giovedì 30 marzo 2017

Pontinia Rischio sinkhole, inedificabilità da rivedere

A Pontinia il rischio sinkhole, ossia le cavità sotterranee che potrebbero “aprirsi” improvvisamente, è decisamente ben più limitato rispetto a quanto prospettato nelle cartografie degli strumenti urbanistici di qualche anno fa. Anzi, è pressoché inesistente. Eppure quell’area campita di rosso sulle carte indica un messaggio chiaro: divieto di edificazione. L’amministrazione comunale già dal 2014 aveva deciso di mettere mano alla problematica, anche perché questo paventato rischio ha limitato enormemente lo sviluppo della zona di Cotarda. A seguire l’iter è stato l’assessore ai Lavori pubblici – sia nella giunta Tombolillo che in quella Medici – Giovanni Bottoni. Con una delibera dell’11 dicembre di tre anni fa è stato deciso di siglare con l’università La Sapienza un contratto di ricerca. Attraverso strumenti idonei gli specialisti sono andati a verificare l’eventuale presenza di «cavità o volumi nel sottosuolo a bassa o bassissima densità», come si legge nell’oggetto della convenzione. A luglio 2016 sono arrivati i risultati: i rischi che il terreno sprofondi non ci sono. Resta però, per ora, il divieto di edificazione. Un altro problema cui l’amministrazione del sindaco Carlo Medici vuole risolvere. L’intenzione, si legge in una recente determina, è di «procedere a una revisione della perimetrazione vincolistica del piano regolatore generale e in particolare della cosiddetta “zona rossa” ritenuta di inedificabilità assoluta» in base a un parere della Regione Lazio risalente all’oramai lontano 1994. Per questo motivo è stato dato incarico a due tecnici, il geologo Daniele Raponi e l’ingegnere Giovanni Ferrarese, di redigere «tutti gli studi, gli elaborati e i documenti necessari» per chiedere al Servizio geologico regionale una revisione e una riperimetrazione delle aree a rischio sinkhole. Il primo passo per valutare poi la possibilità di rendere edificabile quella zona andando a mettere mano al piano regolatore vigente e adeguandolo dopo quanto emerso dagli studi compiuti dall’università. http://www.latinaoggi.eu/news/pontinia/38400/rischio-sinkhole-inedificabilita-da-rivedere.html

Se l’edificio crolla, il progettista è responsabile?

di Paola Mammarella http://www.edilportale.com/news/2017/03/normativa/se-l-edificio-crolla-il-progettista-%C3%A8-responsabile_57331_15.html

Cassazione: no, se ha rispettato le norme vigenti all’epoca della progettazione e della costruzione

Un progettista è colpevole del crollo di un’opera solo se non ha rispettato le norme tecniche vigenti al momento della progettazione dell’intervento. Lo ha spiegato la Corte di Cassazione con la sentenza 15138/2017, depositata nei giorni scorsi.
 
I giudici si sono pronunciati sul caso di un crollo che ha coinvolto un edificio realizzato tra il 1961 e il 1962, sul quale tra il 1964 e il 1965 erano stati effettuati l’ampliamento del piano terra e la sopraelevazione di due piani.
 

Aumento dei carichi e crolli

Le perizie, realizzate dopo il crollo avvenuto nel 2004, avevano stabilito che il collasso era stato determinato dal cedimento di un setto murario situato al piano terra. Il setto murario, inizialmente realizzato come struttura portante di un fabbricato ad un piano, era stato trasformato in “muro di spina”, con funzione portante rispetto a un fabbricato notevolmente diverso e di maggiori dimensioni.
 
Questo, secondo il perito del Tribunale, aveva comportato una sollecitazione eccessiva, tale da accrescere il carico sul muro in misura cinque volte maggiore rispetto a quella consentita dalla normativa e da determinare il crollo a quarant’anni di distanza dall’esecuzione dei lavori.
 

Contano le Norme Tecniche vigenti al momento della progettazione

In primo grado il progettista era stato condannato al risarcimento dei danni, ma i giudici della Cassazione hanno ribaltato la situazione.
 
Come osservato nella sentenza, la perizia era stata svolta nel 2004 utilizzando le tabelle di carico delle Norme Tecniche contenute nel DM 20 novembre 1987. I lavori erano stati però svolti negli anni Sessanta, quando queste norme ancora non esistevano.
 
I giudici hanno quindi assolto il progettista dal momento che i nuovi carichi determinati dagli interventi non avevano violato le norme vigenti al momento della progettazione e dell’esecuzione dei lavori.
 
