Cassazione: l’imposta di registro è più alta di quella prevista per la compravendita di un fabbricato
19/08/2016 – Come si tassa la compravendita di un rudere se, dopo la conclusione del contratto, questo viene abbattuto e il proprietario presenta domanda di permesso di costruire per la realizzazione di un nuovo edificio?
La Cassazione non ha dubbi e con l’ordinanza 12062/2016 ha stabilito che non si tratta della vendita di un immobile, ma di un suolo edificabile. L’imposta di registro da pagare è quindi più alta.
Nel caso preso in esame, l’operazione era stata qualificata come compravendita di fabbricato ed era stata pagata un’imposta di registro più bassa. L’Agenzia delle Entrate aveva però riqualificato l’atto come compravendita di area edificabile, assoggettandola ad un’imposta maggiore.
Ne era quindi nato un contenzioso, al termine del quale la Cassazione ha concluso che la reale intenzione degli operatori fosse quella di cedere un’area edificabile.
Secondo i giudici, per determinare gli effetti fiscali delle operazioni non è importante il “nomen iuris”, cioè la definizione data al contratto, ma il reale intento delle parti e glieffetti reali che questo produce.
La decisione della Cassazione si è basata su tre considerazioni:
- la società acquirente si occupava di demolizione, costruzione e ristrutturazione di edifici;
- la società acquirente, pochi giorni dopo l’acquisto, aveva presentato domanda di concessione edilizia, contraendo anche un mutuo per la realizzazione del fabbricato da costruire;
- il prezzo del bene dichiarato in atto era pari a circa dieci volte il valore catastaledell’immobile.
Sulla base di questi motivi l’acquirente ha dovuto pagare la differenza tra l’imposta dovuta e quella versata.
La Cassazione non ha dubbi e con l’ordinanza 12062/2016 ha stabilito che non si tratta della vendita di un immobile, ma di un suolo edificabile. L’imposta di registro da pagare è quindi più alta.
Nel caso preso in esame, l’operazione era stata qualificata come compravendita di fabbricato ed era stata pagata un’imposta di registro più bassa. L’Agenzia delle Entrate aveva però riqualificato l’atto come compravendita di area edificabile, assoggettandola ad un’imposta maggiore.
Ne era quindi nato un contenzioso, al termine del quale la Cassazione ha concluso che la reale intenzione degli operatori fosse quella di cedere un’area edificabile.
Secondo i giudici, per determinare gli effetti fiscali delle operazioni non è importante il “nomen iuris”, cioè la definizione data al contratto, ma il reale intento delle parti e glieffetti reali che questo produce.
La decisione della Cassazione si è basata su tre considerazioni:
- la società acquirente si occupava di demolizione, costruzione e ristrutturazione di edifici;
- la società acquirente, pochi giorni dopo l’acquisto, aveva presentato domanda di concessione edilizia, contraendo anche un mutuo per la realizzazione del fabbricato da costruire;
- il prezzo del bene dichiarato in atto era pari a circa dieci volte il valore catastaledell’immobile.
Sulla base di questi motivi l’acquirente ha dovuto pagare la differenza tra l’imposta dovuta e quella versata.
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