Fondazione Nazionale Commercialisti: nessuna prova richiesta per gli incarichi di valore modesto, indeducibili i costi
I professionisti possono lavorare gratis senza destare il sospetto di percepire i compensi in nero. Per farlo, devono però adottare una serie di accorgimenti. È quanto emerge da uno studio della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, che hanno analizzato la normativa del settore e le pronunce della giurisprudenza.
Secondo gli articoli 2229 e seguenti del Codice Civile, che regolano il contratto di opera intellettuale e il compenso professionale, non è però esclusa la legittimità di accordi di prestazione gratuita, né esiste una “presunzione di onerosità".
In altre parole, sottolineano i Commercialisti, l’onerosità è un elemento normale del contratto d'opera intellettuale, ma non essenziale ai fini della sua validità. Questo significa che il professionista, per ragioni che possono spaziare dalla parentela, all’amicizia e alla convenienza, può svolgere la sua attività a titolo gratuito.
Solo in un caso, una Commissione Tributaria provinciale ha affermato che il professionista, pur lavorando gratis, deve emettere fattura e versare le imposte. Si tratta, secondo i Commercialisti, di un onere non previsto dalla legge, quindi inaccettabile.
D’altra parte, si legge nello studio, i professionisti non possono dedurre né detrarre dal reddito i costi sostenuti per lo svolgimento di prestazioni a titolo gratuito.
Sul professionista non pende nessun onere della prova se le prestazioni svolte sono semplici e hanno un valore modesto. Al contrario, in presenza di prestazioni laboriose, di valore ingente e svolte nei confronti di soggetti con cui non si ha un legame di parentela, il professionista deve provare che non sta evadendo le tasse.
Per ovviare a questi inconvenienti, suggeriscono i Commercialisti, il professionista potrebbe dotarsi di una lettera di incarico da cui si evinca che la prestazione non richiede nessun compenso. Ci si potrebbe inoltre rifare alla congruità degli studi di settore e presentare la documentazione bancaria.
Prestazioni professionali gratuite, ecco perché si può fare
Il Fisco, spiegano i Commercialisti, mostra un certo scetticismo verso i professionisti che sostengono di lavorare gratuitamente, per amicizia o per legami di parentela. Secondo l’Amministrazione finanziaria, questi comportamenti sarebbero poco razionali e celerebbero proventi incassati in nero.Secondo gli articoli 2229 e seguenti del Codice Civile, che regolano il contratto di opera intellettuale e il compenso professionale, non è però esclusa la legittimità di accordi di prestazione gratuita, né esiste una “presunzione di onerosità".
In altre parole, sottolineano i Commercialisti, l’onerosità è un elemento normale del contratto d'opera intellettuale, ma non essenziale ai fini della sua validità. Questo significa che il professionista, per ragioni che possono spaziare dalla parentela, all’amicizia e alla convenienza, può svolgere la sua attività a titolo gratuito.
Prestazioni professionali gratuite, fatture e imposte
L’argomento delle prestazioni professionali a titolo gratuito ha causato diversi contenziosi e, in generale, i giudici hanno quasi sempre concluso che il lavoro gratis è possibile.Solo in un caso, una Commissione Tributaria provinciale ha affermato che il professionista, pur lavorando gratis, deve emettere fattura e versare le imposte. Si tratta, secondo i Commercialisti, di un onere non previsto dalla legge, quindi inaccettabile.
Prestazioni professionali gratuite, non si possono dedurre i costi
Per i Commercialisti, invece, se un professionista effettua prestazioni a titolo gratuito non ha obblighi per quanto riguarda i compensi dal punto di vista dell’Iva, delle imposte dirette e dell’Irap.D’altra parte, si legge nello studio, i professionisti non possono dedurre né detrarre dal reddito i costi sostenuti per lo svolgimento di prestazioni a titolo gratuito.
Prestazioni professionali gratuite, le prove
Per svolgere una prestazione professionale gratis sono necessari alcuni accorgimenti e in qualche caso delle prove.Sul professionista non pende nessun onere della prova se le prestazioni svolte sono semplici e hanno un valore modesto. Al contrario, in presenza di prestazioni laboriose, di valore ingente e svolte nei confronti di soggetti con cui non si ha un legame di parentela, il professionista deve provare che non sta evadendo le tasse.
Per ovviare a questi inconvenienti, suggeriscono i Commercialisti, il professionista potrebbe dotarsi di una lettera di incarico da cui si evinca che la prestazione non richiede nessun compenso. Ci si potrebbe inoltre rifare alla congruità degli studi di settore e presentare la documentazione bancaria.
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