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Aree protette, la riforma punta allo sviluppo economico

di Alessandra Marra http://www.edilportale.com/news/2017/03/ambiente/aree-protette-la-riforma-punta-allo-sviluppo-economico_57328_52.html

Allarme delle associazioni ambientaliste: ‘indebolita gravemente la tutela degli interessi generali’

E' iniziato il 27 marzo scorso, alla Camera, il dibattito sul disegno di legge sulle aree protette, dopo il passaggio in Commissione Ambiente, che modifica la Legge quadro sulle aree protette (Legge 394/1991). 
 
Il nuovo testo, secondo il Presidente della Commissione Ambiente Ermete Realacci, punta al buon funzionamento degli Enti, alla semplificazione delle norme e alla certezza nei tempi con l’obiettivo di rendere le ‘aree protette’ un modello di sviluppo per l’intero Paese, coniugando la tutela e la valorizzazione del territorio con lo sviluppo economico.  
 

Sviluppo economico delle aree protette

Il ddl prevede la promozione di strategie di sviluppo socioeconomico funzionali alla conservazione delle risorse naturali, di assetto del territorio, di preservazione dal consumo di suolo e di rinaturalizzazione di spazi, di valorizzazione del patrimonio naturalistico e di sostegno al sistema economico, culturale e paesaggistico locale. Tra queste, a titolo esemplificativo, quelle delle energie rinnovabili compatibili, dell'agricoltura, del turismo sostenibile e della mobilità leggera e alternativa.
 
In tal senso, anche in coerenza con la Strategia nazionale delle Green community, (all'articolo 72 della Legge 221/2015) è prevista da parte dell' Ente Parco la stipula di convenzioni con Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni, in forma singola o associata, per la definizione di programmi e progetti di valorizzazione.

Per favorire le attività economiche locali, 
entreranno nei consigli direttivi degli Enti Parco Nazionali anche portatori d’interesse economico come ad esempio agricoltori, pescatori, ecc.

Il testo, inoltre, prevede che possano essere definite misure di incentivazione fiscale nelle aree protette al fine di sostenere iniziative compatibili con le finalità dell'area e dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale.
 
Tali misure sono demandate a un futuro decreto del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e con il Ministro dell'ambiente, che individuerà l'ambito territoriale, le misure di attuazione, i limiti temporali e le tipologie di beneficiari.
 

Riforma parchi: Piano triennale delle aree protette

Il disegno di legge reintroduce il Piano Nazionale Triennale delle Aree Protette, uno strumento di programmazione nazionale per tutto il sistema, che finanzierà gli interventi con 30 milioni di euro in tre anni (10 milioni all’anno dal 2018 al 2020).
 
Il 50% delle risorse disponibili sarà riservato alle aree protette regionali e alle aree marine protette ed è previsto che le Regioni lo cofinanzino con risorse proprie.
 
I fondi verranno assegnati secondo criteri indicati dal Comitato nazionale per le aree protette, in cui sarà presente anche il Ministero dei Beni.
 

Norme per la tutela dei parchi

Confermata dall’esame della Commissione Ambiente la norma che riguarda i Piani dei Parchi Nazionali che verranno sottoposti a Valutazione ambientale strategica, prevedendo il controllo anche dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali (mentre nalla Legge 394/1991 era prevista la sola approvazione della Regione). In più i Piani saranno approvati in tempi definiti.
 
Il Ddl introduce il divieto di trivellazioni nei parchi e nelle aree contiguee proibisce anche la pratica dell’eliski (sci fuoripista servendosi di un elicottero come mezzo di risalita).
 
Vengono anche individuate le modalità per la tutela della biodiversità e per la gestione della fauna maggiormente rispondenti alla direttive comunitarie, prevedendo un importante ruolo di valutazione da parte dell’Ispra. Su tutto il territorio nazionale è inoltre vietato l’allevamento di cinghiali al fine del ripopolamento.
 

Aree protette: governance dei parchi

La nomina dei direttori dei Parchi Nazionali avverrà a seguito di una selezione pubblica e tra i requisiti sarà sufficiente possedere una laurea in qualsiasi disciplina (nessun riferimento a titoli con indirizzo ambientale) e “una comprovata esperienza di tipo gestionale".
 
È inoltre previsto che il ministero dell’Ambiente emani linee guida per la nomina dei direttori delle Aree Marine Protette.
 
Potranno entrare nei consigli direttivi degli enti parco nazionali: un rappresentate delle associazioni scientifiche e uno degli agricoltori o dei pescatori, per orientare le attività economiche locali verso la sostenibilità, che si affiancheranno alle associazioni ambientaliste. Per la prima volta negli organi direttivi deve essere ‘tenuta in considerazione la rappresentanza di genere’.
 

