Il Regolamento del lago di Paola, ove prevedesse la navigazione a motore nel lago, sarebbe un atto nullo per incompetenza amministrativa dell’organo che l’ha emanato, cioè il Comune.
Un atto nullo, non anticostituzionale.
La Regione Lazio ha emanato le norme tecniche di attuazione del Piano Territoriale Paesistico n. 13, dove all’art. 28 ha vietato la navigazione a motore nel lago di Paola.
Stiamo parlando di materie paesistiche e ambientali delegate alle Regioni. Lo Stato stabilisce le linee fondamentali e le direttive generali, le Regioni emanano le norme tecniche in tali materie, e non il Comune.
Il divieto di navigazione a motore non può essere derogato né dal Comune, né dal Parco Nazionale del Circeo, né dal Ministero. A tale divieto di navigazione a motore e agli altri divieti prescritti nel P.T.P. n. 13 sono sottoposte proprietà pubbliche e private.
Così, per gli atti nulli del Comune. Se invece fosse lo Stato ad intervenire sulla competenza amministrativa in materia ambientale e paesistica che ha delegato alle Regioni e che quindi non spettano più allo stesso Stato, si raffigurerebbero quegli atti, di nessuna «efficacia legislativa».
Infatti, nel caso che lo Stato invadesse, con eventuali sue norme, la competenza amministrativa delegata alle Regioni, la Corte Costituzionale è competente a riconoscere il conflitto di attribuzioni tra gli Organi dichiarando l’inefficacia legislativa delle norme che invadono la competenza regionale per violazione degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione – sia in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), che al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché del principio di leale collaborazione. Per analogia vedi Sentenza Corte Costituzionale n. 90/2006, http://www.giurcost.org/decisioni/index.html .
Si ricorda che le Regioni possono emanare norme più restrittive, in materia ambientale, di quelle emanate dallo Stato.
http://www.giurcost.org/decisioni/index.html
CORTE COSTITUZIONALE - 23 gennaio 2009 (ud. 14 gennaio 2009), sentenza n. 12.
CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2009, n. 225
lunedì 19 ottobre 2009
domenica 18 ottobre 2009
Tar Lazio motivare cambio destinazione uso PRG
CAMBIO DI DESTINAZIONE D'USO DA MOTIVARE SE DANNEGGIA IL PRIVATO
Sentenza Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Bis, 17 settembre 2009, n. 8946
Anche se in linea generale le scelte urbanistiche operate dall'Amministrazione in ordine alla destinazione delle singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che può evincersi dai criteri generali seguiti nell'impostazione del piano regolatore, un cambiamento di destinazione d'uso di un'area che va ad incidere in senso peggiorativo con sul privato necessita di una spiegazione specifica.
Lo ha affermato la Sezione Seconda Bis del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio che, con la sentenza n. 8946 del 17 settembre 2009, è intervenuta in merito al ricorso presentato contro una deliberazione della Giunta Regionale con cui era stato definitivamente approvato il Piano Regolatore Generale Comunale di un Comune attribuendo all'area in cui è ricompreso il terreno di proprietà del ricorrente la classificazione in sottozona d'espansione C2 (Zona C), la cui edificazione è subordinata alla preventiva approvazione di strumenti urbanistici attuativi.
Sulla base di ciò, i giudici del TAR hanno rilevato l'illegittimità della modifica alla destinazione urbanistica dell'area, operata dall'organo regionale in sede di approvazione del Piano Regolatore Generale, incidente su una posizione di affidamento qualificata in capo al privato (nel caso di specie, la originaria destinazione in zona B) sprovvista di motivazione in ordine alle sopravvenute valutazioni intervenute riguardo la citata modifica. I giudici del TAR, pur riconoscendo la discrezionalità del potere pianificatorio dell'Autorità urbanistica nella disciplina dell'assetto del territorio, ha osservato che costituisce ius receptum il principio secondo cui l'attività discrezionale svolta dall'Amministrazione deve essere, comunque, sorretta da adeguata motivazione, quale presidio essenziale del diritto di difesa del ricorrente e per rendere conto delle scelte effettuate dalla stessa. Nel caso di specie, dagli atti depositati in giudizio dall'Amministrazione resistente non emergono le ragioni per le quali le zone in questione, già classificate "B", non hanno più le caratteristiche richieste né dall'atto impugnato, anche nella parte relativa alle osservazioni proposte dalla ricorrente che hanno determinato la conclusione assunta con la gravata deliberazione.
Sulla base delle predette considerazioni il TAR ha accolto il ricorso con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
A cura di Ilenia Cicirello
[Riproduzione riservata]
http://www.lavoripubblici.it/news/2009/10/catasto/cambio-di-destinazione-d-uso-da-motivare-se-danneggia-il-privato/
Sentenza Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Bis, 17 settembre 2009, n. 8946
Anche se in linea generale le scelte urbanistiche operate dall'Amministrazione in ordine alla destinazione delle singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che può evincersi dai criteri generali seguiti nell'impostazione del piano regolatore, un cambiamento di destinazione d'uso di un'area che va ad incidere in senso peggiorativo con sul privato necessita di una spiegazione specifica.
Lo ha affermato la Sezione Seconda Bis del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio che, con la sentenza n. 8946 del 17 settembre 2009, è intervenuta in merito al ricorso presentato contro una deliberazione della Giunta Regionale con cui era stato definitivamente approvato il Piano Regolatore Generale Comunale di un Comune attribuendo all'area in cui è ricompreso il terreno di proprietà del ricorrente la classificazione in sottozona d'espansione C2 (Zona C), la cui edificazione è subordinata alla preventiva approvazione di strumenti urbanistici attuativi.
Sulla base di ciò, i giudici del TAR hanno rilevato l'illegittimità della modifica alla destinazione urbanistica dell'area, operata dall'organo regionale in sede di approvazione del Piano Regolatore Generale, incidente su una posizione di affidamento qualificata in capo al privato (nel caso di specie, la originaria destinazione in zona B) sprovvista di motivazione in ordine alle sopravvenute valutazioni intervenute riguardo la citata modifica. I giudici del TAR, pur riconoscendo la discrezionalità del potere pianificatorio dell'Autorità urbanistica nella disciplina dell'assetto del territorio, ha osservato che costituisce ius receptum il principio secondo cui l'attività discrezionale svolta dall'Amministrazione deve essere, comunque, sorretta da adeguata motivazione, quale presidio essenziale del diritto di difesa del ricorrente e per rendere conto delle scelte effettuate dalla stessa. Nel caso di specie, dagli atti depositati in giudizio dall'Amministrazione resistente non emergono le ragioni per le quali le zone in questione, già classificate "B", non hanno più le caratteristiche richieste né dall'atto impugnato, anche nella parte relativa alle osservazioni proposte dalla ricorrente che hanno determinato la conclusione assunta con la gravata deliberazione.
Sulla base delle predette considerazioni il TAR ha accolto il ricorso con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
A cura di Ilenia Cicirello
[Riproduzione riservata]
http://www.lavoripubblici.it/news/2009/10/catasto/cambio-di-destinazione-d-uso-da-motivare-se-danneggia-il-privato/
02/09/2009 - È stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 31 del 21 agosto la Legge Regionale 21/2009 dell’11 agosto scorso, recante “Misure straordinarie per il settore edilizio e interventi per l'edilizia residenziale sociale”.
Interventi ammessi: Via libera agli ampliamenti del 20% per gli immobili a uso residenziale con superficie non superiore a mille metri cubi per un massimo di 62,5 metri quadri. Gli immobili dovranno mantenere la propria destinazione d’uso per 10 anni. Sui fabbricati a uso non residenziale per l’artigianato e la piccola industria fino a mille metri cubi è invece possibile effettuare aumenti di cubatura del 10%. Demolizioni e ricostruzioni possono invece essere effettuate con un bonus del 35%. Se vengono realizzate nuove unità immobiliari il 25% deve essere destinato alla locazione a canone concordato.
I premi di cubatura sono aumentati al 35% e al 20% nelle zone a più alto rischio sismico, per favorire gli interventi di messa a norma. Nelle demolizioni e ricostruzioni si può ottenere un bonus del 40% se l’intervento è realizzato sulla base di un concorso di progettazione.
(il testo della legge regionale http://studiogiorgiolibralato.blogspot.com/2009/10/piano-casa-regione-lazio-lr-1189-n-21.html)
Piano Casa, Governo al lavoro sul decreto di semplificazione
Fitto ottimista sulla ripresa del dialogo con le Regioni, promessa a breve la norma di riferimento nazionale
di Paola Mammarella
13/10/2009 - Potrebbe vedere la luce nei prossimi giorni il decreto di semplificazione sul Piano Casa. E' uno degli aspetti emersi nel corso dell'inchiesta condotta dalla trasmissione televisiva “Report” sulla complessità delle procedure di rilascio dei titoli edilizi in Italia.
In una dichiarazione rilasciata a Report, il Ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto ha affermato che il Governo avrebbe intenzione di riprendere il decreto relativo al Piano Casa, che modifica il Testo Unico dell’Edilizia. Indiscrezione confermata anche da alcuni giornali che riferirebbero di un Berlusconi intenzionato a riprendere al più presto il discorso sul Piano Casa, lanciato ad aprile ed interrotto dall'emergenza Abruzzo.
