domenica 13 aprile 2014

l'elettricità e le bollette poco trasparenti, i tentativi di truffa delle aziende erogatrici

La trasparenza impossibile
Siamo tutti fulminati
dalle bollette elettriche
CATTIVE NOTIZIE
La famiglia media italiana spende
512 euro l’anno per la luce,
ma solo il 38 per cento della cifra
è legata al consumo effettivo
Tutto il resto (circa 300 euro)
si paga per tasse, accise e balzelli
molto difficili da individuare
Sta di fatto che ogni anno
gli italiani si ritrovano in fattura
14 miliardi di contributi parafiscali
e altri 9 miliardi di tasse
UTENZE-2
TRADUZIONE PER TARTASSATI
Dovrebbe essere semplice: c’è un prezzo, una quantità e un costo finale. Chi
più consuma, più spende. E invece non è mai così lineare. Il nostro viaggio
nell’imperscrutabile mistero dei conti bimestrali, dal gas all’a c qu a
di Alessio Schiesari Quanto vale l’e l e ttricità
consumata
dalla famiglia-tipo
italiana in un
anno? Circa 200
euro, meno del 40
per cento della bolletta. Tutto il resto
(la spesa media è di 512 euro)
sono tasse, accise, contributi e oneri
parafiscali. C’è un obolo per i petrolieri
e un altro per le ferrovie, uno
per le aziende che consumano
troppo e un altro per
le centrali inutilizzate. E
poi ancora: il contributo
per abolire l’Imu, quello
per lo smaltimento delle
centrali nucleari e una caterva
di milioni per fotovoltaico,
eolico e scarti delle
raffinerie. Nella bolletta
che le famiglie ricevono
questi costi sono mascherati:
si pagano, ma non sono
scritti da nessuna parte. Per
semplificare, dicono le
aziende. O forse perché, se
tutti i balzelli fossero esplicitati,
gli utenti si renderebbero
conto che pagano
ogni anno 14 miliardi di
contributi parafiscali e altri
9 miliardi di tasse: quanto
una manovra finanziaria
lacrime e sangue. Nei prossimi
mesi arriverà la nuova
bolletta elettrica (che vi
mostriamo qui accanto),
un po’ più trasparente.
Servizi di vendita:
un affare da 600 milioni
Questa voce (49,43 per cento
del totale della bolletta)
corrisponde al prezzo pagato
per l’energia elettrica. O,
almeno, dovrebbe essere così.
In realtà viene conteggiato
in questa sezione anche il
cosiddetto servizio di interrompibilità
che vale 469 milioni
di euro l’anno. Per capire
di che si tratti bisogna
tornare al black out del
2003, quando la caduta di un
albero su un traliccio lasciò
l’Italia al buio per mezza
giornata. Quel tronco continua
a costare alle famiglie
469 milioni di euro l’anno. Da allora,
Terna e il governo selezionano una
lista di grandi consumatori di elettricità
che, in caso di nuovo black out,
rinunceranno a ricevere elettricità
per il tempo indicato dal gestore di
rete. Il dato su quante volte sia stato
necessario ricorrere a questa misura
di emergenza è tenuto segreto. In
cambio, si sa che le aziende “i n t e rrompibili”
vengono lautamente
compensate da oltre un decennio.
Non solo: nel 2010 al servizio di interrompibilità
si è aggiunto quello di
super-interrompibilità, che costa altri
136 milioni di euro per coprire
anche Sicilia e Sardegna. Dentro ai
servizi di vendita troviamo anche il
cosiddetto capacity payment: un contributo
da 150 milioni l’anno che finanzia
le centrali mentre funzionano
a vuoto, perché i consumi calano
e la produzione da rinnovabili è in
crescita. Assoelettrica, con in testa la
disastrata Sorgenia di Carlo De Benedetti,
da mesi batte cassa chiedendo
di alzare il contributo.
Oneri di sistema, l’abolizione Imu
e gli scarti di raffineria ecologici
Questo capitolo, che pesa per più di un
quinto (21,43 per cento) sulla bolletta ed
è raddoppiato negli ultimi tre anni, oggi
è “nascosto” dentro ai servizi di rete, cioè
le spese per cavi, tralicci e tutte le altre
infrastrutture necessarie a trasportare
l’elettricità. Ogni contributo (sono tantissimi)
corrisponde a uno sconto per
una lobby, o un amico di un amico, che
viene finanziato da maggiorazioni sulle
bollette. Dentro ci si trova di tutto: la voce
di gran lunga più pesante è quella per
gli incentivi a fonti rinnovabili e assimilate
che costa a ogni utente 93 euro l’an -
no. Le rinnovabili sono (prevalentemente)
eolico e solare. All’interno dello
stesso contributo “ecologico” si trovano
le fonti assimilabili, cioè termovalorizzatori
e impianti che producono energia
bruciando gli scarti delle raffinerie. L’ul -
timo balzello in ordine di tempo e per gli
sconti agli energivori, ovvero tariffe agevolate
per le imprese manufatturiere che
consumano molta elettricità. Si potrebbe
obiettare che, se il risparmio energetico
è un obiettivo, non ha senso chiedere
alle famiglie di pagare la bolletta alle industrie
che consumano di più. Ma non è
tutto. Negli ultimi mesi sono stati presentati
al Tar una raffica di ricorsi: supermercati,
compagnie telefoniche,
Ikea, tutti pretendono una fetta della torta.
Anche le ferrovie (sia Italo che Trenitalia)
hanno reclamato la loro parte.
Eppure le strade ferrate di Rfi ricevono
già una sconto: è stato approvato nel
1963 in occasione della privatizzazione
delle industrie elettriche ed è ancora in
vigore. Ci sono poi i costi per lo smantellamento
delle centrali nucleari spente
che si continueranno a pagare fino al
2021: 149 milioni di euro solo l’anno
scorso. Da questo fondo, grazie alla finanziaria
2006 di Giulio Tremonti, lo
Stato “preleva” altri 100 milioni l’anno.
Come vengano spesi non si sa. L’abitu -
dine di considerare la bolletta un bancomat
è stata ripresa dal governo Letta,
che ha introdotto un prelievo straordinario
di 300 milioni per finanziare l’abolizione
Imu.
Addizionali e Iva
meno consumi, più paghi
Oltre ai tanti prelievi fiscali disseminati
tra le precedenti voci, c’è una sezione
della bolletta dedicata ad accise
e imposte sui consumi. Per l’e l e t t r i c ità,
come per il gas, l’Iva si paga anche
sulle accise: una vera e propria tassa
sulla tassa. Inoltre le accise sono inversamente
proporzionali ai consumi:
una famiglia costretta a vivere in
un piccolo appartamento paga una
quota di tasse superiore al proprietario
di una villa con piscina.