Riforma aree protette: il commento del Ministro Galletti

Il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, ha affermato: “I Parchi italiani non possono più essere visti soltanto come i luoghi della conservazione: devono mettersi in gioco nella grande sfida di sviluppo sostenibile del nostro Paese. La riforma che arriva in Aula alla Camera ci avvicina molto a questo obiettivo”.
 
“Grazie alla legge 394 del 1991 che ha istituito il sistema Parchi nazionali e delle aree marine protette è cresciuto molto il grado di tutela ambientale del nostro Paese: oggi la sfida è ancor più ampia ma diversa, perché si fonda su quel concetto di sviluppo sostenibile che un quarto di secolo fa non era declinato come lo è oggi in ogni settore della nostra economia. Questo per i Parchi vuol dire saper valorizzare la biodiversità accompagnandola all’agricoltura di qualità, all’innovazione, al turismo sostenibile, alle energie rinnovabili, alla spinta culturale e giovanile” ha concluso Galletti. 
 

Ambientalisti: 'indebolita la tutela dei parchi'

Negativo il commento del vicepresidente del WWF Italia, Dante Caserta: “Quella che si è cominciata a discutere alla Camera è una riforma ripiegata su stessa che fa male ai parchi e alla natura d’Italia. Con questa riforma non solo non ci sarà bisogno di competenze specifiche per direttori e presidenti di parco ma la governance delle Aree protette viene spostata dallo Stato (come previsto dalla Costituzione) verso il livello locale”.
 
“Vengono coinvolti nella governance portatori di interesse economici specifici, indebolendo gravemente la tutela degli interessi generali rappresentati dallo Stato. In più le Aree marine protette subiranno una maggiore frammentazione e una ancor maggiore pressione degli interessi locali. Mentre il Legislatore del ’91 con la Legge quadro sulle Aree Protette fu attento alle istanze che arrivavano dall’allora nascente mondo dello sviluppo e del turismo sostenibile, dalla comunità scientifica e dal mondo ambientalista, il Legislatore del 2017 si è prestato ad un’operazione aperta solo ad esigenze di palazzo che non solo non ha tenuto conto delle osservazioni e delle richieste di modifica che arrivano dal mondo delle associazioni, dalla comunità scientifica e dalla società civile” ha concluso Caserta.
 
Legambiente commenta positivamente le misure relative al Piano triennale e al rafforzamento dei divieti di estrazione e sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi ma evidenzia anche alcune criticità che rimangono nel testo. Da migliorare, secondo l’associazione, il meccanismo di risarcimento delle aree protette per i danni provocati alla natura dalle attività impattanti. Il modello di pagamento una tantum proposto dalla Commissione della Camera (che cambia quanto definito al Senato) appare peggiorativo.

Il FAI (Fondo ambiente Italiano), pur approvando le semplificazioni autorizzative ritiene che il provvedimento contenga ancora alcuni passaggi critici; in particolare chiede il rafforzamento del ruolo del Soprintendente nel caso in cui si deleghi al parco l'iter autorizzativo in materia paesaggistica, prevedendo esplicitamente che il Soprintendente possa richiedere all'ente parco il riesame del progetto se vi rileva difformità rispetto al piano del parco. 
 
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Fondi, cedono i sostegni di un macchinario: schiacciato un operaio, è grave

di Barbara Savodini
FONDI - Paura a Fondi per un incidente sul lavoro la cui gravità, per fortuna, è rientrata poco dopo l'arrivo dei soccorsi. Erano da poco passate le 15:30 quando un operaio di un magazzino ortofrutticolo di viale Piemonte, ubicato all'esterno del Mof, è stato travolto da un macchinario. Ancora da accertare con esattezza le cause dell'accaduto ma, da una prima ricostruzione, sembrerebbe che i sostegni di un pesante macchinario abbiano ceduto schiacciando il ragazzo, il 29enne di Fondi C.U. Tempestiva la chiamata al 118 i cui sanitari hanno subito attivato sia un elicottero che un'ambulanza. Dopo una prima sosta all'ospedale “San Giovanni di Dio”, il ferito è stato elitrasportato al Santa Maria Goretti di Latina dove tuttora si trova ricoverato. I medici, che hanno parlato di gravi traumi agli arti inferiori e al bacino, hanno comunque dichiarato il 29enne fuori pericolo.  
Giovedì 30 Marzo 2017 - Ultimo aggiornamento: 17:17

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mercoledì 29 marzo 2017

Latina scandalo sezione fallimenti Processo Lollo, previsto il boom di parti civili

