ricorrere sempre ai soggetti più facili da colpire ma anche attraverso una oculata gestione delle risorse interne, che comporti un migliore e più razionale impiego delle risorse stesse.
Dinanzi a tale preoccupante quadro, la Consulta richiama il Consiglio comunale di Latina ad assumere con responsabilità le proprie deliberazioni, avendo nella massima cura il rispetto per i cittadini che maggiormente soffrono il disagio economico. In caso contrario l’Ente civico si assumerebbe la pesante responsabilità di causare ancora maggiore disoccupazione e povertà per la cessazione di altre attività economiche, con la conseguenza di provocare ulteriori vantaggi sia alla criminalità che all’usura che, com’è noto, traggono il massimo vantaggio proprio nei momenti di crisi”.http://www.latina24ore.it/latina/97504/consulta-dei-consumatori-basta-stangate-su-cittadini-e-imprese

Consorzio di Bonifica, sospese le cartelle di pagamento

Sospese a Latina le cartelle di pagamento del Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino emesse in ruolo suppletivo nel 2012. A renderlo noto è Coldiretti Latina, che ripercorre la vicenda.
«La struttura consortile aveva emesso un ruolo suppletivo per la campagna irrigua 2012 che, di fatto, aveva fatto lievitare i costi in maniera abnorme ed assolutamente insostenibile per gli imprenditori agricoli – spiega la nota Coldiretti – Per fare un esempio, per un ettaro coltivato ad ortaggi in serra l’importo richiesto per il servizio irriguo sarebbe stato pari a circa 11.000 euro, mentre per un ettaro a mais da destinare ad uso mangimistico per le aziende zootecniche non si andava al di sotto dei 3.300 euro. Coldiretti Latina, nel corso dell’ultima settimana, ha tenuto una serie di assemblee sul territorio (Terracina, SabaudiaLatina, Pontinia,) nel corso delle quali, facendosi carico del malcontento degli associati, aveva preso l’impegno di porre rimedio alla situazione. E tutto ciò è avvenuto: Coldiretti Latina ha invitato Cia Latina, l’altra Organizzazione Agricola che esprime gli amministratori del Consorzio di Bonifica, e le Giunte Esecutive di entrambe, riunitesi congiuntamente lo scorso giovedì 25 settembre, hanno dato mandato agli amministratori del Consorzio di sospendere le cartelle di pagamento di detto ruolo suppletivo, chiedendo altresì al Consorzio di verificare, attraverso una apposita commissione di lavoro a cui far partecipare anche un rappresentante della Regione Lazio, il motivo della abnorme lievitazione del canone irriguo».
«Coldiretti – spiega il direttore Saverio Viola – nutre, infatti, fondati dubbi sul fatto che sulle spalle delle aziende agricole si siano scaricati anche i costi relativi agli interventi di straordinaria manutenzione, che, invece, la normativa Regionale e le conseguenti convenzioni che la Regione Lazio, proprietaria degli impianti, stipula con i Consorzi di bonifica, a cui è stato affidato il compito di gestire il servizio. Una attenta verifica ed una esatta imputazione dei costi, che vedano a carico dell’utenza esclusivamente quelli di gestione e di ordinaria manutenzione, – spiega Viola – a parere di Coldiretti dovrebbe sostanzialmente annullare l’incredibile aumento del canone a carico delle aziende agricole che usufruiscono del servizio irriguo, se non annullarlo».
Ieri mattina il Comitato Esecutivo del Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino, riunitosi urgentemente, ha accolto la proposta di Coldiretti e Cia ed ha deliberato la sospensione delle cartelle relative al ruolo suppletivo – campagna irrigua 2012, giusto in tempo, dal momento che la prima rata di pagamento sarebbe scaduta il prossimo ed imminente 30 settembre.
«Coldiretti Latina, soddisfatta per tale saggia decisione, – conclude Viola – in queste ore sta attivando ogni forma di comunicazione per informare tempestivamente le aziende agricole interessate che le cartelle sono state sospese, e vigilerà sui lavori della commissione che il Consorzio in parola ha già costituito per verificare l’esatta imputazione dei costi da ripartire tra enti pubblici proprietari degli impianti (manutenzione straordinaria) ed utenza agricola. In un momento particolarmente delicato per le imprese agricole – ha concluso Viola – si deve tentare di percorrere tutte le strade più utili a limitare i costi per le attività e, proprio partendo anche da queste considerazioni, l’organizzazione agricola ha inteso lavorare per arrivare alla sospensione delle cartelle».http://www.latina24ore.it/latina/97502/consorzio-di-bonifica-sospese-le-cartelle-di-pagamento

venerdì 26 settembre 2014

Sicurezza sul lavoro, gli operai di Adria erano stati formati sui rischi?

