Sono trascorsi soltanto pochi mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Comunitaria 2008, che, come noto, ha previsto l’abrogazione delle disposizioni sul valore normale, nell’ambito degli accertamenti immobiliari. Sono, però, già giunti i primi attesi pronunciamenti dei giudici che sentenziano a favore del carattere retroattivo di tali abrogazioni, che esplicherebbero pertanto effetti anche sui procedimenti pendenti. Nello scritto, dopo aver illustrato l’evoluzione del quadro normativo di riferimento, viene analizzata la sentenza con la quale la CTP di Milano ha accolto il ricorso di una società accertata nel 2008 sulla base del valore normale dell’immobile ceduto anni prima.
La Comunitaria 2008 è ormai da alcuni mesi approdata in Gazzetta Ufficiale . Sebbene tale legge abbia apportato innumerevoli novità in ambito fiscale, quella sicuramente più gradita dai contribuenti è l’abrogazione delle disposizioni, approvate appena tre anni prima, sugli accertamenti immobiliari fondati sul solo scostamento tra prezzo dichiarato nel rogito notarile e valore normale individuato dalle quotazioni Omi . Recentemente si sono manifestati gli effetti di tali abrogazioni, la cui dimostrazione più immediata è insita nelle sentenze che verranno illustrate nel prosieguo. Appare opportuno, però, preliminarmente, ripercorrere in breve l’evoluzione della normativa di riferimento.
L’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO
Le consistenti modifiche alla normativa sugli accertamenti immobiliari sono state operate inizialmente con l’approvazione del D.L. 223/2006 , convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, numero 248. L’articolo 35 di tale disposizione, stabiliva, al comma 3, che: “Nel primo comma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, alla lettera d), dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'infedeltà dei relativi ricavi viene desunta sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»”, e al comma 2 che “Nel terzo comma dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova di cui al precedente periodo s'intende integrata anche se l'esistenza delle operazioni imponibili o l'inesattezza delle indicazioni di cui al secondo comma sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 14 del presente decreto.»”. Come si può notare, il testo inserito negli articoli preesistenti era pressoché uguale per entrambi i decreti – imposte dirette ed Iva – ma, mentre nell’articolo 39 è stato correttamente posto nell’ambito dell’accertamento analitico-induttivo, nell’articolo 54 è stato invece introdotto in una posizione tale per cui risultasse tra le rettifiche di tipo analitico, o più tecnicamente, tra quelle rettifiche effettuabili allorquando l’esistenza di operazioni imponibili risultasse “in modo certo e diretto”, e non in via presuntiva, da verbali questionari, etc. Autorevolissimi osservatori non mancarono di notare, fin da subito, che una simile impostazione non avrebbe potuto che rivelarsi non corretta, atteso che la prova certa e diretta, prevista dall’articolo 54, comma 3, del d.P.R. 633/1972 non potesse certamente essere costituita da un valore stimato, quale quello normale degli immobili, che, come si vedrà nel prosieguo, era costituito da una stima basata sui dati O.M.I. Inoltre, la disposizione inserita in sede di conversione del DL 223/2006, ovvero il comma 23-bis dell’articolo 35, disponeva che per i trasferimenti immobiliari soggetti ad Iva e finanziati tramite mutui fondiari o finanziamenti bancari, il valore normale non potesse essere inferiore all’ammontare del mutuo o del finanziamento erogato. Dinnanzi ad un siffatto quadro normativo, sarebbe stato possibile, per gli Uffici, incorrere in una diversa determinazione del valore normale a seconda del criterio utilizzato per il suo calcolo. Così, per uniformare l’operatività dell’Amministrazione Finanziaria, nell’ambito della corretta determinazione del valore normale degli immobili, venne