Tante sono le aziende finite nell'inchiesta. Forse però ce ne sono altre che hanno subito fallimenti e danneggiamenti in altre procedure, magari precedenti di cui non si saprà mail nulla e per le quali non si potrà avere giustizia. Poi la provincia di Latina perde migliaia di posti di lavoro l'anno...
No, forse non sarà come nel dibattimento Parmalat che fece registrare il record assoluto di parti civili (ben 35mila) ma, a suo modo, il prossimo processo a carico del giudice Antonio Lollo può diventare un piccolo caso sul fronte delle parti danneggiate.
Chi sono? Le aziende per esempio, gli imprenditori falliti che insieme ai creditori avrebbero avuto il diritto di essere tutelati dagli organismi di gestione del fallimento, i quali invece, stando al capo di imputazione, usavano il loro ufficio per indebito arricchimento. Molte delle aziende dichiarate fallite avevano grandissime esposizioni debitorie e, forse, il loro destino era segnato. Ciò nonostante non si può non guardare in faccia la realtà dei fatti riscontrati nella sezione fallimentare guidata da Antonio Lollo dove furono fatti «giochi di prestigio» per spostare la competenza anche territoriale di casi di istanze di fallimento.
Più particolari nell'edizione di Latina Oggi in edicola ora e disponibile anche in digitale https://www.facebook.com/latinaoggieditoriale/?fref=ts

Danni agli edifici, impresa responsabile per 10 anni anche nelle ristrutturazioni

di Paola Mammarella

http://www.edilportale.com/news/2017/03/normativa/danni-agli-edifici-impresa-responsabile-per-10-anni-anche-nelle-ristrutturazioni_57299_15.html

Cassazione: la responsabilità non vale solo nei lavori di nuova costruzione, ma anche in quelli più leggeri

L’appaltatore è sempre responsabile per dieci anni dei difetti dell’opera, non solo in caso di nuova costruzione, ma anche nelle ristrutturazioni. È arrivata a questa conclusione la Corte di Cassazione, che con la sentenza 7756/2016 ha spiegato che l’articolo 1669 del Codice Civile si applica a tutti gli interventi che influiscono sul normale godimento dei beni.
 
Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, tutti i condòmini avevano fatto causa alla società venditrice e all’impresa che, su incarico della società, aveva effettuato gli interventi di ristrutturazione. Secondo i ricorrenti, dopo i lavori erano emersi dei danni, come la presenza di un quadro fessurativo sulle pareti interne ed esterne del fabbricato, che testimoniavano una condizione di degrado, e lo scollamento di quasi tutte le mattonelle del pavimento.
 

Impresa responsabile per dieci anni

In primo grado, i giudici avevano dato ragione ai condòmini sulla base dell’articolo 1669 del Codice Civile. L’articolo del Codice prevede che se l’opera, realizzata su edifici o altri immobili destinati alla lunga durata, rovina o causa difetti all’immobile, l’appaltatore, cioè l’impresa che ha realizzato i lavori, è responsabile nei confronti dei committenti. L’impresa risponde dei danni se questi si verificano entro dieci anni dalla fine dei lavori e se i committenti hanno denunciato i danni entro un anno dalla loro scoperta.
 
In appello, però, il giudice aveva affermato che l’articolo 1669 potesse essere applicato solo alle nuove costruzioni e non alle ristrutturazioni.
 

Responsabilità per dieci anni anche nelle ristrutturazioni

La situazione è stata ribaltata dalla Cassazione. I giudici hanno ribadito che l’impresa è responsabile non solo in caso di lavori ex novo, ma anche per le opere di ristrutturazione.
 
Come si legge nella sentenza, anche le opere più limitate, come le riparazioni, le ristrutturazioni e i restauri, possono rovinare o mettere in pericolo l’immobile.
 
I giudici hanno spiegato che per gravi difetti devono intendersi quelli riguardanti le parti essenziali degli immobili che garantiscono la stabilità e la conservazione. Tra questi rientrano i vizi della pavimentazione, delle scale, delle recinzioni, degli impianti e l’umidità.
 
L’impresa che aveva realizzato i lavori è stata quindi condannata al risarcimento e alla riparazione dei danni causati.
 
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Ecobonus e cessione del credito in condominio, invio dei dati entro il 31 marzo

di Paola Mammarella http://www.edilportale.com/news/2017/03/risparmio-energetico/ecobonus-e-cessione-del-credito-in-condominio-invio-dei-dati-entro-il-31-marzo_57296_27.html

Gli amministratori devono trasmettere online i dati sui pagamenti del 2016 e sui condòmini che hanno ceduto il bonus

 Scade venerdì 31 marzo il termine entro cui gli amministratori di condominio devono comunicare online i dati dei condòmini che hanno ceduto l’Ecobonus in seguito ad interventi di riqualificazione energetica delle parti comuni.
 