Il Piano Casa, arenatosi per lo scontro sul conflitto di competenze tra Governo e Regioni, si componeva inizialmente di un decreto legge di semplificazione e di un disegno di legge per la delega al governo della revisione del Testo Unico dell’edilizia, Dpr 380/2001, il cui iter è stato quasi subito bloccato. Secondo il Ministro Fitto le semplificazioni apportate al settore edile dal decreto legge potrebbero invece sbloccarsi nei prossimi giorni, insieme a una ripresa del dialogo con gli enti locali.
Il decreto legge derivato dall’accordo Stato Regioni del 31 marzo scorso, ricorda Fitto, ha ceduto il passo alla discussione sulle norme antisismiche dopo il terremoto in Abruzzo. Il testo, la cui approvazione doveva avvenire entro 10 giorni dal raggiungimento dell’intesa, elenca tutti gli interventi rientranti nel campo dell’edilizia libera, sostituendo l’articolo 6 del Dpr 380/2001. A manutenzione ordinaria, rimozione delle barriere architettoniche e opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo, il DL somma manutenzione straordinaria su parti non strutturali, movimenti di terra pertinenti all’attività agricola, opere temporanee da rimuovere entro 90 giorni, serre stagionali, pavimentazione e finitura degli spazi esterni, impianti per l’incremento dell’efficienza energetica ed elementi di arredo delle aree pertinenziali dell’edificio.
Aspetti ancora in sospeso: Di fatto, quindi, la semplificazione delle procedure edilizie è ancora in fase di definizione.
In base al DL, il completamento della semplificazione burocratica in funzione anticrisi deve passare anche attraverso l’attribuzione di poteri minori alla Conferenza di Servizi. Previsti anche alleggerimenti relativi al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, nonché in materia ambientale. La scorsa settimana il CdM ha approvato in via preliminare la semplificazione degli interventi di lieve entità sui beni vincolati. La proposta di regolamento modifica il Decreto Legislativo 42/2004
Competenze regionali: Alcuni aspetti del Piano Casa sono usciti dal raggio di azione del Governo per essere inglobati nelle norme regionali. Nella prima stesura del DL tra gli interventi di edilizia libera era compreso ad esempio il cambio di destinazione d’uso. L'Esecutivo aveva cioè operato un alleggerimento delle procedure, successivamente cancellato perché rientrante tra le competenze legislative riconosciute alle Regioni dalla Costituzione.
Nella sfera delle regioni rientrano anche i bonus volumetrici e l'applicazione pratica degli interventi, con l'esclusione di alcuni territori e l'inclusione o meno del non residenziale. Competenze decentrate anche sugli incentivi all'efficienza energetica. Superato l'adeguamento antisismico, introdotto sull'onda emotiva del sisma in Abruzzo, ma poi confluito nell'entrata in vigore delle NTC, Norme Tecniche per le Costruzioni. Le differenti norme provocano un quadro frastagliato e non omogeneo sul territorio nazionale. Situazione che sarà acuita dalle delibere con cui i singoli Comuni potranno limitare o ampliare l’applicazione della legge regionale di riferimento. Differenziati anche i tempi. In alcune regioni i termini per l’emanazione delle delibere comunali scadranno a giorni. Mentre in altre non si è ancora raggiunto l’accordo sulla norma regionale.
Ricordiamo che l’iter del Piano Casa in estate si è arricchito del ddl 2441/C, presentato dall’onorevole Marco Pili per il rilancio dell'economia e la riqualificazione energetico-ambientale del patrimonio edilizio. Anche questo provvedimento, che abbina gli incentivi volumetrici e la semplificazione delle procedure al miglioramento degli standard energetici, si è però arenato in Parlamento.
(riproduzione riservata) http://www.edilportale.com/news/2009/10/normativa/piano-casa-governo-al-lavoro-sul-decreto-di-semplificazione_16681_15.html#
Interventi ammessi: Via libera agli ampliamenti del 20% per gli immobili a uso residenziale con superficie non superiore a mille metri cubi per un massimo di 62,5 metri quadri. Gli immobili dovranno mantenere la propria destinazione d’uso per 10 anni. Sui fabbricati a uso non residenziale per l’artigianato e la piccola industria fino a mille metri cubi è invece possibile effettuare aumenti di cubatura del 10%. Demolizioni e ricostruzioni possono invece essere effettuate con un bonus del 35%. Se vengono realizzate nuove unità immobiliari il 25% deve essere destinato alla locazione a canone concordato.
I premi di cubatura sono aumentati al 35% e al 20% nelle zone a più alto rischio sismico, per favorire gli interventi di messa a norma. Nelle demolizioni e ricostruzioni si può ottenere un bonus del 40% se l’intervento è realizzato sulla base di un concorso di progettazione.
(il testo della legge regionale http://studiogiorgiolibralato.blogspot.com/2009/10/piano-casa-regione-lazio-lr-1189-n-21.html)
Piano Casa, Governo al lavoro sul decreto di semplificazione
Fitto ottimista sulla ripresa del dialogo con le Regioni, promessa a breve la norma di riferimento nazionale
di Paola Mammarella
13/10/2009 - Potrebbe vedere la luce nei prossimi giorni il decreto di semplificazione sul Piano Casa. E' uno degli aspetti emersi nel corso dell'inchiesta condotta dalla trasmissione televisiva “Report” sulla complessità delle procedure di rilascio dei titoli edilizi in Italia.
In una dichiarazione rilasciata a Report, il Ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto ha affermato che il Governo avrebbe intenzione di riprendere il decreto relativo al Piano Casa, che modifica il Testo Unico dell’Edilizia. Indiscrezione confermata anche da alcuni giornali che riferirebbero di un Berlusconi intenzionato a riprendere al più presto il discorso sul Piano Casa, lanciato ad aprile ed interrotto dall'emergenza Abruzzo.
Il Piano Casa, arenatosi per lo scontro sul conflitto di competenze tra Governo e Regioni, si componeva inizialmente di un decreto legge di semplificazione e di un disegno di legge per la delega al governo della revisione del Testo Unico dell’edilizia, Dpr 380/2001, il cui iter è stato quasi subito bloccato. Secondo il Ministro Fitto le semplificazioni apportate al settore edile dal decreto legge potrebbero invece sbloccarsi nei prossimi giorni, insieme a una ripresa del dialogo con gli enti locali.
Il decreto legge derivato dall’accordo Stato Regioni del 31 marzo scorso, ricorda Fitto, ha ceduto il passo alla discussione sulle norme antisismiche dopo il terremoto in Abruzzo. Il testo, la cui approvazione doveva avvenire entro 10 giorni dal raggiungimento dell’intesa, elenca tutti gli interventi rientranti nel campo dell’edilizia libera, sostituendo l’articolo 6 del Dpr 380/2001. A manutenzione ordinaria, rimozione delle barriere architettoniche e opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo, il DL somma manutenzione straordinaria su parti non strutturali, movimenti di terra pertinenti all’attività agricola, opere temporanee da rimuovere entro 90 giorni, serre stagionali, pavimentazione e finitura degli spazi esterni, impianti per l’incremento dell’efficienza energetica ed elementi di arredo delle aree pertinenziali dell’edificio.
Aspetti ancora in sospeso: Di fatto, quindi, la semplificazione delle procedure edilizie è ancora in fase di definizione.
In base al DL, il completamento della semplificazione burocratica in funzione anticrisi deve passare anche attraverso l’attribuzione di poteri minori alla Conferenza di Servizi. Previsti anche alleggerimenti relativi al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, nonché in materia ambientale. La scorsa settimana il CdM ha approvato in via preliminare la semplificazione degli interventi di lieve entità sui beni vincolati. La proposta di regolamento modifica il Decreto Legislativo 42/2004
Competenze regionali: Alcuni aspetti del Piano Casa sono usciti dal raggio di azione del Governo per essere inglobati nelle norme regionali. Nella prima stesura del DL tra gli interventi di edilizia libera era compreso ad esempio il cambio di destinazione d’uso. L'Esecutivo aveva cioè operato un alleggerimento delle procedure, successivamente cancellato perché rientrante tra le competenze legislative riconosciute alle Regioni dalla Costituzione.
Nella sfera delle regioni rientrano anche i bonus volumetrici e l'applicazione pratica degli interventi, con l'esclusione di alcuni territori e l'inclusione o meno del non residenziale. Competenze decentrate anche sugli incentivi all'efficienza energetica. Superato l'adeguamento antisismico, introdotto sull'onda emotiva del sisma in Abruzzo, ma poi confluito nell'entrata in vigore delle NTC, Norme Tecniche per le Costruzioni. Le differenti norme provocano un quadro frastagliato e non omogeneo sul territorio nazionale. Situazione che sarà acuita dalle delibere con cui i singoli Comuni potranno limitare o ampliare l’applicazione della legge regionale di riferimento. Differenziati anche i tempi. In alcune regioni i termini per l’emanazione delle delibere comunali scadranno a giorni. Mentre in altre non si è ancora raggiunto l’accordo sulla norma regionale.
