Secondo il rapporto Eures-Uil, 4 ragazzi su 10 - di età compresa tra i 15 e i 24 anni - sono disoccupati, con un tasso di 5 punti superiore rispetto alla media nazionale. I "neet", cioè chi non studia e non lavora tra i 15 e i 29 anni, crescono dal 2006 del 4,7%, attestandosi sul 21,6%
di Santo Iannò | 28 novembre 2013 “Sottopagati sì, in nero no”. In Lazio, chi ha tra i 15 e i 24 anni, pur di lavorare, è disposto ad accettare retribuzioni più basse. Soprattutto dopo l’ultima fotografia, scattata nel 2012 dall’Eures e dalla Uil regionale, sulla disoccupazione territoriale: 4 ragazzi su 10 sono disoccupati, con un tasso di 5 punti superiore rispetto alla media nazionale (35%). Numeri che evidenziano il record negativo degli ultimi 10 anni. Il 4% di loro non studia e non lavora, mentre diminuiscono di un quinto le assunzioni non stagionali. Dati che non lasciano alternative: il 40% è pronto a emigrare per inseguire il sogno americano. E una busta paga. L’analisi del mercato è stata presentata questa mattina a Roma e i numeri parlano di “una crisi che assume caratteri strutturali”, spiega l’organizzazione sindacale guidata da Pierpaolo Bombardieri.
Il numero degli occupati nelle 5 province laziali registra un calo di 11,7 punti percentuali: una diminuzione che è più del doppio rispetto al trend italiano. Tradotto: 11 mila lavoratori in meno rispetto al 2011. Mentre il tasso dei senza lavoro cresce del 4,7% rispetto all’andamento del Paese.Viterbo è la città più colpita con circa la metà dei ragazzi che sono a spasso. Segue Latina con il 40,3%; terza la Capitale, staccata di 0,2 punti. I giovani, tra i 25 e i 34 anni, che sono in cerca di un impiego saliti di 8 mila unità.
Crescono anche i Neet - I Not in employment, education or training, cioè chi non studia e non lavora tra i 15 e i 29 anni, crescono dal 2006 del 4,7%, attestandosi sul 21,6%. Un incremento maggiore rispetto alla media nazionale, che fa segnare una corsa al rialzo di 3,5 punti. In calo, di un quinto, anche le assunzioni dei non stagionali. Erano 44.900 nel 2011, sono 35.730 oggi. In un quinquennio 2008-2013 è del 55,5%. Tra i giovani il crollo è di circa un terzo. Cifre e numeri che non lasciano tranquilli gli studenti. Da un’analisi campionaria, condotta dalla Uil a ottobre scorso, emerge che l’alternativa alla disoccupazione è emigrare: 4 su 10 sono pronti a fare le valige per lasciare l’Italia. La fuga dei cervelli colpisce di più gli universitari iscritti a facoltà umanistiche (53%), dietro chi sceglie professioni sanitarie (28,7).
Il sogno americano piace a più di uno su tre tra i potenziali nuovi migranti. La colpa è anche delle competenze, secondo lo studio dell’Eures. L’istituto di ricerca punta il dito contro le scarse conoscenze informatiche dei giovani laziali. Meno della metà di loro dimostra una preparazione sufficiente. Le responsabilità sono da cercare anche all’interno del sistema scolastico. Solo il 47,6% ha avuto esperienze lavorative durante il percorso di studi. Uno su 4 ha ricevuto una busta paga, il 19% ha svolto stage coerenti con le materie affrontate sui banchi. Un quadro a tinte fosche che convince i ragazzi ad accettare stipendi più bassi, pur di non restare fuori dal mercato. Infatti il 27% di loro punta a portare a casa una retribuzione da 700 euro al mese. Otto su 10 sarebbero disposti ad accettare un’occupazione mal retribuita.
“Sottopagati sì, in nero no”, rispondono alla Uil. Il 68,3%, infatti, si rifiuta di non avere tutele e un contratto regolare. Nonostante tutto la metà di loro sogna uno stipendio fisso. Magari da conquistare con una raccomandazione. Anche se su questo i giovani sono spaccati a metà. E sul futuro? Nessuna illusione. Il 47% degli intervistati prevede un peggioramento su tutele contrattuali e retribuzioni. Per questo meglio un lavoro pagato poco che disoccupato.http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/28/lazio-disoccupazione-giovanile-record-negativo-degli-ultimi-10-anni/794785/
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