Fu una battaglia, ma alla fine la prima delle 600 demolizioni disposte dalla Procura di Napoli arrivò: era il 16 maggio 2009. A finire sbriciolato fu un soppalcone in cemento e mattoni di 80 metri quadrati nella frazione Terone, comune di Barano. L’immobile era stato costruito nel 1998 e non aveva beneficiato del condono edilizio perché inattuabile sull’isola, area sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico. Il lunedì successivo gli allora sindaci dell’isola, più quello di Procida, si erano riuniti nella sede del comune di Casamicciola minacciando le dimissioni: “Vogliamo – spiegavano – richiamare l’attenzione del governo affinché il terzo condono edilizio (quello del 2003 varato dal governo Berlusconi, ndr) abbia efficacia sulle isole del Golfo di Napoli”. Dove secchio, cazzuola e betoniera sono gli strumenti di una redditizia liturgia praticata soprattutto nottetempo, che ha quasi del religioso e che ha eretto in 35 anni qualcosa come 135mila vani in calcestruzzo.
La lotta era appena cominciata. Il ricordo delle frana che il 30 aprile 2006 interessò un’area in cui sorgevano circa 200 “abusi di necessità” e costò la vita a 4 persone era già lontano. Il 26 gennaio 2010 erano arrivati i cortei in strada. Qualche migliaio di ischitani, con in testa il il sindaco di Lacco Ameno Restituta Irace, sfilavano a Casamicciola sventolando al sole striscioni eloquenti: “Basta con gli abbattimenti delle prime case. Rivendichiamo il diritto alla casa e la sua condonabilità anche col terzo condono edilizio nelle aree vincolate”, gridavano inveendo contro il governo Berlusconi, reo di non aver ancora varato un decreto legge ad hoc. Un’altra manifestazione organizzata alla pineta del Castiglione metteva, per converso, nel mirino il provveditorato alle opere pubbliche della Campania che, abbattendo 80 pini, aveva dato il via alla costruzione di una caserma (approvata dal piano territoriale paesaggistico del 1999) destinata al corpo forestale.
Il 25 luglio 2010 la protesta faceva un salto di qualità: in piena stagione turistica, il Comitato per il diritto alla casa riusciva a portare in strada un migliaio di persone in un corteo che, partito alle 19,30 da Lacco Ameno, si concludeva alle 23,30 a Piazza Antica Reggia nel Comune di Ischia, paralizzando per 4 ore il traffico e gli spostamenti di migliaia di turisti. Gli isolani erano furiosi perché il 23 marzo, a 6 giorni dalle Regionali, il governo Berlusconi li aveva sedotti approvando un decreto legge che bloccava le demolizioni in Campania e poi, vinte le elezioni con Stefano Caldoro, e li aveva abbandlasciando che il testo si fermasse alla Camera grazie anche alle assenze tra i banchi della maggioranza. Le proteste, i cortei e le fiaccolate continuavano ma la mano salvifica del terzo condono sull’ufficio del catasto di Ischia non si posava. E continua tutt’oggi a non posarsi.
Così prime, seconde case, poi gli alberghi, poi i ristoranti venuti su come funghi in un paio di notti senza licenza continuano a essere abusivi. Una cementificazione che gli abitanti difendono coltello tra i denti e carta bollata alla mano: “Solo per il Comune di Ischia sono state presentate 7.235 domande di condono in 30 anni – Sandro Simoncini, ingegnere e docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale alla Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA – 4.408 delle quali risultavano ancora da evadere ad aprile dello scorso anno: molte di queste si riferiscono ad abusi che non possono essere sanati e che quindi, qualora le istanze fossero esaminate, sfocerebbero in ordinanze di demolizione. Senza dimenticare – prosegue Simoncini – che ciò significa anche che migliaia di edifici sono sprovvisti dell’agibilità e delle altre certificazioni”. di Marco Pasciuti | 22 agosto 2017 http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/22/sisma-ischia-600-case-da-abbattere-e-27mila-pratiche-di-condono-e-dal-2009-gli-isolani-si-battono-contro-le-demolizioni/3809884/
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