I giudici chiedono su quali basi scientifiche il limite di concentrazione è stato elevato da 0 a 100 mg/kg
26/02/2016 – Consiglio di Stato perplesso su alcune norme per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo. Sotto la lente di Palazzo Spada sono finiti la concentrazione consentita di amianto, i controlli e i casi che si troveranno a cavallo delle vecchie e delle nuove regole.
Con il parere 390/2016, Palazzo Spada ha dato il via libera alla bozza di decreto che semplificherà il riutilizzo dei materiali escavati superando il DM 161/2012, ma ha espresso dubbi su alcuni passaggi, ponendo quindi delle condizioni.
A detta del CdS, però, si tratta di informazioni che il Ministero dell’Ambiente non ha depositato e che andrebbero documentate in modo più accurato. In caso contrario, la disposizione dovrebbe essere eliminata dal testo del decreto.
Data la delicatezza degli argomenti, il CdS ha condizionato il via libera all’introduzione di qualche chiarimento in più su cosa si intende per normale pratica industriale e di ulteriori controlli randomizzati per accertare che il materiale abbia la natura di sottoprodotto e non di rifiuto.
Per il Consiglio di Stato in questo modo si creerebbero incertezze interpretative e si darebbe ai singoli la possibilità “inopportuna” di decidere quale norma applicare.
Con il parere 390/2016, Palazzo Spada ha dato il via libera alla bozza di decreto che semplificherà il riutilizzo dei materiali escavati superando il DM 161/2012, ma ha espresso dubbi su alcuni passaggi, ponendo quindi delle condizioni.
Concentrazione di amianto nelle terre da scavo
La nuova bozza di decreto consente il riutilizzo dei materiali estratti in cui sia presente amianto nel limite di 100mg/kg. Si tratta di una semplificazione rispetto al precedente divieto assoluto, giustificata dal Ministero dell’Ambiente con la necessità di rispondere alle situazioni reali, in cui la totale assenza di amianto non si verifica quasi mai, ma anche con i pareri rilasciati dall’Istituto superiore della sanità e l’esperienza operativa di alcune Arpa.A detta del CdS, però, si tratta di informazioni che il Ministero dell’Ambiente non ha depositato e che andrebbero documentate in modo più accurato. In caso contrario, la disposizione dovrebbe essere eliminata dal testo del decreto.
Controlli sulle terre e rocce da scavo
Come si legge nel parere, il CdS ha ricordato che l’Unione Europea aveva già avviato la procedura EU Pilot 5554/13/ENVI sul DM 161/2012, che prevede la possibilità di gestire le terre e rocce da scavo come sottoprodotto a seguito del silenzio assensodell’Amministrazione competente sul piano di utilizzo e che annovera tra le normali pratiche industriali alcune operazioni che a livello comunitario sono considerate trattamento di rifiuti. Secondo l’Italia, invece, la norma è corretta perché, oltre a prevedere dei controlli, prende spunto proprio dall’Unione Europea, che consente diautocertificare il momento in cui una materia cessa di essere rifiuto e può essere riutilizzata.Data la delicatezza degli argomenti, il CdS ha condizionato il via libera all’introduzione di qualche chiarimento in più su cosa si intende per normale pratica industriale e di ulteriori controlli randomizzati per accertare che il materiale abbia la natura di sottoprodotto e non di rifiuto.
Passaggio tra vecchie e nuove norme sulle terre da scavo
Per gli interventi in corso ai sensi del DM 161/2012 e dell’articolo 41 bis del Decreto del Fare (DL 69/2013) è previsto che possa essere applicata la nuova procedura se entro 180 giorni dall’entrata in vigore del nuovo decreto sia presentato un altro piano di utilizzo, adeguato alla normativa aggiornata.Per il Consiglio di Stato in questo modo si creerebbero incertezze interpretative e si darebbe ai singoli la possibilità “inopportuna” di decidere quale norma applicare.
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