mercoledì 27 novembre 2013

La seconda rata Imu non si paga Trovata la copertura con gli acconti

Il governo incassa l'informale via libera di Francoforte sulla rivalutazione delle quote della Banca centrale, che per lo Stato vale oltre un miliardo d'imposte. Verso limite al 5% per i soci, due anni per cedere quote in eccesso. L'esecutivo fa cassa con gli acconti e può approvare il decreto che cancella la seconda rata dell'imposta sulla casa. Sul tavolo anche la vendita di immobili pubblici. MILANO - La seconda rata Imu non si paga. "Il governo ha mantenuto l'impegno che aveva assunto di abolire il pagamento della seconda rata dell'Imu e ha contemporaneamente modificato lo statuto della Banca d'Italia con la rivalutazione delle quote secondo il documento dell'istituto reso pubblico qualche giorno fa". Lo ha detto in conferenza stampa il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, al termine del Cdm. "L'importo della rata dell'Imu abolita è di 2,150 miliardi, compresi gli immobili strumentali agricoli e viene coperta essenzialmente con interventi sul sistema bancario - spiega Saccomanni - con una quota di un terzo con anticipi sull'imposizione del risparmio amministrato e 2 terzi con aumenti di anticipi su Ires e Irap a fronte di un aumento delle aliquote che graverà solo per un anno sulle banche". L'anticipo corrisposto, spiega ancora il ministro "sarà vicino al 130 %".


Il governo ha anche ricevuto da Francoforte il nulla ostainformale sulla modifica del valore delle quote di Banca d'Italia. Il decreto legge, discusso ma non approvato la scorsa settimana in Consiglio dei Ministri proprio per la mancanza dell'avallo della Bce, ha ricevuto il via libera nella riunione dell'esecutivo. Nel decreto si concede a via Nazionale di "aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie sino a euro [5.000.000.000 - 7.500.000.000]; a seguito dell'aumento il capitale è rappresentato da quote nominative di partecipazione di euro 20.000 ciascuna". Si prevede poi un limite alla distribuzione delle cedole: "Possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale".

Quanto alle partecipazioni le banche, assicurazioni, fondazioni e gli investitori istituzionali soci della Banca d'Italia avranno un tetto al 5% del capitale. I soci con quote in eccesso hanno 2 anni per ridurre la partecipazione, periodo durante il quale è congelato il diritto di voto ma si percepiscono i dividendi. Intesa Sanpaolo e Unicredit sono oggi i principali soci della Banca centrale, con quote per oltre il 50% del totale. I maggiori valori delle quote detenute dalle banche, iscritti in bilancio in base a corretti principi contabili internazionali, "sono assoggettati a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive nella misura del 12 per cento". "Bankitalia si trasformerà in public company", ha spiegato Saccomanni: il tetto al 5% per la partecipazione "lascia la porta aperta a investitori europei". Insomma sarà una struttura "di cui nessuno avrà il controllo".

Proprio questo passaggio svela l'importanza del tema della rivalutazione delle quote Bankitalia, sia per le banche che per il governo, che dalle plusvalenze potrebbe incassare imposte per oltre un miliardo di euro. La stima del valore di via Nazionale era stata affidata a tre saggi: Franco Gallo, Lucas Papademos e Andrea Sironi. Secondo il loro lavoro, il capitale è valutato in una forbice compresa tra 5 e 7 miliardi e mezzo, cifra confermata nel decreto. Il capitale nominale della Banca d'Italia è oggi a un livello simbolico di 156 mila euro (conversione di 300 milioni), stabilito negli anni Trenta. (27 novembre 2013)
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