CdS: per segnalare la violazione del permesso di costruire non è necessario provare che l’opera causi un danno specifico
28/12/2015 – I proprietari confinanti possono sempre fare ricorso contro una costruzione realizzata in modo illegittimo, anche senza provare il danno causato dall’opera abusiva.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2556/2015.
Nel caso preso in esame, il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire per la ristrutturazione di un fabbricato e il recupero di un sottotetto. I lavori erano stati eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo, realizzando un’altezza di gronda maggiore di quella dichiarata, una cambiamento della sagoma e la trasformazione delle finestre in porte-finestre.
Una volta accertate le violazioni, il Comune aveva ordinato la demolizione di parte delle opere abusive, mentre per le altre era stata prevista una multa.
Il proprietario dell’edificio su cui erano stati effettuati i lavori aveva però fatto ricorso contro l’ordine di demolizione del Comune sostenendo che la segnalazione sul mancato rispetto del titolo abilitativo era stata inviata dal proprietario confinante, che a suo avviso non aveva nessun potere di azione.
Al contrario i giudici hanno spiegato che i proprietari degli immobili situati in zone confinanti o limitrofe a quelle interessate da un permesso di costruire possono sempre impugnare i titoli abilitativi che incidono sulle condizioni dell’area e che possono quindi pregiudicare la loro proprietà, l’assetto edilizio, urbanistico e ambientale della zona.
Per poter agire, ha concluso il CdS, non è necessaria la prova di un danno specifico, perché il danno a tutti i membri della collettività è insito nella violazione edilizia.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2556/2015.
Nel caso preso in esame, il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire per la ristrutturazione di un fabbricato e il recupero di un sottotetto. I lavori erano stati eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo, realizzando un’altezza di gronda maggiore di quella dichiarata, una cambiamento della sagoma e la trasformazione delle finestre in porte-finestre.
Una volta accertate le violazioni, il Comune aveva ordinato la demolizione di parte delle opere abusive, mentre per le altre era stata prevista una multa.
Il proprietario dell’edificio su cui erano stati effettuati i lavori aveva però fatto ricorso contro l’ordine di demolizione del Comune sostenendo che la segnalazione sul mancato rispetto del titolo abilitativo era stata inviata dal proprietario confinante, che a suo avviso non aveva nessun potere di azione.
Al contrario i giudici hanno spiegato che i proprietari degli immobili situati in zone confinanti o limitrofe a quelle interessate da un permesso di costruire possono sempre impugnare i titoli abilitativi che incidono sulle condizioni dell’area e che possono quindi pregiudicare la loro proprietà, l’assetto edilizio, urbanistico e ambientale della zona.
Per poter agire, ha concluso il CdS, non è necessaria la prova di un danno specifico, perché il danno a tutti i membri della collettività è insito nella violazione edilizia.
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