Cessione dell’Ecobonus, la comunicazione

Le comunicazioni che dovranno essere inviate entro venerdì riguardano le spese sostenute nel 2016 e la cessione della quota di detrazione da parte dei condòmini incapienti, cioè rientranti nella no tax area.
 
Nella comunicazione, l’amministratore, o il condomino incaricato in caso di condominio minimo, deve indicare:
- il totale della spesa sostenuta nel 2016;
- l ’elenco dei bonifici effettuati;
- il codice fiscale dei condòmini che hanno ceduto il credito;
- il codice fiscale dei fornitori destinatari;
- l’importo totale del credito ceduto a ciascun fornitore.
 
La trasmissione dei dati deve avvenite online, attraverso il software di compilazione messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.
 
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che il credito cedibile è pari al 65% delle spese a carico del singolo condomino, calcolato in base alle tabelle millesimali, e che le spese devono essere state effettuate nel 2016, anche se riferite a interventi iniziati in anni precedenti. La volontà di cedere il credito deve inoltre risultare sia dalla delibera assembleare, in cui sono stati decisi i lavori di riqualificazione energetica, sia da una comunicazione ai fornitori, che la devono accettare in forma scritta.
 

Cessione dell’Ecobonus, le nuove regole

Con la Legge di Bilancio 2017 le regole sono cambiate. Da una parte le percentuali di detrazione, che partono dal 65% ma possono arrivare al 70% se l’intervento interessa almeno il 25% dell'involucro edilizio, ad esempio quando si dota l’edificio del cappotto termico, e al 75% nel caso in cui l’intervento porti al miglioramento della prestazione energetica invernale ed estiva che consegua almeno la qualità media di cui al DM 26 giugno 2015
 
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Dall'altra le regole per cedere il credito. Per le spese sostenute a partire dal 2017, tutti i condòmini, non solo quelli incapienti, potranno cedere il bonus ai fornitori e ad altri soggetti privati, escluse le banche e gli intermediari finanziari. Un limite che non piace agli operatori del settore, tanto che Rete Irene, Rete di Imprese per la Riqualificazione Energetica degli Edifici, ha segnalato che, senza la partecipazione degli istituti di credito, le potenzialità dell’Ecobonus saranno fortemente limitate.
 
Secondo Rete Irene, il meccanismo di cessione del credito è complicato perché ci vuole una delega dell’attività finanziaria a soggetti non appartenenti al settore regolamentato dell’intermediazione creditizia. Questo, si legge in un comunicato diffuso ieri, non solo fa lievitare i costi, ma implica rischi di scarsa trasparenza e di infiltrazione di attività illegali.
 
Al contrario, conclude Rete Irene, un organico coinvolgimento dei soggetti finanziari nel meccanismo delle detrazioni consentirebbe di ottimizzare le procedure, minimizzare i costi e rendere davvero efficiente il sistema, "in un momento in cui primari soggetti creditizi mostrano un convinto interesse a finanziare l'efficienza energetica".
 
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Bando amianto sugli edifici pubblici prorogato al 30 aprile 2017

di Alessandra Marra http://www.edilportale.com/news/2017/03/ambiente/bando-amianto-sugli-edifici-pubblici-prorogato-al-30-aprile-2017_57325_52.html

Le PA avranno un mese in più per presentare le domande di rimozione e smaltimento dall'amianto

Il Ministero dell’Ambiente, con Decreto 110/2017, ha prorogato fino al 30 aprile 2017 il termine per la presentazione delle domande di ammissione al fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica da amianto.
 
Il nuovo termine per la presentazione delle richieste, inizialmente previsto per il 30 marzo, permetterà alle pubbliche amministrazioni interessate di avere unmese in più per presentare progetti di rimozione e smaltimento dell'amianto su edifici e strutture pubbliche.
 
Le domande, conformi ai criteri indicati dal bando, potranno essere presentate tramite l’apposito sito.
 

Bonifica amianto edifici pubblici: cosa prevede il bando

Ricordiamo che il finanziamento è destinato alla progettazione preliminare e definitiva di interventi di bonifica dall’amianto di edifici pubblici ubicati nel territorio nazionale, effettuati nel rispetto della normativa ambientale, edilizia e di sicurezza nei luoghi di lavoro, fino ad un massimo di 15.000 euro.
 
