Consiglio di Stato: il Comune può annullare il permesso solo per motivi di interesse pubblico adeguatamente motivati
Un titolo abilitativo in sanatoria può essere annullato a distanza di tempo, ma solo se c’è un oggettivo interesse pubblico da tutelare. Il Comune deve obbligatoriamente motivare la sua decisione, assumendosene tutte le responsabilità.È arrivato a questa conclusione il Consiglio di Stato, che con la sentenza 8/2017 ha affermato che l’esigenza di combattere l’abusivismo edilizio deve essere bilanciata dalla tutela dei diritti acquisiti.
Abusi edilizi, sanatoria e responsabilità dell’Amministrazione
Secondo i giudici, quando un Comune rilascia un titolo abilitativo in sanatoria deve condurre degli accertamenti preventivi, verificando che la presenza del manufatto sanato non vìoli l’interesse pubblico e che la documentazione presentata per la richiesta della sanatoria sia completa e veritiera.Se commette degli errori che lo portano a rilasciare una sanatoria quando invece avrebbe dovuto negarla, non può semplicemente revocare l’atto emesso anni prima. Per farlo deve dimostrare la presenza di un interesse pubblico “leso” e rispondere degli errori di valutazione.
Lotta all’abusivismo e tutela degli interessi privati
Il CdS ha sposato la causa del “giusto equilibrio tra il ripristino della legalità violata” e la conservazione dei diritti acquisiti sulla base della sanatoria edilizia che poi è risultata illegittima, considerando anche il tempo trascorso tra il rilascio della sanatoria e quello dell’annullamento“Non si tratta – scrivono i giudici - di negare l’evidente esigenza di un deciso contrasto al grave e diffuso fenomeno dell’abusivismo edilizio, che deve essere fronteggiato con strumenti efficaci e tempestivi e con la piena consapevolezza delle gravi implicazioni che esso presenta in relazione a svariati interessi di rilievo costituzionale, quali la salvaguardia del territorio e del paesaggio, nonché la tutela della pubblica incolumità”.
Occorre però, puntualizzano, responsabilizzare le Amministrazioni all’adozione di una condotta chiara e lineare basata sul diniego “ex ante” delle istanze infondate, quindi sull’esame scrupoloso delle pratiche di sanatoria.
In altre parole, secondo il Consiglio di Stato, l’Amministrazione non può effettuare una valutazione superficiale e poi, dopo essersi accorta dell’errore commesso, annullare l’atto senza nessuna giustificazione.
L’abusivismo edilizio, si legge nella sentenza, va combattuto anche ex post. Per questo le Amministrazioni possono motivare in modo sintetico le ragioni di interesse pubblico sulla base delle quali intendono annullare le sanatorie rilasciate illegittimamente o per errore. Non si può invece deresponsabilizzare le Amministrazioni, consentendo loro di annullare gli atti emanati senza nessuna motivazione.
Diverso è il caso in cui l’Amministrazione abbia emanato l’ordine di demolizione di un’opera mai sanata. Anche se l’ordine arriva dopo molti anni dalla realizzazione, è legittimo e non deve essere motivato.
Abusivismo e sanatoria edilizia, il caso
Nel caso preso in esame, i proprietari di tre fabbricati destinati a capannoni e guardiania avevano realizzato dei lavori con contestuale cambio di destinazione d’uso trasformandoli in cinema e bar/rosticceria.Alcuni lavori erano stati realizzati senza permesso e i proprietari avevano in seguito ottenuto il titolo abilitativo in sanatoria. Dopo circa nove anni, il Comune si era accorto che nella documentazione presentata per ottenere la sanatoria c’erano delle “falle” e aveva quindi annullato i permessi rilasciati.
Il Tar aveva dato ragione al Comune sostenendo che i proprietari non erano in buona fede e che quindi non si dovesse tutelare il loro interesse. Il CdS ha invece posto l’accento sulle responsabilità che anche la Pubblica Amministrazione deve assumersi e ha confermato la validità del permesso rilasciato in sanatoria anni prima.
Per aggiornamenti in tempo reale su questo argomento segui la nostra redazione anche su Facebook, Twitter e Google+© Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento