La Corte Costituzionale bacchetta le Marche per aver esteso questa possibilità a tutti gli interventi di trasformazione edilizia
21/07/2016 – Le Regioni possono introdurre deroghe alle norme sulle distanze tra edifici solo per motivi di interesse pubblico. Lo ha affermato la Corte Costituzionalecon la sentenza 178/2016.
A finire sotto accusa è stata la Legge Regionale 16/2015, che ha introdotto delle modifiche alla LR 36/2014 eliminando l’obbligo di rispettare le distanze previste dalDM 1444/1969 negli interventi di trasformazione.
I giudici hanno ricordato che la regolamentazione delle distanze minime e delle altezze massime compete allo Stato e che le Regioni non possono “sconfinare” con norme contenenti deroghe ai principi generali definiti a livello centrale.
Inizialmente la normativa della Regione Marche prevedeva che ci si potesse discostare da questi parametri solo negli interventi di qualificazione del patrimonio edilizio esistente, riqualificazione urbana, recupero funzionale e nei lavori di interesse pubblico, svolti su palazzi e quartieri per il miglioramento della qualità della vita degli abitanti.
A detta del Governo, che ha impugnato la legge, e della Corte Costituzionale, le modifiche del 2015 possono invece essere interpretate come una liberalizzazione tout- court. La nuova norma avrebbe consentito di derogare alle norme sulle distanze in tutti gli interventi di trasformazione edilizia, non solo in quelli inseriti in un piano urbanistico volto al miglioramento e alla riqualificazione urbana ed edilizia.
Per questi motivi la disposizione (art. 10) contenuta nella LR 16/2015 è stata dichiarata illegittima.
A finire sotto accusa è stata la Legge Regionale 16/2015, che ha introdotto delle modifiche alla LR 36/2014 eliminando l’obbligo di rispettare le distanze previste dalDM 1444/1969 negli interventi di trasformazione.
I giudici hanno ricordato che la regolamentazione delle distanze minime e delle altezze massime compete allo Stato e che le Regioni non possono “sconfinare” con norme contenenti deroghe ai principi generali definiti a livello centrale.
Inizialmente la normativa della Regione Marche prevedeva che ci si potesse discostare da questi parametri solo negli interventi di qualificazione del patrimonio edilizio esistente, riqualificazione urbana, recupero funzionale e nei lavori di interesse pubblico, svolti su palazzi e quartieri per il miglioramento della qualità della vita degli abitanti.
A detta del Governo, che ha impugnato la legge, e della Corte Costituzionale, le modifiche del 2015 possono invece essere interpretate come una liberalizzazione tout- court. La nuova norma avrebbe consentito di derogare alle norme sulle distanze in tutti gli interventi di trasformazione edilizia, non solo in quelli inseriti in un piano urbanistico volto al miglioramento e alla riqualificazione urbana ed edilizia.
Per questi motivi la disposizione (art. 10) contenuta nella LR 16/2015 è stata dichiarata illegittima.
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