Se l’intervento non altera volumetria, sagoma e destinazione d’uso dell’edificio può essere realizzato anche in area vincolata
Nel caso esaminato, un privato aveva acquistato un immobile su cui in precedenza erano state realizzate delle opere per le quali era stato richiesto il condono edilizio.
Il nuovo proprietario aveva poi affittato l’immobile ad una società che aveva presentato la Dia per effettuare sui manufatti condonati degli interventi di risanamento conservativo che non implicavano modifiche della destinazione d’uso, della sagoma, dell’altezza e della volumetria.
La Soprintendenza aveva messo in dubbio la legittimità del condono sostenendo che l’immobile si trovava in zona a vincolo archeologico e che l’intervento sui manufatti abusivi era una ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione, ricostruzione e frazionamento degli elementi.
Il Comune, che aveva dato il via libera solo agli interventi di restauro e risanamento conservativo, a condizione che la Soprintendenza li approvasse, aveva quindi negato l’approvazione.
Dopo una serie di ricorsi, il Consiglio di Stato ha dato ragione al proprietario e torto all’Amministrazione spiegando che i manufatti da restaurare erano stati condonati nel 2000. Nel periodo in cui erano stati realizzati i manufatti, non era ancora stato apposto nessun vincolo. Non esistevano quindi condizioni per poter annullare i condoni.
Partendo dal nuovo presupposto che i manufatti dovevano essere considerati legittimi, i giudici hanno spiegato che nelle aree vincolate sono consentiti gli interventi di restauro e risanamento conservativo, che consistono nella sostituzione di parti degradate e adeguamento dei servizi senza modifiche di volumetria, sagoma e destinazione d’uso. Si tratta, ha spiegato il CdS, di un’attività rivolta a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali. ne consentano destinazioni d'uso compatibili. Rientrano in questo ambito il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione di elementi o estranei o deteriorati.
Al contrario, hanno spiegato i giudici, la ristrutturazione consiste nel rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio e nell'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile.
La differenza sta nella conservazione formale e funzionale dell'organismo edilizio.
Se dagli elementi non è chiaro se l’intervento implica dei cambiamenti, non possono quindi essere tratte deduzioni che possono risultare imprecise.
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