di  | 25 settembre 2014E’ sempre buona regola aspettare almeno la fine del dibattimento, possibilmente avendolo seguito e capito, prima di lanciarsi in commenti ‘di merito’ su un fatto di cronaca per il quale venga poi aperto un procedimento penale. Questo, però, non toglie che in alcuni casi, anche a pochi giorni di distanza dall’evento, possa prendersi spunto da quell’ipotetico fatto per qualche valutazione ‘di metodo’ che, pur senza anticipare improvvidamente, in alcun modo, sentenze di sorta, riguardi però profili generali relativi a quel tipo di vicende.
Qualche giorno fa si è verificata l’ultima strage sul lavoro: quattro operai morti ad Adria, in Veneto, intossicati in maniera letale da una nube di anidride solforosa sviluppatasi all’interno di un processo di trattamento di reflui in una ditta che si occupa di lavorazioni di rifiuti speciali. L’autopsia disposta dal Pm avrebbe accertato, stando alle prime notizie di stampa, che la morte sarebbe stata dovuta ad “asfissia tossica”, provocata dallo sprigionarsi di sostanze tossiche e urticanti che avrebbero provocato, a loro volta, la necrosi della mucosa. Tutto il tragico procedimento, fino all’esito mortale, sarebbe durato pochi istanti, tanto che i malcapitati operai sarebbero svenuti e subito dopo morti senza praticamente accorgersi di nulla.
Pubblicità
Ferme restando tutte le premesse metodologiche citate, forse non sarebbe fuori luogo porsi, già sulla base di queste prime notizie, qualche domanda relativa al livello d’informazione di quei lavoratori sulle sostanze su cui stavano lavorando e sui rischi specifici, di ogni natura, diretta e indiretta, collegati al trattamento delle stesse.
Queste prime, rischiose, valutazioni “a caldo” risultano giustificate, per non dire doverose, dall’indubitabile interesse pubblico, cui fa da contraltare un già sopravvenuto, desolante, disinteresse mediatico, in ordine a una questione del genere; anche e soprattutto per la frequenza di omicidi colposi, anche plurimi (quando c’è un’omissione di una norma di sicurezza a base di una morte di un lavoratore, la locuzione più appropriata è questa, non quella di “incidente”), sul lavoro causati, in tutto o in parte, da mancata o insufficiente informazione – formazione dei lavoratori, specie (ma non solo) in materia di avvelenamento da sostanze tossiche.
Nel 2006, nello stabilimento Ilva di Taranto, un lavoratore di una ditta appaltatrice morì per intossicazione da “gas afo”, quello proveniente dall’altoforno. Due anni fa, il Tribunale di Taranto ha condannato i dirigenti dell’appaltatrice e alcune figure di secondo piano della stessa Ilva per omicidio colposo per quella morte: uno dei principali profili di colpa ascritti agli imputati riguarda proprio l’assenza di qualsiasi seria informazione al lavoratore (come a tutti gli altri suoi compagni di lavoro, peraltro) sui rischi connessi all’uso del micidiale gas.
Questi sono solo due precedenti giurisprudenziali, tra un numero complessivo ben più elevato, che dimostrano che l’informazione dei lavoratori e delle lavoratrici sui rischi connessi alla loro attività lavorativa è uno dei gangli tanto vitali quanto nevralgici dell’impianto normativo in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Il Testo Unico sulla Sicurezza, infatti, inserisce “l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori” tra “le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”. L’assunto a base di queste norma e delle altre a questa collegate è ovvio: la precondizione della prevenzione è l’adeguata informazione, anche e soprattutto in materia di sicurezza sul lavoro.