emanato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 27 luglio 2007 , che disponeva che “[…] i criteri utili per la determinazione periodica del valore normale dei fabbricati […] sono stabiliti sulla base dei valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio […]” . I dati dell’O.M.I. hanno così costituito, in questi ultimi anni, i valori normali utilizzati dagli Uffici per le rettifiche delle dichiarazioni dei contribuenti. In sostanza, il quadro normativo era tale per cui il solo scostamento tra il prezzo dichiarato in atto, per la compravendita dell’immobile, ed il suo valore normale era sufficiente a legittimare l’accertamento analitico-induttivo sulla base del valore normale, in quanto tale divergenza costituiva, ex lege, presunzione grave, precisa e concordante di attività non dichiarate ex articolo 39, comma 1, lettera d), del DPR 600/1973; mentre ai fini Iva, tale scostamento avrebbe dovuto integrare la prova certa e diretta di operazioni imponibili non dichiarate ex articolo 54, comma 3, del DPR 633/1972 . Era evidente, tuttavia, che un simile contesto normativo non avrebbe potuto persistere a lungo, non tanto per le disposizioni in tema di imposte dirette, legittimamente adottate dal governo italiano di quel tempo, quanto piuttosto per quelle sull’Iva: il legislatore nazionale, infatti, non aveva ancora compreso che su tale imposta armonizzata in ambito UE non aveva più quel potere decisionale a cui era abituato. Le prime censure di incompatibilità della nuova normativa Iva con le direttive europee non tardarono così ad arrivare. Sino a quando l’Associazione Dottori Commercialisti presentò una denuncia formale di tali disposizioni nazionali alla Commissione Europea , la quale inviò prontamente all’Italia una lettera di messa in mora per l’accertata incompatibilità delle norme incriminate con gli articoli 73 e 80 della Direttiva Iva . Il Legislatore della Legge Comunitaria 2008 si affrettò così ad abrogare quelle disposizioni che la UE aveva ritenuto incompatibili. Ma non solo. Probabilmente per ragioni di uniformità delle disposizioni sull’accertamento delle varie imposte, abrogò anche le analoghe norme in tema di imposte dirette. Sostanzialmente erano state espunte dall’ordinamento tutte quelle disposizioni di legge introdotte appena tre anni prima con il DL 223/2006 . Si tornava così normativamente al passato, come autorevoli osservatori commentarono . Il solo scostamento del prezzo dichiarato dal valore normale non sarebbe più bastato a legittimare l’accertamento analitico-induttivo, ma sarebbero stati necessari altri elementi per integrare complessivamente una presunzione grave, precisa e concordante di un maggior imponibile non dichiarato. Tale situazione è quella che ad oggi risulta ancora in essere. Si consideri, allora, a titolo esemplificativo, la seguente tabella:
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge Comunitaria 2008, è subentrato, però, il problema degli accertamenti e del contenzioso attualmente in essere . Autorevoli osservatori hanno prontamente commentato che, così come l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto, in occasione dell’entrata in vigore del DL 223/2006, che le disposizioni da esso recate fossero di carattere procedimentale e pertanto applicabili retroattivamente , allo stesso modo, l’abrogazione di quelle stesse disposizioni procedimentali, avvenuta ad opera della Comunitaria 2008, avrebbe dovuto avere effetti retroattivi, tali da comportare l’annullamento in autotutela, da parte dell’Agenzia delle Entrate, degli atti già notificati ed, in caso di contenzioso, l’estinzione dei giudizi pendenti. A distanza di diversi mesi dalla Comunitaria 2008, chiarimenti ufficiali dell’Amministrazione Finanziaria, su tale importante tema, non ne sono giunti, ma sono invece state emesse le prime attese sentenze che stabiliscono l’effetto retroattivo delle succitate abrogazioni.
LA SENTENZA DELLA CTP DI MILANO DEL 8 OTTOBRE 2009, NUMERO 292.
