E’ «conteso» da mezzo secolo, da 50 anni. La prima udienza in Tribunale a Latina celebrata dal primo magistrato donna Mirella Cervedera risale al 1967. Che storia è? E’ quella di un podere di Borgo Sabotino, quelli con la scritta O.N.C. e un numero progressivo finito al centro di una querelle tra gli eredi della casa colonica e la Regione Lazio, una storia sbarcata in Tribunale 50 anni fa e che ancora va avanti con l’ultima ma non definitiva pronuncia da parte della Cassazione che ha disposto l’invio degli atti alla Corte d’Appello.
E’ il caso di fare un salto indietro nel tempo per ricostruire i fatti: è il 1941 quando viene definito un compromesso di vendita con l’immediato possesso. Da una parte c’è una numerosa famiglia che arriva dal Veneto per la Bonifica, attratta da quello che riceve, dall’altra c’è l’Opera Nazionale Combattenti che dà alla famiglia 18 ettari di terra a Borgo Sabotino con le relative scorte vive, tra cui vacche e vitelli. L’assegnatario che poi nel 1956 muore, si accolla l’onere di pagare un canone annuo fino ad arrivare al prezzo totale. «In maniera da ottenere la voltura a proprio favore del fondo», scrivono i giudici della Suprema Corte. Cosa che avviene, i ratei trentennali vengono pagati fino al 1971 ma manca ed è mancata una cosa in tutti questi anni: il via libera definitivo prima dell’Onc che nel 1977 è stato poi soppresso e ha ceduto il testimone anche di questa vicenda alla Regione Lazio.
Nelle scorse settimane dopo che il processo è arrivato a tutti e tre i gradi giudizio, i giudici della Corte di Cassazione hanno disposto un invio degli atti ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma, il principio da stabilire è quello che i diritti discendenti da un atto preliminare come quello che risale al 1941 possano essere esercitati dagli eredi. In questo caso l’articolo 2932 del codice civile spiega bene la questione: «Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso». In un primo momento la famiglia che aveva preso possesso del podere non si era accordata sulla ripartizione della proprietà ma poi invece ha trovato l’intesa. La prima sentenza del Tribunale di Latina, quella del 1967 per intenderci, viene appellata e rigettata, si arriva prima al 1988 poi ad un’altra sentenza del 2004 con cui sempre il Tribunale di Latina rigetta la domanda proposta da un’erede su un presupposto: «Non poteva formare oggetto di divisione ereditaria quanto non era mai entrato a far parte nell’asse dei beni», il riferimento è a G.S., queste le iniziali dell’uomo che nel 1941 si era accordato con l’Opera Nazionale Combattenti. Anche qui ricorso e si arriva in secondo grado e nel 2005 la Corte d’Appello dopo una serie di rinvii interminabili dispone un’ ordinanza in cui convoca un funzionario della Regione Lazio che conosca la storia di questo podere. Il motivo? Dare esecuzione al compromesso della scrittura registrata del 1941 in piazza del Quadrato in quella che ancora si chiamava Littoria. La sentenza anche dell’Appello viene impugnata e si arriva davanti la Suprema Corte che stabilisce un principio, sarà il terreno su cui dovranno lavorare i giudici della Corte d’Appello per arrivare a mettere la parola fine ad un podere conteso da mezzo secolo anche se ci vorrà ancora del tempo. Gli eredi sono assistiti dagli avvocati Guidi e Casillo. http://www.latinaoggi.eu/news/news/35223/ricorso-podere-latina-atto-onc-.html
domenica 15 gennaio 2017
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