Ricordiamo che l’iter del Piano Casa in estate si è arricchito del ddl 2441/C, presentato dall’onorevole Marco Pili per il rilancio dell'economia e la riqualificazione energetico-ambientale del patrimonio edilizio. Anche questo provvedimento, che abbina gli incentivi volumetrici e la semplificazione delle procedure al miglioramento degli standard energetici, si è però arenato in Parlamento.
(riproduzione riservata) http://www.edilportale.com/news/2009/10/normativa/piano-casa-governo-al-lavoro-sul-decreto-di-semplificazione_16681_15.html#
piano casa regione Lazio, LR 11/8/9 n. 21
LAZIO ‐ LR 11 AGOSTO 2009, N. 21
Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per
l’edilizia residenziale sociale
Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 21 agosto 2009, n. 31, s.o. n.
142
CAPO I ‐ DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Oggetto e finalità)
1. La presente legge, nel rispetto dei vincoli relativi ai beni culturali,
paesaggistici e ambientali nonché della normativa sulle zone agricole,
a partire dall’intesa sull’atto concernente misure per il rilancio
dell’economia attraverso l’attività edilizia, pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, adottata tra Stato, Regioni ed Enti
locali, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), disciplina:
a) misure straordinarie ed urgenti nel settore edilizio, finalizzate a
contrastare la crisi economica ed a favorire l’adeguamento del patrimonio
edilizio esistente alla normativa antisismica, il miglioramento
della qualità architettonica e la sostenibilità energeticoambientale
del patrimonio stesso, secondo le tecniche, le disposizioni
ed i principi della bioedilizia;
b) misure urgenti per incrementare e sostenere l’offerta di edilizia
residenziale sovvenzionata e sociale;
c) modalità di coordinamento e di integrazione delle misure straordinarie
ed urgenti di cui alle lettere a) e b), nell’ambito di programmi
integrati di riqualificazione urbana, di promozione
dell’edilizia residenziale sociale, di ripristino ambientale e di risparmio
energetico;
d) lo snellimento delle procedure in materia urbanistica tramite le
modifiche ovvero le integrazioni alle leggi regionali 2 luglio 1987,
n. 36 (Norme in materia di attività urbanistico‐edilizia e snellimento
delle procedure) e successive modifiche, 26 giugno 1997, n.
22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la
riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio
della Regione), 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del
territorio) e successive modifiche e 16 aprile 2009, n. 13 (Disposizioni
per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti).
CAPO II ‐ MISURE STRAORDINARIE PER IL SETTORE EDILIZIO
Art. 2 (Ambito di applicazione)
1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli interventi di
ampliamento e di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
degli edifici di cui agli articoli 3, 4 e 5 per i quali, alla data di
entrata in vigore della presente legge, sia stata presentata al comune
la dichiarazione di ultimazione dei lavori, ai sensi del DPR 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia) e successive modifiche, ovvero che risultino
comunque ultimati ai sensi della normativa previgente, ivi compresi
gli edifici per i quali intervenga il rilascio del titolo edilizio abilitativo
in sanatoria entro il termine di cui all’art. 6, comma 4, con esclusione
degli edifici abusivi e degli immobili vincolati ai sensi della
parte II del DLgs 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e
del paesaggio ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e
successive modifiche nonché di quelli situati:
a) nelle zone territoriali omogenee A di cui al decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968 (Limiti inderogabili di densità
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico
o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi
strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) o, qualora gli strumenti
urbanistici generali non individuino le zone A, nei tessuti
storici tutelati dalle specifiche norme degli strumenti urbanistici
generali o, in mancanza, negli insediamenti urbani storici individuati
dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR);
b) nelle zone territoriali omogenee E di cui al decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968 limitatamente agli edifici rurali
con caratteri storico‐tipologici‐tradizionali, quali casali e complessi
rurali, che, ancorché non vincolati dal PTPR, siano stati realizzati
in epoca anteriore al 1930 e registrati in appositi censimenti
dai comuni interessati;
c) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta;
d) nelle aree naturali protette;
e) nelle fasce di rispetto dei territori costieri e dei territori contermini
ai laghi di cui, rispettivamente, all’art. 5, comma 1 e all’art. 6,
comma 1, della LR 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e
tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico) e successive
modifiche nonché nelle fasce di rispetto delle acque interne;
f) nelle zone di rischio molto elevato ed elevato individuate dai
piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla legge 18 maggio
1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale
della difesa del suolo) e successive modifiche e alla LR 7 ottobre
1996, n. 39 (Disciplina Autorità dei bacini regionali) e successive
modifiche, adottati o approvati, fatta eccezione per i territori ricadenti
nei comprensori di bonifica in cui la sicurezza del regime
idraulico è garantita da sistemi di idrovore;
g) nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici
ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei
servizi pubblici generali;
h) nelle fasce di rispetto delle strade statali, ferroviarie e autostradali.
2. Relativamente alle zone agricole, resta fermo quanto previsto dagli
articoli 55 e seguenti della l.r. 38/1999 e successive modifiche, fatto
salvo quanto previsto per l’ampliamento della volumetria residenziale
dall’art. 3, comma 1, lettera a) nonché, per gli interventi di
recupero degli edifici esistenti, dall’art. 5, limitatamente ai coltivatori
diretti ed agli imprenditori agricoli, come definiti dall’art. 2135 del
codice civile, iscritti alla sezione speciale della Camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura e/o loro eredi.
3. I comuni, entro e non oltre 90 giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, possono individuare, con deliberazione del
Consiglio comunale, ambiti del proprio strumento urbanistico nei
quali, in ragione di particolari qualità di carattere urbanistico ed architettonico,
limitare o escludere gli interventi previsti nel presente
articolo.
4. Ai fini dell’attuazione della presente legge, i parametri urbanistici
ed edilizi della volumetria o della superficie utile, utilizzati per il
calcolo dei volumi o delle superfici degli edifici esistenti nonché degli
edifici compresi nei piani previsti dalla presente legge, devono
essere gli stessi utilizzati per il calcolo degli ampliamenti previsti
negli articoli 3 e 4.
Art. 3 (Interventi di ampliamento degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo
di cui all’art. 6, interventi di ampliamento, nei seguenti limiti
massimi relativi alla volumetria esistente o alla superficie utile:
a) 20%, per gli edifici indicati nell’art. 2 a destinazione residenziale,
uni‐plurifamiliari, ivi comprese le case famiglia di cui alla LR 12
dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione
all’aperture ed al funzionamento di strutture che prestano servizi
socio‐assistenziali), e di volumetria non superiore a 1000 metri
cubi, per un incremento complessivo massimo, per l’intero edificio,
di 200 metri cubi ovvero di 62,5 metri quadrati;
b) 10% per gli edifici di cui all’art. 2 a destinazione non residenziale
per l’artigianato, la piccola industria e gli esercizi di vicinato, come
definiti dall’art. 24, comma 1, lettera a), n. 1 della LR 18 novembre
1999, n. 33, di superficie non superiore a 1000 metri quadrati,
purché venga mantenuta la specifica destinazione d’uso per
almeno dieci anni e gli interventi siano subordinati
all’installazione o al miglioramento dei sistemi di abbattimento
degli inquinanti, al monitoraggio delle emissioni, al risparmio
energetico e allo studio di materiali e procedure innovative che
possano ridurre l’impatto ambientale.
2. Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti soltanto:
a) in adiacenza al corpo di fabbrica dell’edificio, con esclusione della
sopraelevazione, ad eccezione degli interventi previsti dall’art. 3,
comma 1, lettera f), della l.r. 13/2009, come modificata dalla presente
legge ovvero degli interventi di realizzazione del tetto con
pendenza massima delle falde pari al 35%, utilizzando il sottotetto;
b) nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla normativa
vigente;
c) in relazione alle zone classificate a rischio sismico 1 e 2, per gli edifici
dotati della certificazione antisismica, qualora realizzati
successivamente all’attribuzione della suddetta classificazione.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, lettera c), per gli edifici
realizzati in zone classificate a rischio sismico gli ampliamenti di cui
al comma 1 sono consentiti esclusivamente a condizione che l’intero
edificio sia adeguato alla normativa antisismica. In tal caso, qualora
1’ampliamento di cui al comma 1 riguardi edifici ricadenti nella zona
sismica 1 o sottozona sismica 2°, come individuate dalla deliberazione
della Giunta regionale 22 maggio 2009, n. 387, lo stesso è consentito,
con riferimento a quelli di cui al comma 1, lettera a), nel
limite massimo del 35% della volumetria esistente o della superficie
utile per un incremento complessivo massimo per 1’intero edificio
di 350 metri cubi ovvero di 110 metri quadrati e, per quelli di cui al
comma 1, lettera b), nel limite massimo del 20% della superficie utile.
4. Gli ampliamenti di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto
di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia
di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia e, in particolare,
dal DLgs 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva
2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia) nonché
dalla LR 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di
architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche.