Oggetto dell'intervento potranno essere esclusivamente edifici e strutture pubbliche. Ciascun ente potrà presentare una sola richiesta di finanziamento per la progettazione di un singolo intervento ma l'intervento potrà riguardare anche più edifici o unità locali, sempre nel rispetto del limite complessivo di 15.000 euro.
 
Saranno escluse dal finanziamento:
- le spese per la progettazione di interventi di ripristino, realizzazione di manufatti sostitutivi e la loro messa in opera;
- spese di acquisto di beni, mezzi e materiali sostitutivi e loro messa in opera;
- la progettazione di interventi realizzati prima della pubblicazione del bando o prima del ricevimento della comunicazione scritta di concessione del contributo richiesto.
 
Le richieste di finanziamento dovranno essere necessariamente essere correlate da una relazione tecnica asseverata da professionista abilitato.
 
L'intervento presentato dovrà inoltre essere provvisto di:
- relazione tecnica asseverata in cui devono essere specificati: della destinazione d'uso dei beni o dei siti sede dell'intervento, la localizzazione e la destinazione d'uso dei manufatti contenenti amianto; - - la tipologia, la quantità e lo stato di conservazione dei materiali;
- le modalità di intervento di bonifica proposto;
- la stima dei lavori da eseguire con dettaglio dei costi di progettazione soggetti a finanziamento;
- il cronoprogramma orientativo delle attività, incluse le fasi progettuali.
 
Il finanziamento sarà liquidato nelle seguenti modalità;
 - il 30% della somma ammessa a finanziamento al momento dell’ammissione;
 - il 40% della somma ammessa a finanziamento al momento dell’approvazione del progetto definitivo;
 - il 30% della somma ammessa a finanziamento momento della rendicontazione finale delle spese sostenute per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi, nelle modalità previste dal bando su base annuale.
 
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Geologi: ‘prevedere almeno un geologo in ogni Comune’

di Rossella Calabrese http://www.edilportale.com/news/2017/03/ambiente/geologi-prevedere-almeno-un-geologo-in-ogni-comune_57302_52.html

L’appello del Consiglio Nazionale per garantire la sicurezza del costruito e delle persone nelle aree a rischio

“Sono 6.633 i comuni italiani con edifici ed infrastrutture in aree a rischio idrogeologico, il 90% del territorio italiano è a rischio sismico, due regioni presentano estese aree a rischio vulcanico e quasi nessun comune ha in organico un geologo”.
 
“Sono maturi i tempi per una legge che preveda la presenza di almeno di un geologo nell’organico di ogni comune o, per quelli più piccoli, nelle unioni o nelle associazioni dei Comuni, come già avviene per altri profili tecnici quali geometra, architetto o ingegnere”.
 
Così Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi(CNG), rilancia l’appello “per avere una presenza stabile di questi professionisti negli enti locali, per garantire la sicurezza del costruito e delle persone nelle aree a rischio, come adeguata misura da affiancare soprattutto in tempi di pace a Casa Italia e a Italiasicura per realizzare la Prevenzione Civile come auspicato dallo stesso Governo”.
 

La proposta: il ‘geologo di zona’

“In Parlamento - spiega Peduto - sono fermi ben due disegni di legge che prevedono il ‘geologo di zona’ o il ‘presidio territoriale’, perché entrambe presuppongono l’impegno di ingenti risorse economiche. Tuttavia se l’entrata in vigore della norma venisse pianificata nel tempo, dando ai comuni alcuni anni per adempiere, l’attuazione di tale misura potrebbe essere quasi a costo zero. È un’idea che stiamo illustrando a tanti parlamentari e ai ministri competenti”.
 
“Si potrebbe partire dall’approvazione del disegno di legge ‘Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni’, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni - aggiunge Raffaele Nardone, tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi - fermo al Senato della Repubblica Italiana”.
 
“Anche per quanto riguarda il rischio sismico sarebbero tante le cose da fare - continua Nardone - e più geologi sarebbero necessari sia nei comuni che negli enti locali sovraordinati. Ad esempio, per l’esecuzione dei lavori in zona sismica non è sufficiente il solo titolo abilitativo edilizio, ma è indispensabile il rilascio della specifica autorizzazione, come previsto dagli articoli 93 e 94 del DPR 380/2001, ma in Italia, su circa 152 sedi preposte al rilascio delle autorizzazioni sismiche/depositi sismici, sono presenti solo 35 geologi. In dieci Regioni viene rilasciata l’autorizzazione sismica solo per opere strategiche, mentre in cinque si procede con il solo deposito sismico dei progetti. Solo sei Regioni prevedono la dichiarazione di conformità anche da parte del geologo, al pari degli altri progettisti”.
 