Una società riceveva il 13.11.2008 un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate, con il quale l’Ufficio di Milano 2 rettificava la dichiarazione del contribuente, sia ai fini dell’imposta sul reddito che Iva, applicando ad un cessione immobiliare, effettuata da tale società nel 2001, il valore normale dell’immobile, che risultava essere più elevato del prezzo dichiarato in atto, prevenendo così ad un maggior reddito imponibile. La società ricorreva allora alla Commissione tributaria provinciale di Milano avverso l’atto impugnato, con diversi motivi di censura, che si possono sostanzialmente sintetizzare nell’asserita illegittimità dell’avviso di accertamento per aver fatto ricorso ad una disposizione normativa, che regola l’accertamento tributario, - articolo 35, commi 2 e 3 del DL 223/2006 – per la quale è intervenuta l’abrogazione ad opera della legge 88/2009 (Comunitaria 2008) e comunque incompatibile con la Direttiva UE 2006/112CE sull’Iva, e la cui applicazione sarebbe, pertanto, incostituzionale per violazione dell’articolo 3 della Costituzione. I giudici milanesi, occupandosi del primo motivo di ricorso testé esposto, hanno affermato che “L’intervenuta legge n. 88 del 7 luglio 2009 all’art. 24 ha abrogato la parte dell’art. 54, comma 2, del DPR 633/1972 nelle modificazioni introdotte dall’articolo 35, comma 2, del DL 223/2006, che consentivano all’Agenzia delle Entrate di provare l’intervenuto occultamento di imponibile con riferimento ad operazioni di cessioni immobiliari sulla base dello scostamento tra il “valore normale” OMI dei beni ed il corrispettivo dichiarato in atto di trasferimento. Detto art. 24 legge 88/2009 è conseguente alla richiesta della Commissione CE all’Italia di abrogare le previsioni normative ritenute incompatibili con gli artt. 73 e 80 della Direttiva Iva. Pertanto il motivo dell’accertamento fondato sul richiamo all’art. 35 del DL 223/2006 va disatteso per intervenuta disposizione legislativa che il Collegio ritiene attinente anche ad atti precedenti la promulgazione della nuova legge 88/2009”. La Commissione tributaria provinciale di Milano ha ritenuto, quindi, che l’abrogazione delle disposizioni sul valore normale, nell’ambito degli accertamenti immobiliari, avvenuta ad opera della Comunitaria 2008, abbia, in realtà, effetti retroattivi sugli atti impositivi notificati prima della sua approvazione, che risultano così annullabili, come nel giudizio in oggetto. Autorevoli osservatori , peraltro, hanno commentato che una decisione in senso contrario non sarebbe, comunque, stata possibile, atteso che la disposizione sul valore normale poi abrogata, per quanto concerne l’Iva, è incompatibile con la Direttiva UE e, pertanto, inapplicabile nell’ordinamento in quanto contrastante con le prevalenti disposizioni comunitarie . Nondimeno occorre ricordare che la stessa Agenzia delle Entrate aveva affermato, nella sua circolare 11/E del 2007, che le disposizioni del DL 223/2006 avevano natura procedimentale e, pertanto, gli effetti dovevano intendersi retroattivi. Allo stesso modo, l’abrogazione di quelle stesse disposizioni procedimentali dovrebbe considerasi, pertanto, retroattiva. Inoltre, anche se i giudici milanesi non si sono pronunciati su questo aspetto, considerare non retroattiva l’abrogazione di tali disposizioni provocherebbe una disparità di trattamento tra contribuenti accertati prima e dopo il 29 luglio 2009, quando è entrata in vigore la legge abrogativa. Ciò, come osservato dalla difesa della società ricorrente, costituirebbe un’inaccettabile violazione dell’articolo 3 della Costituzione . In conclusione, parrebbe pertanto che l’abrogazione, ad opera della legge 88/2009, delle disposizioni sul valore normale, nell’ambito degli accertamenti immobiliari, esplichi effetti retroattivi, tali da legittimare una richiesta di annullamento in autotutela per gli atti già emessi sulla base di tali disposizioni abrogate, e di provocare l’annullamento degli atti impositivi qualora fosse già in essere il processo tributario. Per completezza d’analisi, è infine il caso di segnalare che, anche nel procedimento penale, l’accertamento immobiliare sulla base del valore normale ha incontrato i primi giudizi sfavorevoli. Infatti, il Gip del Tribunale di Aosta, con il decreto del 17 agosto 2009, ha deciso che lo scostamento tra il prezzo dichiarato nell’atto di compravendita immobiliare e il valore normale dell’immobile oggetto di cessione, identificato, nel caso esaminato, con la somma erogata a titolo di mutuo, non può integrare il reato di infedele dichiarazione .
Alessandro Borgoglio
http://www.businesspass.it/approfondimenti/ACCERTAMENTI-IMMOBILIARI-PRIME-SENTENZE-CONTRO-IL-VALORE-
sabato 26 dicembre 2009
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