5. La realizzazione degli ampliamenti di cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
ovvero al loro adeguamento, in relazione al maggior carico urbanistico
connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile
degli edifici esistenti, nonché dei parcheggi pertinenziali, fatto
salvo quanto previsto dal comma 6;
b) alla predisposizione del fascicolo del fabbricato, secondo quanto
previsto dalla LR 12 settembre 2002, n. 31 (Istituzione del fascicolo
del fabbricato) e successive modifiche e dal relativo regolamento
regionale di attuazione 14 aprile 2005, n. 6, ovvero dagli specifici
regolamenti comunali, qualora adottati.
6. Esclusivamente per le opere di urbanizzazione secondaria, come
individuate dall’art. 3 del decreto del Ministro per il lavori pubblici
2 aprile 1968, qualora venga comprovata l’impossibilità del loro adeguamento,
i titoli edilizi abilitativi sono subordinati al pagamento,
oltre che degli oneri concessori, di un contributo straordinario proporzionale
al valore delle opere stesse, pari al 50% del valore degli
oneri corrispondenti, secondo quanto stabilito con apposita deliberazione
del comune. Le risorse derivanti dai contributi straordinari
sono destinate dai comuni all’adeguamento dei servizi nei territori
interessati dagli interventi. Qualora gli interventi di ampliamento
siano realizzati negli ambiti interessati da piani di recupero, le risorse
derivanti dai contributi straordinari, sono destinati ai consorzi di
autorecupero, al fine della realizzazione delle opere di urbanizzazione
a scomputo. Per i fini di cui al presente comma i comuni individuano
nuove aree, prevalentemente contermini alle zone ove ricadono
gli interventi, per adeguare gli standard urbanistici.
7. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si cumulano con gli ampliamenti
eventualmente consentiti da altre norme vigenti o dagli
strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici. Nel caso di edifici
a destinazione residenziale e non, gli ampliamenti consentiti alle
singole unità immobiliari non possono superare cumulativamente i
limiti di cui al comma 1.
8. La destinazione d’uso degli edifici di cui al comma 1 deve essere
mantenuta per cinque anni dalla dichiarazione di ultimazione dei
lavori relativi agli interventi di ampliamento.
9. In ordine alle necessità di interventi di ampliamento della prima
casa, viene riconosciuta ai comuni la facoltà di consentire con delibera
del Consiglio comunale, adottata entro 90 giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, una riduzione fino al massimo
del 30% del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria.
Art. 4 (Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti sono consentiti, con esclusione delle zone C del decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, previa acquisizione
del titolo abilitativo di cui all’art. 6, interventi di sostituzione
edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici di cui all’art. 2
a destinazione residenziale per almeno il 75%, con ampliamento entro
il limite del 35% della volumetria o della superficie utile esistente.
L’altezza degli edifici non può superare l’altezza massima degli
edifici contermini, fermo restando il rispetto delle distanze previste
dalla normativa vigente.
2. Gli edifici di cui al comma 1 sono ricostruiti in conformità alla
normativa antisismica.
3. Gli interventi di demolizione e ricostruzione di cui al comma 1
devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa
statale e regionale in materia di sostenibilità energeticoambientale
e di bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché
dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti
inferiore del 10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di
energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti
più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui
all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. La realizzazione degli interventi di demolizione e ricostruzione di
cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria
ovvero al loro adeguamento in relazione al maggior carico urbanistico
connesso al previsto aumento di volume o di superficie
degli edifici esistenti, nonché dei parcheggi pertinenziali;
b) alla predisposizione del fascicolo del fabbricato, secondo quanto
previsto dalla l.r. 31/2002 e dal r.r. 6/2005, ovvero dagli specifici
regolamenti comunali, qualora adottati;
c) alla realizzazione di interventi di piantumazione di essenze arboree
e vegetazionali che interessino almeno il 25% dell’area di pertinenza
dell’intervento di sostituzione edilizia.
5. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si cumulano con gli ampliamenti
eventualmente consentiti da altre norme vigenti o dagli
strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici.
6. Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno
all’accesso alle abitazioni in locazione di cui all’art. 14 della LR 6 agosto
1999, n. 12 (Disciplina delle funzioni amministrative regionali
e locali in materia di edilizia residenziale pubblica) l’intervento di
sostituzione edilizia, se volto alla realizzazione di ulteriori unità
immobiliari rispetto a quelle preesistenti, è, altresì, subordinato
all’obbligo di destinare il 25% delle unità immobiliari aggiuntive alla
locazione a canone concordato di cui all’art. 2, comma 3, della legge
9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli
immobili adibiti ad uso abitativo) e successive modifiche per un periodo
non inferiore a otto anni.
7. Al fine di promuovere la qualità edilizia ed architettonica degli
edifici di cui al presente articolo e dell’ambiente urbano, nel caso in
cui il soggetto proponente l’intervento di sostituzione edilizia provveda
mediante la procedura del concorso di progettazione, con
l’assistenza degli ordini professionali competenti, l’ampliamento di
cui al comma 1 è aumentato al 40%, purché l’intervento sia realizzato
sulla base del progetto vincitore del concorso.
8. In ordine alle necessità di interventi di cui ai commi 1 e 2 adottati
in riferimento alla prima casa è riconosciuta ai comuni la facoltà di
consentire con delibera del Consiglio comunale, adottata entro 90
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, una riduzione
fino al massimo del 30% del contributo dovuto in riferimento
agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Art. 5 (Interventi di recupero degli edifici esistenti)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo
di cui all’art. 6:
a) interventi di recupero per fini residenziali dei volumi accessori
degli edifici di cui all’art. 2, comma 2, a destinazione residenziale
per almeno il 75% e con volumetria non superiore a 1000 metri
cubi, limitatamente al 20% del volume o della superficie, fino ad
un massimo di 200 metri cubi ovvero di 62,5 metri quadrati;
b) interventi di recupero di parti accessorie degli edifici di cui
all’art. 2, comma 2, a destinazione prevalentemente residenziale,
ubicati in zone destinate urbanisticamente all’agricoltura, a favore
del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo, così come
definito dall’art. 2135 del codice civile, iscritti alla sezione speciale
della Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura
e/o loro eredi.
2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, lettera a), è
subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria ovvero al loro adeguamento, in relazione al maggior carico
urbanistico connesso alla trasformazione a destinazione residenziale.
3. Gli interventi di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto
di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia
di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia e, in particolare,
dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la
prestazione energetica risulti inferiore del 10% rispetto ai valori limite
per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero
rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo
regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. Gli interventi di cui al comma 1 non sono cumulabili con quelli
previsti dagli articoli 3 e 4.
Art. 6 (Titoli abilitativi e termini per la presentazione delle domande)
1. Fermi restando i nulla osta, le autorizzazioni ed ogni altro atto di
assenso comunque denominato previsti dalla normativa statale e regionale
vigente e fatto salvo quanto previsto dal comma 2, gli interventi
straordinari di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono consentiti previa
denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell’art. 23 del d.p.r.
380/2001 e successive modifiche, fermo restando quanto dovuto a titolo
di oneri concessori ai sensi della normativa vigente. Per gli interventi
straordinari da realizzare nei territori ricadenti nei comprensori
di bonifica previsti dall’art. 2, comma 1, lettera e), ai fini
dell’ottenimento del titolo edilizio abilitativo deve essere, altresì, acquisito
il parere del competente consorzio di bonifica, da rendersi
entro 90 giorni dalla richiesta, decorsi i quali si intende favorevolmente
reso.
2. Gli interventi straordinari di sostituzione edilizia con demolizione
e ricostruzione di cui all’art. 4, di volumetria superiore a 3.000
metri cubi, sono consentiti previa acquisizione del permesso di costruire
ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche,
fermi restando gli adempimenti di cui al comma 1 in ordine agli oneri
concessori.
3. Ai fini della corresponsione degli oneri concessori di cui ai commi
1 e 2, i comuni possono, con apposita deliberazione, applicare
una riduzione, limitatamente al costo di costruzione, fino a un massimo
del 30%.
4. La DIA e le domande di concessione del permesso di costruire di
cui al comma 2 devono essere presentate a partire dalla scadenza del
termine di 90 giorni di cui all’art. 2, comma 3 ed entro il termine di
ventiquattro mesi decorrente dalla medesima scadenza.
5. L’esecuzione dei lavori degli interventi previsti dalla presente
legge deve essere effettuata da imprese di costruzione in possesso
dei requisiti previsti dalla legge.
Art. 7 (Programma integrato per il ripristino ambientale)
1. Allo scopo di riqualificare e recuperare i territori caratterizzati
dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali,
i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o private, anche su
proposta di consorzi, imprese e cooperative con documentata capacità
tecnico‐organizzativa ed economica adeguata all’importo dei lavori
oggetto della proposta medesima, adottano, ai sensi della l.r.
22/1997, programmi integrati finalizzati al ripristino ambientale e
all’incremento della dotazione di standard urbanistici, mediante la
demolizione di porzioni di tessuti edilizi o di singoli edifici legittimamente
realizzati in aree sottoposte a vincoli ambientali, paesaggistici
e in aree naturali protette.
