Tribunale di Perugia: il professionista deve pagare metà delle spese per la riparazione dei difetti
Il direttore dei lavori è responsabile a metà con l’appaltatore per eventuali difetti delle opere di costruzione. Lo ha affermato il Tribunale Ordinario di Perugia con la sentenza 1313/2016.
Nel caso preso in esame, un professionista aveva collaborato con un’impresa alla ristrutturazione di un immobile in qualità di direttore dei lavori. Al termine degli interventi, il committente aveva riscontrato dei difetti e aveva chiesto la loro rimozione.
Il direttore dei lavori aveva spiegato che l’impresa ad un certo punto del contratto lo aveva estromesso. A suo avviso, per questo motivo non doveva essere considerato responsabile.
Secondo il principio “diligentia quam in concreto”, si legge nella sentenza del Tribunale di Perugia, tra gli obblighi del direttore dei lavori rientrano l’accertamento della conformità dell’opera al progetto, al capitolato e alle regole della tecnica, ma soprattutto l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi.
In altre parole, il direttore dei lavori deve sorvegliare su tutte le fasi della realizzazione delle opere, la corrispondenza dei materiali impiegati e l’osservanza delle regole dell’arte. Per questi compiti non è richiesta la presenza continua e giornaliera sul cantiere, ma sono sufficienti visite periodiche e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa.
I giudici hanno spiegato che la responsabilità non viene meno se il direttore dei lavori è stato estromesso dall’impresa. Per non essere considerato responsabile, il professionista avrebbe dovuto comunicare al committente le condizioni che avrebbero potuto determinare la revoca del suo incarico, invece aveva presentato comunque la sua parcella, che poi era risultata “gonfiata”.
Il professionista è stato quindi condannato, oltre che alla restituzione delle somme indebitamente percepite, al pagamento del 50% delle spese necessarie alla riparazione dei difetti dell’opera. Il restante 50% è stato pagato dall’impresa appaltatrice.
Nel caso preso in esame, un professionista aveva collaborato con un’impresa alla ristrutturazione di un immobile in qualità di direttore dei lavori. Al termine degli interventi, il committente aveva riscontrato dei difetti e aveva chiesto la loro rimozione.
Il direttore dei lavori aveva spiegato che l’impresa ad un certo punto del contratto lo aveva estromesso. A suo avviso, per questo motivo non doveva essere considerato responsabile.
Difetti di costruzione, la responsabilità del direttore lavori
Di parere opposto i giudici. Il tribunale ha ricordato che “il direttore dei lavori presta, per conto del committente, un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati”. Dal momento che lo svolgimento dell’incarico implica l'impiego di peculiari competenze tecniche, i giudici hanno aggiunto che il direttore dei lavori deve utilizzare tutte le sue risorse intellettive ed operative per raggiungere il risultato atteso dal committente.Secondo il principio “diligentia quam in concreto”, si legge nella sentenza del Tribunale di Perugia, tra gli obblighi del direttore dei lavori rientrano l’accertamento della conformità dell’opera al progetto, al capitolato e alle regole della tecnica, ma soprattutto l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi.
In altre parole, il direttore dei lavori deve sorvegliare su tutte le fasi della realizzazione delle opere, la corrispondenza dei materiali impiegati e l’osservanza delle regole dell’arte. Per questi compiti non è richiesta la presenza continua e giornaliera sul cantiere, ma sono sufficienti visite periodiche e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa.
I giudici hanno spiegato che la responsabilità non viene meno se il direttore dei lavori è stato estromesso dall’impresa. Per non essere considerato responsabile, il professionista avrebbe dovuto comunicare al committente le condizioni che avrebbero potuto determinare la revoca del suo incarico, invece aveva presentato comunque la sua parcella, che poi era risultata “gonfiata”.
Il professionista è stato quindi condannato, oltre che alla restituzione delle somme indebitamente percepite, al pagamento del 50% delle spese necessarie alla riparazione dei difetti dell’opera. Il restante 50% è stato pagato dall’impresa appaltatrice.
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