CI VUOLE IL TECNICO
7 mila euro per il monolocale da 22 metri quadrati”
RITROVARSI con la cassetta
della posta intasata dalle
bollette: otto conguagli in 32
giorni, totale da pagare
7.501,33 euro. Lucia Petromarchi
è una pensionata romana
e proprietaria di un appartamento
in centro. Appartamento,
in realtà, è una
parola grossa: si tratta di un
monolocale di 22 metri quadrati.
Lucia lo usa per ospitare
i suoi amici e quelli del
figlio. Per il resto non ci vive
nessuno. Eppure, secondo
Enel, in quei 22 metri quadrati
è stata consumata l’elettricità
sufficiente per fare
funzionare un ristorante.
La sua disavventura inizia a
settembre 2010, quando
cambia compagnia elettrica
e passa da Acea a Enel. Le
bollette che riceve per il successivo
anno e mezzo sono
nella norma: 50, 55, al massimo
60 euro a bimestre. A
fine 2012 trova un inquilino
per l’appartamento che decide
di cambiare nuovamente
gestore e si intesta il contratto.
Il tecnico di Acea si
porta via il vecchio contatore
e fa firmare a Lucia un modulo
pieno di numeri. La raffica
di bollette “p a zze ” a r r i va
solo successivamente, a inizio
2013, quasi due anni dopo
i presunti consumi. Stando
alla legge Lucia può perfino
considerarsi fortunata:
l’azienda elettrica ha cinque
anni di tempo per inviare la
bolletta. Pazienza se, come
nel caso di Lucia, intanto il
cliente ha cambiato contratto
e non può fare nessuna
verifica: “Vada a parlare con
Acea, sono loro che gestiscono
i contatori a Roma. Il
suo ce l’hanno loro”, le spiega
l’impiegata del centro
clienti Enel. Sì, ma i 7.501 euro
a Lucia non li sta reclamando
Acea, ma una società
di riscossione incaricata
da Enel. “Molte di queste
aziende chiamano a casa alle
dieci di sera per spaventare
gli anziani e spingerli a
pagare ”, continua l’impiegata.
Lucia, grazie a un avvocato,
è riuscita a sospendere la
riscossione. Ora sta cercando
di rintracciare il vecchio
contatore per capire come
sia possibile che abbia conteggiato
così tanto.

il fatto quotidiano 13 aprile 2014

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