2. Il programma integrato prevede, disponendone la contestuale attuazione:
a) la demolizione, a carico dei proprietari, delle porzioni di tessuti
edilizi o dei singoli edifici e la cessione a titolo gratuito al comune
dell’area oggetto del ripristino ambientale e della riqualificazione
della stessa;
b) la traslazione, previa localizzazione, delle volumetrie degli edifici
demoliti in altre aree esterne a quelle vincolate di cui al comma 1,
facendo ricorso anche al cambio di destinazione d’uso rispetto agli
edifici demoliti, alla modifica delle destinazioni urbanistiche
vigenti e all’aumento della capacità edificatoria;
c) un incremento premiale fino ad un massimo del 50% del volume
degli edifici demoliti, in proporzione alla dotazione straordinaria
di standard urbanistici proposta nel programma. Per i soli comuni
del litorale marittimo l’incremento potrà essere portato fino al
60%, a condizione che la nuova destinazione sia turistico‐ricettiva
ai sensi della LR 6 agosto 2007, n. 13 (Organizzazione del sistema
turistico laziale. Modifiche alla LR 6 agosto 1999, n. 14 “Organizzazione
delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione
del decentramento amministrativo”) e successive modifiche,
con durata non inferiore a venti anni.
3. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati
nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale
in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia
ed, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e
successive modifiche e in modo che la prestazione energetica risulti
inferiore del 10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di
energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti
più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui
all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. I comuni individuano, con deliberazione del Consiglio comunale,
gli ambiti destinati al ripristino ambientale e quelli destinati ad accogliere
gli interventi di ricostruzione con riferimento allo strumento
urbanistico vigente, individuando questi ultimi prioritariamente
nelle zone B di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici del 2
aprile 1968, con esclusione dei centri storici e delle zone a destinazione
agricola, fatto salvo quanto previsto dall’art. 2, comma 4, della
l.r. 22/1997 e successive modifiche e definiscono, altresì, i criteri e gli
indirizzi per l’attuazione dei programmi integrati per il ripristino
ambientale.
5. I programmi integrati di cui al presente articolo assumono carattere
di rilevante valenza urbanistica, possono riguardare anche aree
libere e singole funzioni urbanistiche, ma non possono comunque
interessare le destinazioni urbanistiche che attengono ad aspetti
strategici dello strumento urbanistico vigente o adottato, ovvero il
sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e della mobilità.
Art. 8 (Programma integrato per il riordino urbano e delle periferie)
1. Per riqualificare gli ambiti urbani e le periferie con presenza di
funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché
di edifici isolati a destinazione industriale dismessi, parzialmente utilizzati
o degradati, i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o
private, adottano, ai sensi della l.r. 22/1997, programmi integrati finalizzati
all’incremento degli standard urbanistici e al riordino del
tessuto urbano.
2. Gli interventi previsti dai programmi di cui al comma 1 sono localizzati
nei territori in cui si concentrano gli interventi di ampliamento
e sostituzione edilizia previsti dal presente capo.
3. Il programma integrato può prevedere interventi di sostituzione
edilizia, modifiche di destinazione d’uso di aree e di immobili e
l’incremento fino ad un massimo del 40% della volumetria o superficie
demolita, a condizione che la ristrutturazione urbanistica preveda
una dotazione straordinaria degli standard urbanistici e delle
opere di urbanizzazione primaria, nonché una quota destinata ad
edilizia residenziale sociale. Fatta salva la dotazione straordinaria
degli standard, ai fini dell’applicazione del presente comma, gli interventi
sugli edifici a destinazione industriale devono essere dimensionati
esclusivamente sulla base della superficie esistente demolita.
4. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati
nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale
in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia
e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in
modo che la prestazione energetica risulti inferiore del 10% rispetto
ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs.
192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti
dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7 della l.r.
6/2008.
5. I comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, individuano,
con riferimento alle destinazioni dello strumento urbanistico vigente,
gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti,
localizzandoli prioritariamente nelle zone B di cui al decreto del
Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ovvero, qualora gli interventi
riguardino gli edifici industriali di cui al comma 1, nei relativi
lotti di pertinenza, limitatamente alle aree necessarie alla localizzazione
degli interventi di sostituzione edilizia e dei relativi standard
urbanistici, con esclusione dei centri storici e delle zone a destinazione
agricola, fatto salvo quanto previsto dall’art. 2, comma 4, della
l.r. 22/1997, e definiscono i criteri e gli indirizzi per l’attuazione dei
programmi integrati per il riordino urbano e delle periferie.
6. I programmi integrati del presente articolo assumono carattere di
rilevante valenza urbanistica, possono riguardare anche aree libere e
singole funzioni, ma non possono comunque interessare le destinazioni
che attengono ad aspetti strategici dello strumento urbanistico
vigente o adottato ovvero il sistema dei servizi pubblici generali,
delle infrastrutture e della mobilità.
Art. 9 (Misure per la riqualificazione urbanistica)
1. La Regione promuove la formazione degli strumenti urbanistici
anche attuativi o dei programmi di iniziativa pubblica volti a sviluppare
i processi urbanistici di ripristino ambientale, di riordino
urbano e delle periferie di cui al presente capo, effettuati sulla base
di bandi concorsuali di evidenza pubblica e mirati ad integrare gli
obiettivi strategici pubblici previsti dai comuni con le proposte di iniziativa
privata ricadenti nelle parti delle città e dei quartieri oggetto
dei piani o dei programmi.
2. Alle finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale, con deliberazione
da adottare entro 90 giorni dalla data di ‘entrata in vigore della
presente legge, definisce gli indirizzi ed i criteri per
1’assegnazione dei contributi per la formazione degli strumenti di
cui al comma 1, tenendo conto di quanto previsto nella LR 3 novembre
1976, n. 55 (Nuove disposizioni per agevolare la formazione di
strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica. Abrogazione
della LR 7 febbraio 1974, n. 8) e successive modifiche, fatta salva
1’estensione dei benefici a tutti i comuni del Lazio.
3. Gli oneri derivanti dai contributi per la formazione degli strumenti
urbanistici di cui al comma 2 gravano sulle disponibilità del
capitolo E 72505.
4. La Regione contribuisce al finanziamento delle opere per il perseguimento
degli obiettivi strategici di cui al comma 1 previste dai
comuni, con le modalità stabilite nella LR 12 aprile 2007, n. 6 (Interventi
straordinari per la riqualificazione urbanistico ambientale e
per il risanamento igienico sanitario e paesaggistico di ambiti territoriali
individuati dalla Regione caratterizzati da gravi fenomeni di
abusivismo edilizio. Individuazione del primo ambito comprendente
il territorio dei comuni di Aprilia, Anzio, Ardea, Nettuno e Pomezia).
Gli oneri di cui al presente comma gravano sul capitolo E
74509.
Art. 10 (Modifica alla LR 16 aprile 2009, n. 13 “Disposizioni per il
recupero afini abitativi dei sottotetti esistenti”)
1. La lettera f), del comma 1 dell’art. 3 della l.r. 13/2009 è sostituita
dalla seguente:
“f) sono consentite modificazioni delle altezze di colmo e di gronda
nonché delle linee di pendenza delle falde esistenti, unicamente al
fine di assicurare i parametri fissati dalla presente legge, a condizione
che non comportino un aumento superiore al 20% della volumetria
del sottotetto esistente.”.
Art. 11 (Modifiche alla LR 26 giugno 1997, n. 22 “Norme in materia
di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica,
edilizia ed ambientale del territorio della Regione”)
1. Il comma 1 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 è sostituito dal seguente:
“1. Il comune adotta i programmi integrati di cui all’art. 3, presentati
da soggetti pubblici o privati, entro il termine di 60 giorni
dalla data di presentazione, ovvero di 90 giorni, qualora siano in
variante allo strumento urbanistico generale. Il comune può subordinare
l’avvio dei programmi in variante ad un preventivo atto
di indirizzo da assumersi con deliberazione di consiglio.”.
2. Al comma 2 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “, fatto salvo quanto previsto dal comma 3.”.
3. Al comma 3 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 le parole da: “ trascorsi” a:
“comma 4” sono soppresse.
4. Al comma 4 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 le parole: “Al fine di”
sono sostituite dalle seguenti: “In alternativa ai commi 2 e 3, al fine
di”.
5. Prima del comma 1 dell’art. 3 è inserito il seguente:
“01. Al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi di qualità
edilizia, sicurezza nei luoghi di lavoro e regolarità contributiva
gli interventi della presente legge sono presentati da soggetti
pubblici o privati associati con soggetti in possesso di capacità
tecnica, organizzativa ed economica adeguati all’importo dei lavori
oggetto della proposta, che, all’atto di presentazione del programma
integrato, dimostrino l’applicazione dei contratti collettivi
di lavoro nazionali e territoriali di settore e presentino il
documento unico di regolarità contributiva (DURC).”.
