domenica 25 gennaio 2015

LA BANCA DI PAPÀ BOSCHI E L’AFFARE DELLE “POPOLARI” LA CONSOB INDAGA SULLE SPECULAZIONI LONDINESI FATTE A MARGINE

DEL DECRETO DI GOVERNO SUGLI ASSETTI SOCIETARI DEGLI ISTITUTI DI CREDITO
OPPORTUNITÀ
La titolare delle Riforme
era in Cdm: la banca
dell’Etruria, che ha
per vicepresidente suo
padre è salita del 66%
con questa operazione
di Davide Vecchi
Una manina da
Londra ha gettato
una rete a
Piazza Affari e
pescato a strascico le Popolari
con un tempismo perfetto:
giorni prima dell’a p p r o v azione
della riforma voluta da
Matteo Renzi che abolisce il
cosiddetto voto capitario e le
trasforma in società per azioni.
Un tempismo che ha già
svegliato la Consob, ora impegnata
a ricostruire gli
scambi. Un’operazione di verifica
non certo semplice,
perché dalla piazza inglese si
stendono anche le reti dai paradisi
fiscali, e che rischia di
causare guai decisamente seri
all’esecutivo Renzi nel caso
tra i vari investitori internazionali
attivi sul mercato individuasse
il fondo Algebris
di Davide Serra, amico, foraggiatore
nonché guru finanziario
del premier.
IL FONDO speculativo dell’ex
manager Morgan Stanley ha
infatti base a Londra. La banca
che ha maggiormente beneficiato
dello strascico anglosassone
è la Popolare
dell’Etruria e del Lazio, di cui
vicepresidente è Pier Luigi
Boschi. Sì, il papà di Maria
Elena, ministro delle Riforme
nonché direttore generale
della fondazione Open che
negli ultimi anni ha ricevuto
150 mila euro proprio da Serra.
I cerchi, spesso, si chiudono
Il ministro ha partecipato alla
seduta del 20 gennaio in cui è
stato approvato il testo del decreto
legge sulle popolari,
mostrando il fianco a polemiche
su un evidente conflitto di
interessi. Caso vuole che pochi
giorni prima Movimento
5 Stelle, Sel e una parte del Pd
abbiano ritirato fuori e riproposto
una legge presentata nel
novembre 2013 che all’epoca
piaceva tanto anche a Matteo
Renzi. Una proposta di legge
avanzata da Pippo Civati per
introdurre il conflitto di interessi
e il conseguente divieto
di partecipare al voto “qua -
lora il coniuge, la persona stabilmente
convivente, un parente
o un affine entro il secondo
grado sia preposto alla
cura ai sensi del comma 4 (in
qualità di rappresentante,
amministratore, curatore, gestore,
procuratore, consulente
o in altra posizione analoga,
ndr) di un interesse economico
privato tale da poter
condizionare l’esercizio delle
funzioni pubbliche inerenti
alla carica ricoperta”. La proposta,
come nel novembre
2013, è stata messa in un cassetto.
Intanto da Londra compravano.
Salvando la popolare
dell’Etruria, dove oltre al padre
lavora anche il fratello di
Maria Elena, Emanuele. Gli
acquisti sono iniziati il 15
gennaio. Il decreto, battezzato
investment compact”, è
stato annunciato a mercati
chiusi il 20 gennaio ma le indiscrezioni
erano iniziate a
circolare sin dal 16 e il 19
l’agenzia di stampa Reuters
ha anticipato il piano nei dettagli.
IN QUATTRO GIORNI la Banca
Popolare dell’Etruria ha registrato
un balzo del 66 per
cento, nonostante i ripetuti
stop alla negoziazione per eccesso
di rialzo, mettendo fine
così ad anni di profonde difficoltà
che l’hanno portata
sull’orlo del commissariamento.
Nel gennaio 2010,
un’azione valeva 10,69 euro,
mentre il 12 gennaio scorso
ha registrato il minimo storico:
0,358 euro.
Non che i vertici non abbiano
tentato di rivitalizzare l’istitu -
to, anzi: le hanno provate tutte.
Un aumento di capitale da
100 milioni appena un anno
fa, poi il tentativo (fallito) di
fusione con la popolare di Vicenza,
la ricerca (andata a
vuoto) di nuovi soci di peso
per trasformarsi in Spa. Tutto
inutile. Tanto che il Cda a novembre
ha approvato i conti
consolidati dei primi 9 mesi
chiusi con una perdita netta
di 126,1 milioni. E appena un
mese dopo la pop ha presentato
un durissimo piano di ristrutturazione,
annunciando
410 esuberi e tagli al personale
per 32 milioni di euro,
oltre alla creazione di una bad
bank nel tentativo di liberarsi
dei crediti deteriorati. Non
solo, dal 2012 la banca è stata
al centro di due ispezioni della
Banca d’Italia che si sono
concluse nel novembre 2014
con una multa complessiva di
2,54 milioni di euro. La maxi
sanzione è a carico di 18 tra
componenti ex componenti
del collegio sindacale e del
cda, tra cui Pier Luigi Boschi.
A lui gli ispettori di via Nazionale
hanno comminato
una sanzione di 144 mila euro
per “violazioni di disposizioni
sulla governance, carenze
nell’organizzazione, nei controlli
interni e nella gestione
nel controllo del credito e
omesse e inesatte segnalazioni
alla vigilanza”. Da inizio
2013, inoltre, la sua posizione,
come quella degli altri amministratori
dell’istituto, è al vaglio
delle procure di Arezzo e
Firenze.
LONDRA DUNQUE, ma anche
Palazzo Chigi. Sarebbe
importante sapere come si è
sviluppato l’iter del decreto.
Ieri il Corriere della Sera ha ricostruito
che inizialmente il
provvedimento era contenuto
nel ddl Concorrenza, parcheggiato
al ministero per lo
Sviluppo economico e in attesa
di seguire il normale iter
parlamentare. Renzi ne ha
prelevato a sorpresa l’articolo
sul voto capitario e l’ha inserito
nel decreto Investment
compact. Chi era al corrente
di quanto stava facendo il
premier? Mario Gerevini ieri
dal Corriere ha chiesto “per
quante mani è passato il testo?”.
Ma soprattutto: in quali
è finito?
2 DOMENICA 25 GENNAIO 2015 il Fatto Quotidiano

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