Il Tar Piemonte spiega l’estensione dei titoli abilitativi e delle convenzioni precedenti all’entrata in vigore del decreto del Fare
01/09/2015 - Prima di dichiarare la decadenza del permesso di costruire, i Comuni devono valutare se è intervenuta la proroga dei titoli abilitativi prevista dal Decreto del Fare. Lo ha stabilito il Tar Piemonte con la sentenza 1304/2015.Nel caso preso in esame, una società di costruzione era subentrata nella convenzione edilizia stipulata il 28 febbraio 2006 dal Comune con i proprietari di alcune aree per la costruzione di undici villette residenziali. Con permesso di costruire del 29 settembre 2008, il Comune aveva autorizzato la realizzazione di sei unità immobiliari.
Su richiesta dell’impresa, il Comune aveva prorogato il termine per l’inizio dei lavori al 29 settembre 2010 e la formale comunicazione di inizio lavori era stata trasmessa al Comune il 21 settembre 2010. Dato che la costruzione delle sei villette era stata interrotta e ripresa soltanto nel mese di agosto 2013, l’impresa aveva chiesto al Comune la proroga del termine di conclusione dei lavori, ai sensi dell’articolo 30 del Decreto del Fare (DL 69/2013).
Il Comune aveva però respinto l’istanza di proroga dichiarando la decadenza del permesso di costruire.
Il Tar ha accolto il ricorso ricordando che il comma 3 dell’art. 30 dispone che “Salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del decreto. È importante comunque che si tratti di titoli abilitativi in corso e non già scaduti
I giudici hanno ricordato che il decreto ha prorogato di tre anni il termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia e ha stabilito che i termini di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni.
Si tratta quindi di proroghe automatiche, che non necessitano di un recepimento espresso.
È stata invece respinta la richiesta di risarcimento del danno avanzata dall’impresa perché l’imperfetta formulazione della normativa costituisce una giustificazione per l’errata interpretazione del Comune.
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