Ma, dato che siamo in un paese nel quale è di fatto codificata la scissione tra regola e prassi, quei principi, tanto elementari quanto determinanti per la vita e la salute di masse di lavoratori, nella realtà quotidiana dei posti di lavoro non scoppiano di salute. “L’agenda” dei mezzi d’informazione di massa (e, troppe volte, anche “di nicchia”), come si accennava sopra, non è proprio la medicina migliore di quest’ennesima italica piaga civile.
Per non dire, meglio, che ne è una delle cause principali. E’ sempre buona regola aspettare almeno la fine del dibattimento, possibilmente avendolo seguito e capito, prima di lanciarsi in commenti ‘di merito’ su un fatto di cronaca per il quale venga poi aperto un procedimento penale. Questo, però, non toglie che in alcuni casi, anche a pochi giorni di distanza dall’evento, possa prendersi spunto da quell’ipotetico fatto per qualche valutazione ‘di metodo’ che, pur senza anticipare improvvidamente, in alcun modo, sentenze di sorta, riguardi però profili generali relativi a quel tipo di vicende.
Qualche giorno fa si è verificata l’ultima strage sul lavoro: quattro operai morti ad Adria, in Veneto, intossicati in maniera letale da una nube di anidride solforosa sviluppatasi all’interno di un processo di trattamento di reflui in una ditta che si occupa di lavorazioni di rifiuti speciali. L’autopsia disposta dal Pm avrebbe accertato, stando alle prime notizie di stampa, che la morte sarebbe stata dovuta ad “asfissia tossica”, provocata dallo sprigionarsi di sostanze tossiche e urticanti che avrebbero provocato, a loro volta, la necrosi della mucosa. Tutto il tragico procedimento, fino all’esito mortale, sarebbe durato pochi istanti, tanto che i malcapitati operai sarebbero svenuti e subito dopo morti senza praticamente accorgersi di nulla.
Pubblicità
Ferme restando tutte le premesse metodologiche citate, forse non sarebbe fuori luogo porsi, già sulla base di queste prime notizie, qualche domanda relativa al livello d’informazione di quei lavoratori sulle sostanze su cui stavano lavorando e sui rischi specifici, di ogni natura, diretta e indiretta, collegati al trattamento delle stesse.
Queste prime, rischiose, valutazioni “a caldo” risultano giustificate, per non dire doverose, dall’indubitabile interesse pubblico, cui fa da contraltare un già sopravvenuto, desolante, disinteresse mediatico, in ordine a una questione del genere; anche e soprattutto per la frequenza di omicidi colposi, anche plurimi (quando c’è un’omissione di una norma di sicurezza a base di una morte di un lavoratore, la locuzione più appropriata è questa, non quella di “incidente”), sul lavoro causati, in tutto o in parte, da mancata o insufficiente informazione – formazione dei lavoratori, specie (ma non solo) in materia di avvelenamento da sostanze tossiche.
Nel 2006, nello stabilimento Ilva di Taranto, un lavoratore di una ditta appaltatrice morì per intossicazione da “gas afo”, quello proveniente dall’altoforno. Due anni fa, il Tribunale di Taranto ha condannato i dirigenti dell’appaltatrice e alcune figure di secondo piano della stessa Ilva per omicidio colposo per quella morte: uno dei principali profili di colpa ascritti agli imputati riguarda proprio l’assenza di qualsiasi seria informazione al lavoratore (come a tutti gli altri suoi compagni di lavoro, peraltro) sui rischi connessi all’uso del micidiale gas.
Questi sono solo due precedenti giurisprudenziali, tra un numero complessivo ben più elevato, che dimostrano che l’informazione dei lavoratori e delle lavoratrici sui rischi connessi alla loro attività lavorativa è uno dei gangli tanto vitali quanto nevralgici dell’impianto normativo in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Il Testo Unico sulla Sicurezza, infatti, inserisce “l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori” tra “le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”. L’assunto a base di queste norma e delle altre a questa collegate è ovvio: la precondizione della prevenzione è l’adeguata informazione, anche e soprattutto in materia di sicurezza sul lavoro.
Ma, dato che siamo in un paese nel quale è di fatto codificata la scissione tra regola e prassi, quei principi, tanto elementari quanto determinanti per la vita e la salute di masse di lavoratori, nella realtà quotidiana dei posti di lavoro non scoppiano di salute. “L’agenda” dei mezzi d’informazione di massa (e, troppe volte, anche “di nicchia”), come si accennava sopra, non è proprio la medicina migliore di quest’ennesima italica piaga civile.