CAPO III ‐ EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA E SOCIALE
Art. 12 (Edilizia residenziale sociale. Prime disposizioni per il diritto
all’abitare)
1. In attesa della disciplina organica in materia di edilizia residenziale
sociale, al fine di garantire il diritto all’abitare, la Regione promuove
sul proprio territorio, con il concorso di Enti locali, aziende
pubbliche, fondazioni no profit, imprese sociali, banche etiche e di
altri soggetti senza scopo di lucro nonché delle imprese di costruzioni
e delle cooperative di abitazione, l’edilizia residenziale sociale,
intesa come disponibilità di alloggi realizzati o recuperati da operatori
pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche
quali esenzioni fiscali, assegnazioni di aree od immobili, fondi
di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico, destinati alla locazione
permanente a canone sostenibile o a riscatto, ai sensi dell’art. 15,
comma 5. Rientra, altresì, nell’edilizia residenziale sociale l’albergo
sociale, consistente in una struttura residenziale in grado di fornire
una sistemazione alloggiativa temporanea con servizi e spazi comuni.
2. Nelle aree ad alta tensione abitativa e in relazione alle fasce di
popolazione più esposte al disagio abitativo la Regione, per le finalità
di cui al comma 1, si avvale, oltre che dei soggetti di cui al medesimo
comma 1, delle ATER mediante la stipula di contratti di servizio,
per la definizione di tutti i rapporti funzionali, prestazionali, economici
e finanziari.
3. L’edilizia residenziale sociale è realizzata da operatori pubblici e
privati tramite l’offerta di alloggi in locazione o a riscatto, in modo
da garantire l’integrazione di diverse fasce sociali e il miglioramento
delle condizioni di vita dei destinatari, anche attraverso la realizzazione
di un progetto sociale di comunità ambientalmente e socialmente
sostenibile con il supporto di strumenti e servizi per la riduzione
dell’impatto ambientale, l’istruzione, la salute, il lavoro e
l’educazione ambientale.
4. Sono definiti gestori di edilizia residenziale sociale i soggetti,
pubblici e privati, che gestiscono alloggi di edilizia residenziale sociale
di proprietà pubblica, affidati a seguito di procedure di evidenza
pubblica nonché di proprietà privata. I gestori di edilizia residenziale
sociale sono iscritti in un elenco regionale, la cui tenuta è curata
dall’assessorato regionale competente in materia di politiche della
casa. Il regolamento previsto dal comma 5 disciplina i criteri e le
modalità per l’iscrizione all’elenco e per la tenuta dello stesso.
5. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge
la Giunta regionale adotta un regolamento, ai sensi dell’art. 47,
comma 2, lettera b), dello Statuto, per la disciplina dei criteri di attuazione
e gestione degli interventi di edilizia residenziale sociale,
dei requisiti per l’accesso e la permanenza nella stessa, dei criteri per
la determinazione del canone sostenibile e dei criteri e delle modalità
per l’iscrizione all’elenco dei gestori di edilizia residenziale sociale
e per la tenuta dello stesso. Il regolamento è adottato sentita la competente
commissione consiliare, le organizzazioni sindacali degli inquilini
più rappresentative nel territorio regionale, le associazioni di
categoria delle imprese di costruzioni e delle cooperative di abitazione
nonché le associazioni presenti sul territorio interessate alle
problematiche del disagio abitativo.
Art. 13 (Indirizzi ai comuni per garantire il passaggio da casa a casa
di particolari categorie sociali)
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di garantire il passaggio
da casa a casa dei soggetti aventi i requisiti di cui all’art. 1 della legge
8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo
per particolari categorie sociali) e delle famiglie oggetto di azioni
di rilascio per morosità collocate utilmente nelle graduatorie
comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, i
comuni individuati nell’art. 1 della l. 9/2007 possono istituire apposite
commissioni per promuovere l’eventuale graduazione delle azioni
di rilascio da parte della competente autorità giudiziaria ordinaria.
2. I comuni disciplinano il funzionamento e la composizione delle
commissioni di cui al comma 1, garantendo la presenza, previa intesa
con le amministrazioni statali di appartenenza, di un rappresentante
della prefettura e di un rappresentante della questura competenti
per territorio, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali
degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni di proprietà
edilizia maggiormente
rappresentative individuate ai sensi dell’art. 4, comma 1, della l.
431/1998 e successive modifiche e della convenzione nazionale sottoscritta
ai sensi del medesimo art. 4, comma 1, in data 8 febbraio
1999 e successive modifiche, nonché di un rappresentante dell’ATER
competente territorialmente.
Art. 14 (Misure a sostegno dei soggetti che hanno contratto o contrarranno
mutui per l’acquisto della prima casa e per
l’autorecupero)
1. Per sostenere gli individui che hanno contratto o intendono contrarre
un mutuo finalizzato all’acquisto, alla costruzione, al recupero
o all’autorecupero della prima casa, la Regione promuove misure di
sostegno e garanzia.
2. Accanto al fondo di solidarietà per i mutui istituito dall’art. 13
della LR 24 dicembre 2008, n. 31 (Legge finanziaria regionale per
l’esercizio 2009) è istituito, a favore dei nuclei familiari con un reddito
ISEE fino a 40 mila euro che non presentano sufficienti garanzie
per l’accensione di mutui, un fondo di garanzia finalizzato a consentire
l’accesso al mutuo. I soggetti di cui al presente articolo non devono
possedere altri immobili di proprietà nella Regione Lazio e il
mutuo da contrarre non può essere superiore a quindici volte il loro
reddito ISEE. Con apposita delibera di Giunta regionale sono stabiliti
i requisiti per l’identificazione dei nuclei familiari interessati e la
modalità di funzionamento del fondo la cui gestione è affidata a Sviluppo
Lazio o a sue controllate.
3. Le misure di cui al comma 1 e 2 sono rivolte anche alle cooperative
di autorecupero di immobili pubblici. Per accedere a tali misure è
necessario che almeno 2/3 dei soci della cooperativa abbiano almeno
un reddito ISEE inferiore a 40 mila euro. Il fondo previsto al comma
2 può essere anche utilizzato per l’accensione di mutui individuali o
la trasformazione dei mutui intrapresi dalle cooperative di autorecupero
in mutui individuali e comunque finalizzati all’autorecupero
di immobili pubblici.
4. Le risorse di cui al fondo di garanzia previsto dal comma 2 sono
utilizzate, fino a un limite massimo del 25% della disponibilità annuale,
per la concessione di contributi a favore dei nuclei familiari,
anche monoparentali, costituiti da persone ultrasessantacinquenni
con reddito ISEE, riferito all’intero nucleo familiare, inferiore o uguale
a 25 mila euro, per ristrutturare o adeguare gli immobili di
proprietà, destinati a prima casa, al fine della messa in sicurezza e
adeguamento degli impianti tecnologici ed igienici, dell’incremento
del risparmio energetico, dell’eventuale abbattimento delle barriere
architettoniche e dell’installazione di apparecchiature di telesoccorso
e telecontrollo.
5. Per la copertura delle spese previste dal presente articolo si provvede
con appositi fondi previsti dall’art. 13 della l.r. 31/2008 e
dall’art. 75 della LR 28 aprile 2006, n. 4, relativo al fondo speciale di
garanzia per la casa.
Art. 15 (Programmazione regionale dell’edilizia residenziale sociale
e piano straordinario decennale di edilizia sovvenzionata)
1. Al fine di garantire sul territorio regionale i livelli minimi essenziali
di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana,
in attesa della riforma generale della disciplina dell’edilizia
residenziale pubblica, la Regione predispone un’organica programmazione
di interventi per l’edilizia residenziale sociale, tenendo conto
in primo luogo delle necessità segnalate dai comuni definiti ad alta
tensione abitativa e promuove un piano straordinario decennale
di interventi finalizzati in particolare alla manutenzione e realizzazione
di edilizia sovvenzionata anche attraverso il recupero di edifici
dismessi, assicurando il coordinamento dei soggetti pubblici e
privati e del terzo settore. In questo quadro la Regione promuove,
d’intesa con i comuni interessati, il censimento delle realtà di emergenza
alloggiativa presenti al fine di promuovere nei confronti dei
nuclei interessati l’applicazione della disposizione di cui al comma
4, lettera a).
2. Nella programmazione regionale di cui al comma 1 sono ricompresi,
in particolare, gli interventi comunque rivolti all’incremento
dell’offerta abitativa da destinare prioritariamente a nuclei familiari
a basso reddito e ad altri soggetti in condizioni sociali ed economiche
svantaggiate, come individuati, anche in sede di finanziamento
degli interventi stessi, da apposita deliberazione della Giunta regionale.
3. Nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale ricadono sia gli alloggi
destinati alla locazione a canone sostenibile di cui all’art. 1,
commi 258, 259, 285 e 286 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato‐ Legge finanziaria 2008) sia gli alloggi sociali come definiti e
disciplinati dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile
2008 (Definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione
dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e
88 del Trattato istitutivo della Comunità europea).
4. Per le finalità di cui al comma 1 ed in base all’intesa ai sensi
all’art. 8, comma 6, della l. 131/2003 tra Stato, Regioni ed Enti locali,
sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso
l’attività edilizia, come pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 29 aprile
2009 n.98, la Regione individua una serie di strumenti per garantire
a tutti i soggetti di cui al comma 1 il diritto all’abitare attraverso:
a) interventi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata a totale
carico del soggetto pubblico volti ad aumentare la disponibilità di
alloggi destinati alla fasce sociali più deboli;
b) interventi di edilizia agevolata e convenzionata realizzati da imprese
di costruzioni e cooperative di abitazione destinati alla locazione
o alla proprietà;
c) interventi di edilizia residenziale sociale volti ad aumentare la disponibilità
di alloggi posti in affitto a canone sostenibile o a riscatto
così come definito nel comma 5 promossi sia da soggetti
pubblici che privati e destinati alle fasce sociali non in grado di
accedere alla locazione nel libero mercato;
d) interventi volti a sostenere le fasce sociali in difficoltà nell’accesso
alla prima casa sul libero mercato, sia nell’acquisto che nella locazione.