La buona progettazione è prevenzione a costo zero

“Il buon progettare e costruire - prosegue Nardone - contribuisce a minimizzare i rischi, oltre a costituire un’azione di prevenzione a costo zero. Anche l’apparente dicotomia tra semplificazione e autorizzazione, ossia controlli, non deve portare ad una deregolamentazione: per questo bisogna aumentare la presenza dei geologi negli enti locali, unitamente alle politiche di rafforzamento del ruolo dei comuni nel governo del territorio”.
 
“La messa in sicurezza dell’Italia - aggiunge Nardone - è una priorità e non può non vedere i comuni protagonisti, i quali non possono farsi trovare impreparati per svolgere l’importante ruolo di comprendere e governare la fragilità e la vulnerabilità del territorio, garantendo le esigenze di sviluppo e di salvaguardia del patrimonio storico-architettonico dei centri abitati”.
 
“Per questo, è necessario che gli uffici tecnici si dotino anche di quei profili tecnici necessari per definire, con maggiore efficacia, la programmazione e la priorità degli interventi di messa in sicurezza, il controllo del territorio e della progettazione, la gestione e il monitoraggio, contribuendo anche ad aumentare nel tessuto sociale la cultura della fragilità del proprio territorio ed educare la popolazione verso la prevenzione proprio attraverso l’attuazione delle buone pratiche”.
 
Infine, “un’altra esigenza fondamentale, che viene rafforzata dal nuovo codice degli appalti, riguarda l’attivazione urgente del fondo di rotazione per la progettazione, che permetterebbe ai comuni di dotarsi di un parco progetti da candidare a finanziamento” - conclude Nardone.
 
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Amianto sulle scuole, parte il progetto ‘Asbesto 2.0’ di Alessandra Marra La mappatura dei siti avverrà attraverso i droni. Prime province coinvolte: Alessandria, Pisa, Avellino

http://www.edilportale.com/news/2017/03/ambiente/amianto-sulle-scuole-parte-il-progetto-asbesto-2.0_57274_52.html

domenica 26 marzo 2017

Autorizzazione paesaggistica: cosa cambia rispetto al passato

di Alessandra Marra http://www.edilportale.com/news/2017/03/ambiente/autorizzazione-paesaggistica-cosa-cambia-rispetto-al-passato_57210_52.html

Nuovi interventi liberi, ampliati quelli con iter semplificato, conclusione delle pratiche più veloce e modelli unificati per le istanze

 Il DPR 31/2017 riscrive le procedure per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata, allarga le attività edilizie libere dal nullaosta e velocizza l’iter procedurale grazie ai modelli unificati per la presentazione delle istanze. Non introduce nessuna novità, invece, sul fronte dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria.
 
Ecco come funzionerà il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica dal 6 aprile 2017, data di entrata in vigore del DPR 31/2017.
 

Autorizzazione paesaggistica: cos’è e come funziona

L'autorizzazione paesaggistica, regolamentata dal Codice dei Beni Culturali (Dlgs 42/2004), è obbligatoria per interventi in aree soggette a tutela paesaggistica e va richiesta all'ente competente affinché sia accertata la compatibilità paesaggistica dell’intervento.
 
A seconda dell’intervento che s’intraprende sarà possibile ricorrere a tre procedure diverse:
intervento libero: senza obbligo di autorizzazione paesaggistica ma solo richiesta del titolo edilizio (quando serve);
autorizzazione paesaggistica semplificata con modelli unificati e iter procedurale da concludersi entro il termine massimi di 60 giorni;
autorizzazione paesaggistica ordinaria: per interventi significativi e con iter procedurale più lungo (fino ad un massimo di 120 giorni).
 
I soggetti che intendono effettuare dei lavori, dopo aver verificato il tipo di nullaosta che occorre, devono presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendono intraprendere, corredato della prescritta documentazione.
 
L'autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. Qualora i lavori siano iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione, possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.
 

Interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica

Già il Dlgs 42/2004 prevedeva che l’autorizzazione paesaggistica non fosse necessaria per piccoli e limitati interventi che erano circoscritti ai seguenti casi:
- interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo senza alterare lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;
- interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi;
- il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste.
 
Dal 6 aprile saranno 31 gli interventi liberi, facendo rientrare in quest’elenco anche lavori che nel DPR 139/2010 (ora abrogato) rientravano nella procedura semplificata come ad esempio l’inserimento di elementi amovibili e l’installazione di tende, pedane, elementi ombreggianti, poste a corredo di attività economiche o turistico-ricettive.

