giovedì 4 settembre 2014

E se un giorno un terremoto - Se una mappa può salvare dal terremoto di Giancarlo Sturloni quella dell'OEF

Immaginate che da alcuni giorni, o magari già da settimane, la terra tremi sotto i vostri piedi. Qualche volta con scosse così leggere da essere registrate solo dai sismografi. Qualche volta tanto forti da svegliarvi di colpo nel cuore della notte. Sequenza sismica, la chiamano gli esperti. Una serie di terremoti di intensità medio-bassa che si susseguono cacciandovi il cuore in gola.
Allora cercate informazioni su internet e sul sito web di un’importante istituzione scientifica trovate un grafico con una macchia rossa proprio sulla vostra città. La legenda dice che la serie di scosse rende mille volte più probabile l’arrivo di un terremoto distruttivo. Calma. La legenda dice anche che in ogni caso c’è solo una probabilità su cento, forse meno, che il terremoto si verifichi davvero. Al 99 per cento, le scosse scemeranno senza far danni. Ma ora il pericolo – grida quella macchia rossa – è dannatamente più alto del normale.
Oggi è solo uno scenario di fantasia, ma potrebbe presto diventare realtà. All’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) Warner Marzocchi lavora a un sistema che possa avvertire la popolazione quando il rischio di un terremoto distruttivo schizza verso l’alto. Si chiama Operational Earthquake Forecasting (OEF) e in pratica fornisce una mappa della pericolosità sismica a breve termine, aggiornata di settimana in settimana. Anche se non è in grado di prevedere il terremoto, può evidenziare quando una sequenza sismica accresce la probabilità di una scossa violenta.
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Le immagini di copertina di "Seismological Research Letters" in cui si parla dell'Operational Earthquake Forecasting
Badate bene: l’OEF non è un giocattolo per addetti ai lavori. È uno strumento operativo pensato «per aiutare le comunità a prepararsi a terremoti potenzialmente distruttivi». E qui si nasconde l’aspetto più delicato della questione. Affinché uno strumento del genere possa davvero essere d’aiuto per i cittadini, le informazioni sul rischio sismico dovranno essere di dominio pubblico. Una probabilità dell’1% che si scateni un terremoto, infatti, è comunque troppo bassa per giustificare l’evacuazione di una città. Ma saperlo sarebbe cruciale perché ciascuno possa scegliere cosa fare: restare, partire, passare la notte in macchina, dire alla figlia che studia fuori sede di non tornare questo weekend. L’equivalente moderno, su base scientifica, del buon senso popolare: se c’è stata una scossa, via di casa finché la terra non smette di tremare.
Al momento l’OEF è ancora in fase sperimentale alla Protezione Civile ma potrebbe entrare in funzione già nel 2015. Finora soltanto lo United State Geological Survey (USGS) aveva tentato qualcosa di simile, pubblicando sul proprio sito web le probabilità che la California fosse colpita da forti scosse nelle 24 ore successive. Il progetto è stato però cancellato all’inizio del 2010, dopo le polemiche sul terremoto dell’Aquila.
Se però l’OEF darà risultati attendibili, Marzocchi non ha intenzione di tenerlo chiuso in un cassetto. Il diritto a essere informati sui rischi, del resto, è sancito anche a livello internazionale. Perché i cittadini italiani non dovrebbero avere le stesse informazioni degli esperti, soprattutto quando queste informazioni possono fare la differenza fra la vita e la morte?
Se in quella maledetta prima settimana di aprile del 2009 i cittadini dell’Aquila avessero potuto accedere a uno strumento del genere, avrebbero saputo che, per via di uno sciame sismico in corso da mesi,  la probabilità di un forte terremoto era drasticamente aumentata. Invece la Commissione Grandi Rischi li rassicurò fornendogli l’informazione opposta: tranquilli, lo sciame sta scaricando l’energia. In molti, la notte del 6 aprile, nonostante le scosse continue, scelsero di restare in casa. Sotto le macerie morirono 309 persone.http://sturloni.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/09/04/e-se-un-giorno-un-terremoto/?ref=HEF_RULLO

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