Per non dire, meglio, che ne è una delle cause principali.E’ sempre buona regola aspettare almeno la fine del dibattimento, possibilmente avendolo seguito e capito, prima di lanciarsi in commenti ‘di merito’ su un fatto di cronaca per il quale venga poi aperto un procedimento penale. Questo, però, non toglie che in alcuni casi, anche a pochi giorni di distanza dall’evento, possa prendersi spunto da quell’ipotetico fatto per qualche valutazione ‘di metodo’ che, pur senza anticipare improvvidamente, in alcun modo, sentenze di sorta, riguardi però profili generali relativi a quel tipo di vicende.
Qualche giorno fa si è verificata l’ultima strage sul lavoro: quattro operai morti ad Adria, in Veneto, intossicati in maniera letale da una nube di anidride solforosa sviluppatasi all’interno di un processo di trattamento di reflui in una ditta che si occupa di lavorazioni di rifiuti speciali. L’autopsia disposta dal Pm avrebbe accertato, stando alle prime notizie di stampa, che la morte sarebbe stata dovuta ad “asfissia tossica”, provocata dallo sprigionarsi di sostanze tossiche e urticanti che avrebbero provocato, a loro volta, la necrosi della mucosa. Tutto il tragico procedimento, fino all’esito mortale, sarebbe durato pochi istanti, tanto che i malcapitati operai sarebbero svenuti e subito dopo morti senza praticamente accorgersi di nulla.
Pubblicità
Ferme restando tutte le premesse metodologiche citate, forse non sarebbe fuori luogo porsi, già sulla base di queste prime notizie, qualche domanda relativa al livello d’informazione di quei lavoratori sulle sostanze su cui stavano lavorando e sui rischi specifici, di ogni natura, diretta e indiretta, collegati al trattamento delle stesse.
Queste prime, rischiose, valutazioni “a caldo” risultano giustificate, per non dire doverose, dall’indubitabile interesse pubblico, cui fa da contraltare un già sopravvenuto, desolante, disinteresse mediatico, in ordine a una questione del genere; anche e soprattutto per la frequenza di omicidi colposi, anche plurimi (quando c’è un’omissione di una norma di sicurezza a base di una morte di un lavoratore, la locuzione più appropriata è questa, non quella di “incidente”), sul lavoro causati, in tutto o in parte, da mancata o insufficiente informazione – formazione dei lavoratori, specie (ma non solo) in materia di avvelenamento da sostanze tossiche.
Nel 2006, nello stabilimento Ilva di Taranto, un lavoratore di una ditta appaltatrice morì per intossicazione da “gas afo”, quello proveniente dall’altoforno. Due anni fa, il Tribunale di Taranto ha condannato i dirigenti dell’appaltatrice e alcune figure di secondo piano della stessa Ilva per omicidio colposo per quella morte: uno dei principali profili di colpa ascritti agli imputati riguarda proprio l’assenza di qualsiasi seria informazione al lavoratore (come a tutti gli altri suoi compagni di lavoro, peraltro) sui rischi connessi all’uso del micidiale gas.
Questi sono solo due precedenti giurisprudenziali, tra un numero complessivo ben più elevato, che dimostrano che l’informazione dei lavoratori e delle lavoratrici sui rischi connessi alla loro attività lavorativa è uno dei gangli tanto vitali quanto nevralgici dell’impianto normativo in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Il Testo Unico sulla Sicurezza, infatti, inserisce “l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori” tra “le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”. L’assunto a base di queste norma e delle altre a questa collegate è ovvio: la precondizione della prevenzione è l’adeguata informazione, anche e soprattutto in materia di sicurezza sul lavoro.
Ma, dato che siamo in un paese nel quale è di fatto codificata la scissione tra regola e prassi, quei principi, tanto elementari quanto determinanti per la vita e la salute di masse di lavoratori, nella realtà quotidiana dei posti di lavoro non scoppiano di salute. “L’agenda” dei mezzi d’informazione di massa (e, troppe volte, anche “di nicchia”), come si accennava sopra, non è proprio la medicina migliore di quest’ennesima italica piaga civile.
Per non dire, meglio, che ne è una delle cause principali.http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/25/sicurezza-sul-lavoro-gli-operai-di-adria-erano-stati-formati-sui-rischi/1133000/