domenica 3 luglio 2016

Latina, urbanistica: Via Quarto, il paradosso del palazzo su area verde: il Comune studia come fermare i lavori

di Vittorio Buongiorno
Tutto è cominciato lì e tutto torna lì, in via Quarto a Latina. Su quel triangolo di verde pubblico dove svettava un eucaliptus di fondazione e dove ora sta sorgendo un palazzo di cinque piani. E' un paradosso perché proprio ora che quel terreno è tornato ad essere verde pubblico, il cantiere è stato riaperto e gli operai stanno lavorando alacremente. E' successo tutto nelle ultime settimane e da giorni in Comune si susseguono riunioni per cercare di trovare una via di uscita che rispetti la legge, gli interessi del singolo ma anche quelli della collettività.

Per capire cosa sta accadendo oggi bisogna tornare indietro di un anno e mezzo. Al primo esposto firmato dal Gigante buono, l'associazione che prendeva il nome dall'albero abbattuto per far posto al cantiere. Una quarantina di pagine che misero a nudo come il privato era andato in giro per il quartiere a comprare ritagli di marciapiedi e terreni pubblici da decenni ma rimasti di proprietà privata. Salvo poi scoprire che almeno in un caso un pezzo di marciapiede era già pubblico, espropriato dal Comune più di vent'anni fa.
Paradosso nel paradosso. In un paese normale chi cede al Comune un pezzo di terreno già pubblico dovrebbe essere indagato per truffa, o al massimo, se dimostra di essere stato truffato a sua volta da chi gli ha venduto il terreno, può diventare parte lesa nel procedimento. Invece nel caso in questione si è preso atto del bidone come se fosse un errore da nulla, non risulta che l'ente abbia citato il privato o i privati per danni per essere stato indotto in errore nel rilascio della concessione. E' una delle tante stranezze che aleggiano su questa storia dove il Comune paga a caro prezzo i propri errori e passa sopra agli errori degli altri.

Così quando il privato nell'ottobre 2015 presenta una nuova richiesta di concessione, dopo 90 giorni invoca il silenzio assenso. La delibera infatti viene firmata con tre giorni di ritardo, ma si scopre che la proposta protocollata nei tempi è rimasta impantanata per tre settimane. Altra stranezza su cui bisognerebbe indagare.
Ma i paradossi non sono finiti. Negli ultimi mesi della legislatura Di Giorgi quando scoppia il caso il Comune messo alle strette non sequestra il cantiere, ma procede alla sospensione in autotutela della concessione edilizia. Una mossa che ottiene due risultati: la Procura non procede al sequestro perché non più necessario, il privato può ricontrattare una nuova concessione.

Passano i mesi. Il costruttore a gennaio scorso invoca il silenzio assenso. Nel frattempo però la situazione dell'urbanistica cittadina precipita. I carabinieri su mandato della Procura sequestrano una montagna di atti. Il Comune, ormai sotto la guida del commissario straordinario Giacomo Barbato, proce prima alla sospensione, poi all'annullamento del Ppe R3 (quello di via Quarto) e di altri cinque Piani particolareggiati esecutivi approvati in modo illegittimo e pieni zeppi di errori nei calcoli del verde e delle cubature. In particolare in R3 vengono previsti palazzi su palazzi solo grazie all'escamotage di trasformare lo Stadio Francioni in verde pubblico e liberando così spazio per nuove cubature sulle altre aree verdi del quartiere.

L'ultimo paradosso è che proprio ora che quella variante è stata cancellata riportando l'area a destinazione verde pubblico il cantiere di via Quarto è stato riaperto grazie alla sentenza del Tar. In Comune stanno provando a correre ai ripari anche perché l'input del nuovo sindaco Damiano Coletta agli uffici è stato chiaro: «Le situazioni di illegalità vanno fermate». Sono tre le contromosse ipotizzate.

Primo, il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. Secondo, spedire sul posto i vigili urbani e fermare il cantiere per abusivismo edilizio, lasciando così all'autorità giudiziaria il compito di valutare se lo stop è legittimo oppure. Infine annullare in autotutela il silenzio assenso formatosi. Già, perché il Comune ha scoperto che il cantiere è stato dichiarato aperto il 13 maggio, mentre l'apertura reale risulta avvenuta il 31 maggio e i lavori sono ripresi solo il 6 giugno. La questione è sostanziale. Il 24 maggio infatti sono stati annullati i piani particolareggiati compreso quello dell'R3 e la legge dice che se il cantiere non è realmente aperto le concessioni non sono più valide se è intervenuta una modifica della normativa urbanistica. Come in via Quarto. Tra l'altro il privato - spiegano in Comune - non può dire di essere stato colto di sorpresa dall'annullamento visto che il 22 febbraio 2016 la sospensione dei sei Ppe era finalizzata proprio all'annullamento.
 
Venerdì 1 Luglio 2016 - Ultimo aggiornamento: 11:01

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