5. Fermo restando quanto previsto all’art. 70 della l.r. 31/2008, la locazione
degli alloggi di edilizia residenziale sociale, anche agevolata,
può essere trasformata in riscatto, purché sia garantita per
l’inquilino la possibilità di scelta qualora voglia rimanere in affitto.
Qualora l’inquilino non eserciti il diritto al riscatto esso verrà esercitato
dall’ATER del territorio di competenza che continuerà a garantire
all’inquilino il diritto alla locazione nei limiti e secondo i criteri e
le modalità da definire in sede di applicazione della previsione contenuta
nell’art. 15, comma 2, lettera c), della LR 3 settembre 2002, n.
30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia
residenziale pubblica).
6. Nelle more dell’istituzione di uno specifico tributo regionale ai
sensi di quanto previsto dall’art. 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’art. 119 della Costituzione), il 5% del gettito della tassa automobilistica
è destinato, a partire dall’esercizio finanziario 2010,
all’attuazione degli interventi di cui al piano straordinario decennale
di edilizia sovvenzionata.
Art. 16 (Misure urgenti per gli immobili della Regione, delle
ATER, degli altri enti dipendenti della Regione e degli Enti locali)
1. Al fine di incrementare l’offerta di alloggi sociali, la Regione, le
ATER e gli altri enti dipendenti dalla Regione e gli Enti locali, in deroga
alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai
regolamenti edilizi, possono eseguire sugli edifici di loro proprietà,
sia a destinazione non residenziale che residenziale, rispettivamente,
il cambio di destinazione ad uso residenziale, con o senza opere,
nonché il frazionamento di unità abitative con il rispetto della superficie
minima stabilita nel regolamento edilizio che, in assenza di specifica
previsione, non può essere inferiore a 38 metri quadrati. Le
ATER e gli Enti locali possono, altresì, utilizzare, in deroga alle previsioni
degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti
edilizi, anche al fine di realizzare alloggi privi di barriere architettoniche,
i piani terra liberi degli edifici di loro proprietà non oggetto
dei vincoli di tutela prevista dalla legislazione vigente o degli strumenti
urbanistici.
2. Negli edifici di cui al comma 1 sono altresì consentiti gli interventi
di ampliamento e di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
di cui al Capo II, nel rispetto dei limiti ivi previsti.
3. Gli interventi previsti dal comma 2 sono realizzati dalla Regione,
dalle ATER, dagli altri enti dipendenti dalla Regione e dagli Enti locali
nel rispetto e salvaguardia delle caratteristiche storicoarchitettoniche
degli edifici e dell’impianto urbanistico.
4. Nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 comportino una
modifica della destinazione d’uso, gli stessi sono comunicati ai comuni
interessati.
Art. 17 (Riqualificazione di quartieri di edilizia residenziale pubblica)
1. I comuni, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle aree per l’edilizia
residenziale pubblica inserite negli ambiti urbanistici compresi nei
piani di zona, anche in eccedenza del fabbisogno abitativo previsto e
previa valutazione della sostenibilità del maggior carico insediativo,
possono effettuare:
a) l’aumento della previsione edificatoria delle aree già destinate
dallo strumento urbanistico ad edilizia residenziale pubblica,
fermo restando il rispetto dello standard urbanistico minimo inderogabile
riferito al numero degli abitanti complessivamente insediati,
ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
b) la variazione in edilizia residenziale sociale degli standard urbanistici,
eventualmente eccedenti rispetto a quanto previsto dal
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, qualora si
accerti, nell’ambito del piano di zona, il rispetto della misura minima
inderogabile riferita al numero degli abitanti complessivamente
insediati, ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
c) interventi di ristrutturazione urbanistica.
2. Per le finalità del presente articolo i comuni, in relazione alle diverse
tipologie di intervento, possono adottare, anche attivando
processi partecipativi che coinvolgano gli abitanti di quartieri interessati:
a) varianti ai piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167
(Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per
l’edilizia economica e popolare);
b) le localizzazioni degli interventi con le procedure di cui all’art. 51
della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento
dell’edilizia residenziale pubblica; norme sull’espropriazione per
pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto
1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed
autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore
dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata);
c) i programmi integrati di cui alla l.r. 22/1997;
d) la variante urbanistica di cui all’art. 66 bis della l.r. 38/1999.
3. Alle varianti e ai piani e programmi per la realizzazione degli interventi
di cui al comma 1, lettere a) e b), ricadenti all’interno degli
attuali perimetri dei piani di zona, anche se decaduti o in corso di attuazione
ai sensi dell’art. 5 bis del decreto‐legge 27 maggio 2005, n.
86 (Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori
di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo
conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio) convertito con
modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n.148 ovvero aventi una diversa
destinazione urbanistica ai sensi degli strumenti urbanistici
generali vigenti, si applica la procedura prevista dall’art. 1 della l.r.
36/1987 come modificato dalla presente legge, salvo quanto previsto
dall’art. 1 bis della medesima l.r. 36/1987, come introdotto dalla presente
legge.
4. I programmi integrati di cui al comma 2, lettera c) possono comprendere
anche aree libere e singole funzioni urbanistiche, con esclusione
di quelle interessate da destinazioni che attengono ad aspetti
strategici dello strumento urbanistico generale vigente, ovvero
al sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e della
mobilità. I programmi integrati possono ricomprendere, altresì, le
zone indicate dall’art. 2, commi 4 e 5, della l.r. 22/1997, per i fini e
con i limiti ivi previsti.
5. Ai soli fini della dotazione di edilizia residenziale sociale, prevalentemente
per le categorie degli anziani in condizioni sociali ed economiche
svantaggiate e degli studenti fuori sede per assicurare il
diritto allo studio, i comuni possono variare le destinazioni del proprio
strumento urbanistico generale vigente, nel limite massimo del
10% delle destinazioni stesse, con esclusione di quelle di cui al
comma 1, di quelle che attengono ad aspetti strategici dello strumento
urbanistico generale vigente, ovvero al sistema dei servizi pubblici
generali, delle infrastrutture, della mobilità e delle zone agricole,
fatte salve le fattispecie previste al comma 4.
6. Gli interventi previsti negli strumenti di cui al comma 2 devono
essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale
e regionale in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di
bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r.
6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore del
10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati
dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti più restrittivi
definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7
della l.r. 6/2008.
Art. 18 (Standard per l’edilizia residenziale sociale)
1. Fatto salvo quanto disciplinato dalle norme di attuazione degli
strumenti urbanistici vigenti, al fine di soddisfare il fabbisogno di alloggi
sociali ed evitarne la concentrazione in circoscritti ambiti urbani,
negli strumenti urbanistici generali di nuova formazione e nei
relativi strumenti attuativi, nonché nelle varianti generali di nuova
formazione, alle aree necessarie per la dotazione degli standard urbanistici
di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile
1968 sono aggiunte le aree o immobili per la realizzazione degli interventi
di edilizia residenziale sociale, in applicazione dell’art. 1,
commi 258 e 259, della l. 244/2007 da cedere gratuitamente da parte
dei proprietari singoli o in forma consortile o associata,
all’amministrazione comunale.
2. In relazione al tipo di intervento urbanistico, la cessione gratuita
di cui al comma 1 riguarda prevalentemente le zone C del decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ricomprese nei piani
urbanistici attuativi.
3. Nei casi di cui al comma 1 la cessione delle aree per l’edilizia residenziale
sociale è determinata nella misura minima del 20%
dell’area fondiaria edificabile, fatte salve le cessioni complessive per
gli standard urbanistici. I comuni, al fine di soddisfare il fabbisogno
di edilizia residenziale sociale, possono incrementare tale percentuale.
4. Per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico
ed edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, la percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50%,
limitatamente alla edificabilità aggiunta generata dallo strumento
urbanistico generale rispetto alle previgenti previsioni. Sono fatte
salve le maggiori percentuali previste dagli strumenti urbanistici
generali già approvati alla data di entrata in vigore della presente
legge.
5. Nell’ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate
all’edilizia residenziale sociale indicate nei commi 3 e 4, i comuni
riservano almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi
di edilizia residenziale sovvenzionata.
6. Nell’ambito degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, gli
standard di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile
1968 devono essere dimensionati con riferimento al numero di abitanti
previsti, ivi compresi quelli derivanti dalla quota per l’edilizia
residenziale sociale.
