sabato 23 luglio 2011

i coefficienti moltiplicatori rendita catastale per imposta registro

La legge finanziaria per il 2005 tenta di costruire un argine verso il diffuso malcostume di occultare in tutto o in parte la base imponibile discendente dai contratti di locazione, e quindi sia ai fini dell'imposta di registro sia ai fini Ire. Ma creando una incredibile serie di complicazioni: l'utilizzo del sistema dei "valori catastali" ha infatti effetti imprevisti e, per la stessa casa, il "valore catastale" può cambiare sensibilmente.

L'imposta di registro. Il comma 341 dispone che non è soggetto ad accertamento il canone di locazione relativo a immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, che risulti dal contratto in misura non inferiore al 10% del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, della legge di registro (Dpr 131/1986), vale a dire il prodotto che risulta dalla moltiplicazione della rendita catastale per i noti coefficienti di rivalutazione. L'Irpef. Il comma 342 dispone, in tema di accertamento delle imposte sul reddito dei fabbricati, che non si procede ad accertamento se i redditi di fabbricati derivanti da locazione siano stati dichiarati in misura non inferiore ad un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto (ridotto del 15 per cento) e il 10% del valore dell'immobile; quest'ultimo non è il valore venale, ma il valore sempre determinato mediante l'applicazione dell'articolo 52, comma 4, del Dpr 131/1986.

Contratti «concordati». Il comma 343 dispone che le norme appena riferite non si applicano ai contratti di locazione stipulati con il sistema dei «contratti concordati».

Il «valore catastale». Il sistema di valutazione catastale dei beni immobili serve a stabilire un valore dell'immobile che il fisco non possa contestare. Vediamo dunque come si procede al calcolo della valutazione automatica, su cui si applicherà poi il 10% (si veda l'altro articolo nella pagina). Anzitutto si prende in considerazione la rendita catastale attribuita ad un determinato bene immobile; poi si rivaluta detta rendita (legge 662/96) del 5 per cento (per la rendita catastale dei fabbricati) oppure del 25 per cento (per i redditi dominicali dei terreni); da ultimo si moltiplica il prodotto così ottenuto con i coefficienti moltiplicatori dettati dal Dm del 14 dicembre 1991: 75 per i terreni; 34 per i fabbricati C/1 (i negozi) ed E; 50 per i fabbricati A/10 (uffici) e D (opifici); 100 per tutti gli altri fabbricati e, quindi, in particolare, per le abitazioni. Ma è proprio qui che nascono i problemi. Perché con la Finanziaria 2004 (legge 350/2003) è stato disposto (ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e quindi né ai fini Iva, né ai fini Ici e Irpef/Ires), proprio l'aumento dei moltiplicatori delle rendite catastali, e precisamente una loro rivalutazione del dieci per cento. Non basta: con la legge 191/2004 (e sempre ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale) è stata sancita (ma solo con riguardo solo a tutti gli immobili diversi dalla «prima casa»), un'ulteriore rivalutazione (elevando il 10% della Finanziaria 2004 al 20 per cento) dei moltiplicatori indicati nel Dm del 14 dicembre 1991.

I nuovi moltiplicatori. Nel concreto, quindi, ora si ha il seguente panorama di «basi imponibili» a seconda della situazione:

a) imposta di registro per locazioni ma anche atti traslativi aventi ad oggetto tutti gli immobili diversi dalla «prima casa»: il «valore catastale» si calcola applicando alle rendite catastali il coefficiente di rivalutazione (del 5% per i fabbricati) e moltiplicando il prodotto così ottenuto con i coefficienti di cui al Dm del 14 dicembre 1991 aumentati del 20 per cento.
Semplificando, per queste locazioni si ottiene il seguente quadro di riferimento:
1)per i terreni, si moltiplica il reddito dominicale (non rivalutato) per 112,50;
2)per i fabbricati C/1 ed E, si moltiplica la rendita catastale per 42,84;
3)per i fabbricati A/10 e D, si moltiplica la rendita catastale per 63;
4)per tutti gli altri fabbricati (quindi per le abitazioni), si moltiplica la rendita catastale per 126;

b)imposta di registro per locazioni e gli atti traslativi aventi invece a oggetto la «prima casa», anche qualora questa, appunto, venga data in locazione: il «valore catastale» si calcola applicando alle rendite catastali il coefficiente di rivalutazione del 5% e moltiplicando il prodotto così ottenuto con i coefficienti di cui al Dm del 14 dicembre 1991 rivalutati però solo del 10 per cento; semplificando, occorre moltiplicare la rendita catastale (non rivalutata) per 115,50;

c)Irpef derivante da locazione (ma anche Iva per gli atti traslativi): la valutazione automatica si calcola applicando alle rendite catastali il coefficiente di rivalutazione (del 5% per i fabbricati) e moltiplicando il prodotto così ottenuto con i soliti moltiplicatori di cui al Dm del 14 dicembre 1991; semplificando, si ottiene il seguente quadro di riferimento:
1)per i fabbricati C/1 ed E, occorre moltiplicare la rendita catastale (non rivalutata) per 35,70;
2)per i fabbricati A/10 e D, occorre moltiplicare la rendita catastale (non rivalutata) per 52,50; 3)per tutti gli altri fabbricati e quindi per le abitazioni, occorre moltiplicare la rendita catastale (non rivalutata) per 105.
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.952641436&chId=30

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