Tra gli interventi liberi ci sono anche opere interne che modificano la destinazione d’uso ma non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, interventi sui prospetti e sulle coperture che rispettino il piano del colore, la realizzazione di aperture esterne e finestre a tetto, interventi di consolidamento statico degli edifici (se non modificano il volume, l’altezza, ecc),  interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche, installazione di pannelli solari su coperture piane e non visibili dall’esterno, installazione di tende parasole su terrazze o spazi pertinenziali privati e fedele ricostruzione di edifici distrutti dopo le calamità naturali.
 

Autorizzazione paesaggistica semplificata: cosa cambia

Il nuovo DPR 31/2017 amplia gli interventi di lieve entità per i quali si esegue una procedura di autorizzazione semplificata e modifica l’iter procedurale per l’ottenimento dell’autorizzazione prevedendo l’invio dei documenti solo per via telematica.
 
In precedenza (come prevedeva il DPR 139/2010) l'Amministrazione competente doveva verificare preliminarmente anche la conformità dell'intervento progettato alla disciplina urbanistica ed edilizia, mentre dal 6 aprile dovrà valutare la conformità dell'intervento alle prescrizioni d'uso contenute nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico (anche solo adottato) ed eventualmente ai valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento.
 
Rispetto al passato tutti i documenti dovranno essere inviati telematicamente: l'amministrazione, infatti, trasmetterà in questo modo i documenti alla Soprintendenza, anche fornendo, ove possibile, le credenziali per l'accesso telematico agli atti e ai documenti necessari ai fini dell'istruttoria.
 
L’iter per la conclusione delle pratiche sarà più veloce: la procedura avrà il termine tassativo di 60 giorni ma potrà concludersi anche prima.
 
L'amministrazione dovrà richiedere all'interessato, ove occorrano, in un'unica volta, entro dieci giorni dal ricevimento dell'istanza, gli ulteriori documenti e chiarimenti strettamente indispensabili da inviare in via telematica entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
 
Entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento dell'istanza l'amministrazione procedente trasmette alla Soprintendenza per via telematica una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso. Se anche la valutazione del Soprintendente e' positiva, questi, entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta, esprime il proprio parere vincolante, per via telematica, all'amministrazione procedente, la quale adotta il provvedimento nei dieci giorni successivi. 
 
In caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente nei tempi previsti vale il silenzio assenso e l'amministrazione procedente provvede al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
 
A livello documentale, il DPR prevede un modello unificato di istanza di autorizzazione (a cui si applicano le vigenti disposizioni in materia di amministrazione digitale - All. C) e un modello di relazione paesaggistica semplificata (All. D).
 

Interventi esonerati da autorizzazione paesaggistica

Tra le novità del nuovo decreto anche l’esonero dall'obbligo di autorizzazione semplificata per alcuni interventi riguardanti aree ed edifici vincolati dal piano paesaggistico, e ricadenti negli Allegati A e B, qualora il piano contenga già le specifiche prescrizioni d'uso tesa ad assicurare la tutela del bene paesaggistico.
 

Autorizzazione paesaggistica ordinaria

Va richiesta l’autorizzazione paesaggistica ordinaria in tutti quei casi non compresi tra gli interventi liberi o quelli sottoposti ad iter semplificato.
 
L’iter per l’ottenimento del nullaosta in questo caso è più lungo rispetto alla procedura semplificata: dopo aver presentato la domanda, l'Amministrazione competente svolge le verifiche e gli accertamenti ritenuti necessari acquisendo il parere della locale commissione per la qualità architettonica e il paesaggio.
 
Successivamente, entro 40 giorni dalla data di ricezione della domanda, trasmette alla competente Soprintendenza la proposta di autorizzazione paesaggistica corredata dagli elaborati tecnici dandone contestualmente comunicazione al soggetto interessato. La Soprintendenza verifica la completezza e la corrispondenza della documentazione inoltrata e qualora ritenesse insufficiente quanto trasmesso, ha facoltà di richiedere integrazioni, sospendendo i termini del procedimento.
 
Il Soprintendente comunica il parere di competenza entro il termine perentorio di 45 giorni dalla data di ricezione della proposta decorsi i quali, in assenza di parere espresso, viene indetta una conferenza dei servizi, prolungando i termini del procedimento di ulteriori 15 giorni.
 
Entro il termine di 20 giorni dalla ricezione del parere del Soprintendente, l'Amministrazione procedente rilascia l'autorizzazione, che diviene immediatamente efficace. 
 
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