La legge in arrivo, che imporrà ai magistrati un ordine di priorità nell’abbattimento degli edifici abusivi - e farà mettere in coda i manufatti «stabilmente abitati», che così in buona sostanza non verranno abbattuti mai - trova contrari innanzitutto i magistrati che dovrebbero far eseguire quelle demolizioni. Un anno fa andarono in delegazione in Parlamento, convocati alla commissione Giustizia della Camera dove era in corso un’indagine conoscitiva, e dissero chiaramente che una legge del genere avrebbe avuto l’effetto opposto a quanto i politici si prefiggevano. Tra loro c’era il procuratore generale di Napoli, Luigi Riello.
Perché la legge non funzionerà, dottor Riello?
«Guardi, il motivo è squisitamente tecnico: se si irrigidiscono i criteri di priorità con una legge (oggi ci sono delle circolari interne alle singole procure) si apre la via a un contenzioso enorme. Appellandosi a una legge, gli avvocati faranno giustamente il loro dovere che è quello di tentare ogni strada per impedire la demolizione dell’immobile del proprio assistito. Questi casi si chiamano “incidenti di esecuzione”. Per banalizzare, ogni avvocato dirà: perché demolite casa al mio cliente e non a quell’altro? È stato verificato che l’ordine di priorità è stato rispettato? Sono stati controllati bene tutti i criteri? I quali criteri, mi si permetta di dirlo, mi sembrano evanescenti».
E ovviamente nel frattempo le demolizioni non possono partire.
«Ovviamente. L’esperienza ci dice che avremo una proliferazione di “incidenti di esecuzione”. Ora, anche noi, come in tanti altri uffici giudiziari, alla procura generale di Napoli ci eravamo dati dei criteri di priorità. Ma con una circolare interna. E avevamo fatto questa scelta non per non fare questa o quella demolizione, ma esclusivamente per coordinarci meglio».
Quindi?
«Come magistrati, è inutile dire che rispetteremo la legge qualunque essa sarà. Però in Parlamento avevamo spiegato che non è sbagliato darsi dei criteri in sé, anzi in astratto li posso condividere, ma l’errore è irrigidirli con una norma di legge. Per dirla tutta, il rischio che anziché accelerare le demolizioni, si possa rallentare l’intero processo. Invece si dovrebbe lasciare alla magistratura il compito di graduare “cum grano salis”. Lo sappiamo tutti che ci sono situazioni di vulnerabilità con il cosiddetto “abusivismo di necessità” da valutare attentamente. Ecco, con una legge, pur volendo tutelare il piccolo abuso di necessità rispetto all’ecomostro, a dispetto anche delle intenzioni, il rischio è di avere l’effetto opposto».
Napoli sembra essere la capitale dell’abusivismo. Pende un’infinità di ordini di demolizione già esecutivi.
«Ci rendiamo conto che a Napoli e in realtà omologhe la situazione è difficile con tutte queste demolizioni che abbiamo a carico. Ma i numeri sono analoghi a quelli dei processi».
È vero anche che si nota un’inversione di tendenza? Vedendo le prime case abbattute, stanno aumentando sul serio le autodemolizioni?
«Sì, quando tutto è perduto, e si avvicina il momento di far scendere in campo lo Stato, per evitare che poi arrivi un conto salatissimo, molti abusivi decidono di demolire da sé. Lo fanno per risparmiare. È una decisione puramente economica».
Se però l’arrivo di una nuova legge ridarà fiato alla speranza, e gli avvocati si avventeranno con i contenziosi, dovremo anche dire addio alle autodemolizioni degli abusivi?
«E’ evidente quale sarà l’effetto psicologico della situazione che si andrà a determinare. Oggi, al termine della procedura, che pure è faticosissima, c’è la certezza della pena, cioè della demolizione. Un domani subentrerà l’incertezza dell’ultimo ricorso. Indubbiamente ci sarà un effetto negativo». http://www.lastampa.it/2017/04/17/italia/cronache/agfsdgf-gfdsgfdgfd-AGjhOQEpz7v2wTJT5pcyJL/pagina.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter
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