7. Fatta salva la cessione gratuita delle aree di cui al presente articolo,
ai fini della realizzazione degli interventi di edilizia residenziale
sociale, il comune può, nell’ambito delle previsioni degli strumenti
urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale pari alla
capacità edificatoria delle aree fondiarie cedute per l’edilizia residenziale
sociale e stabilire oneri straordinari in relazione
all’incremento del valore immobiliare. Il comune può, con procedure
ad evidenza pubblica, assegnare quota‐parte delle aree acquisite,
destinandole ad edilizia libera residenziale destinata ad affitti a canone
concordato o alle altre forma stabilite dalle vigenti disposizioni
in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale.
Art. 19 (Accelerazioni procedurali per gli interventi di edilizia residenziale
pubblica)
1. Al fine di accelerare la conclusione degli interventi regionali di
edilizia residenziale pubblica già programmati e finanziati, con particolare
riferimento a quelli attribuiti alle ATER, assicurando
l’efficace utilizzo delle risorse disponibili, la Regione adotta i provvedimenti
necessari per il concreto avvio del procedimento e per la
regolare esecuzione ed ultimazione degli interventi stessi.
2. In caso di inadempienza delle ATER nell’attuazione degli interventi
di cui al comma 1, la Regione esercita i poteri sostitutivi previsti
dalla l.r. 30/2002.
3. In caso di inadempienza degli Enti locali nell’attuazione degli interventi
di cui al comma 1, la struttura regionale competente, nel rispetto
dei principi di cui all’art. 49 dello Statuto, accertata l’inerzia o
l’inadempimento del comune, diffida quest’ultimo a provvedere entro
un congruo termine ovvero a comunicare le motivazioni del ritardo.
Decorso inutilmente tale termine, ovvero nel caso in cui le
motivazioni addotte non risultino tali da giustificare l’inerzia o
l’inadempimento, la struttura regionale competente trasmette gli atti
alla Giunta regionale la quale delibera sull’esercizio dei poteri sostitutivi
attraverso un commissario ad acta, da nominare con decreto
del Presidente della Regione. Il decreto di nomina è comunicato al
comune interessato.
Art. 20 (Fascicolo del fabbricato di edilizia residenziale pubblica)
1. I soggetti beneficiari di finanziamento regionale per l’edilizia residenziale
pubblica, ivi compresa l’edilizia agevolata‐convenzionata,
devono curare la redazione del fascicolo del fabbricato previsto dalla
l.r. 31/2002, secondo le modalità indicate nel r.r. 6/ 2005, ovvero
negli specifici regolamenti comunali, qualora adottati.
2. Il fascicolo del fabbricato deve essere allegato al quadro tecnicoeconomico
finale dell’intervento; la sua assenza non consente
l’erogazione a saldo del contributo regionale e la conclusione del
procedimento relativo all’intervento finanziato, ivi compreso, per
quanto riguarda l’edilizia agevolata‐convenzionata, il rilascio degli
attestati di possesso dei requisiti soggettivi.
3. La spesa relativa alla redazione del fascicolo del fabbricato può
essere compresa, nella misura convenzionalmente determinata dalla
Regione, fra gli oneri complementari previsti dal quadro tecnicoeconomico
di cui al comma 2.
4. Le disposizioni di cui ai precedenti commi trovano applicazione
nei riguardi degli interventi che, alla data di entrata in vigore della
presente legge, non sono ancora pervenuti ad inizio lavori.
5. Le ATER, per la redazione del fascicolo del fabbricato di loro esclusiva
proprietà e gestione, possono predisporre proposte programmatiche
e richiedere alla Regione la concessione di contributi
nei limiti e secondo i criteri e le priorità determinati dalla Giunta regionale
con propria deliberazione.
Art. 21 (Modifiche alla LR 22 dicembre 1999, n. 38 “Norme sul governo
del territorio” e successive modifiche)
1. Al comma 4 dell’art. 29 della l.r. 38/1999 dopo le parole: “soddisfacimento
dei fabbisogni” sono inserite le seguenti: “anche abitativi
nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale”.
2. Alla lettera f) del comma 1 dell’art. 30 della l.r. 38/1999 sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: “nonché gli interventi di edilizia
residenziale sociale ai sensi dell’art. 1, commi 258 e 259 della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008);”.
3. Dopo l’art. 53 della l.r. 38/1999 e successive modifiche è inserito il
seguente: “Art. 53 bis (Indirizzi per la redazione dei regolamenti edilizi)
1. I comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del paesaggio
rurale delle zone agricole, prevedono nei propri regolamenti edilizi,
oltre a quanto previsto dalla LR 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni
regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive
modifiche e in particolare dall’art. 6, specifiche modalità di
intervento, prescrivendo l’utilizzo di materiali e di tecniche costruttive
tradizionali volti al mantenimento delle caratteristiche tipologiche
e architettoniche degli edifici rurali.”.
Art. 22 (Modifica all’art. 66bis della l.r. 38/1999)
1. Al comma 1 dell’art. 66bis della l.r. 38/1999 dopo le parole:
“provvede alla formazione e approvazione dello strumento urbanistico
generale” sono inserite le seguenti: “o di sue varianti”.
CAPO IV ‐ DISPOSIZIONI FINALI
Art. 23 (Osservanza degli standard urbanistici)
1. Qualora i comuni, nella formazione dei nuovi strumenti urbanistici
generali, utilizzino, al fine di migliorare la qualità abitativa, parametri
dimensionali per ogni abitante o stanza equivalente, insediati
o da insediare, superiori a quelli stabiliti dall’art. 3, comma 2, del
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, gli stessi comuni,
al fine di osservare il rispetto degli standard urbanistici e non
diminuire la quantità e la qualità della dotazione di servizi e verde
pubblico nella città o in ciascuna porzione urbana interessata dalla
variante, devono applicare un proporzionale incremento ai corrispondenti
minimi inderogabili previsti dallo stesso decreto.
2. Sono fatti salvi gli strumenti urbanistici generali già approvati o
adottati alla data di entrata in vigore della presente legge nonché i
relativi strumenti urbanistici necessari alla loro attuazione, ivi comprese
le varianti ai piani attuativi di cui agli articoli 1 e 1 bis della l.r.
36/1987, come modificata dalla presente legge.
Art. 24 (Realizzazione di opere di urbanizzazione primaria)
1. Al fine di consentire il completamento delle opere di urbanizzazione
primaria delle periferie, i comuni possono derogare a quanto
disposto dall’art. 17, commi 1 e 2 della LR 12 settembre 1977, n. 35
(Tabelle parametriche regionali e norme di applicazione della legge
28 gennaio 1977, n. 10, per la determinazione del contributo per le
spese di urbanizzazione gravante le concessioni edilizie).
Art. 25 (Procedimenti in corso per il rilascio del titolo edilizio abilitativo
in sanatoria.Nuclei edilizi abusivi)
1. Al fine di consentire l’applicazione della presente legge, i soggetti
che alla data di entrata in vigore della stessa abbiano presentato
domanda di concessione del titolo edilizio abilitativo in sanatoria e
non si sia formato il prescritto silenzio assenso nè il comune abbia
provveduto al rilascio del titolo medesimo possono richiedere al
comune stesso la definizione prioritaria dei relativi procedimenti.
2. I soggetti di cui al comma 1 presentano al comune, entro 90
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifica
domanda alla quale sono allegate la copia della richiesta del titolo
edilizio abilitativo in sanatoria e la dichiarazione che
l’edificio oggetto della richiesta di sanatoria ricada nei casi previsti
dagli articoli 3, 4 e 5. I comuni definiscono i relativi procedimenti
in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande.
3. I comuni, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, adottano le perimetrazioni dei nuclei edilizi
abusivi ai sensi della LR 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti
l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente),
e successive modifiche, tenendo conto delle costruzioni
abusive ultimate entro la data del 31 marzo 2003.
Art. 26 (Modifiche alla LR 2 luglio 1987, n. 36 “Norme in materia
di attività urbanistico‐edilizia e snellimento delle procedure” e
successive modifiche)
1. L’art. 1 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente: “Art. 1 ‐ 1. I
piani particolareggiati ed i piani di lottizzazione di cui alla legge 17
agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), i piani di cui alla legge 18
aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree
fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e quelli previsti dall’
art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in materia di programmi e
coordinamento di edilizia residenziale pubblica, i piani di recupero
del patrimonio edilizio esistente di cui all’art. 28 della legge 5 agosto
1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale), nonché dei nuclei
abusivi e i toponimi, i programmi di intervento di cui all’art. 11 del
decreto‐legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l’accelerazione
degli investimenti ed il sostegno dell’occupazione e per la semplificazione
dei procedimenti in materia edilizia) convertito con modificazioni
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modifiche, i
programmi integrati di intervento di cui alla LR 26 giugno 1997, n.
22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione
urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della
regione) nonché ogni ulteriore piano attuativo dello strumento urbanistico
generale non sono sottoposti ad approvazione regionale
quando comportano le varianti allo strumento urbanistico generale
di seguito elencate:
a) la viabilità primaria per la parte che interessa il comprensorio oggetto
dello strumento attuativo, a condizione che le modifiche alla
stessa apportate non compromettano l’ attuazione delle previsioni
dello strumento urbanistico generale per la parte esterna al
comprensorio medesimo e non mutino le caratteristiche della
viabilità’ quali risultano fissate da dette previsioni;
b) l’adeguamento dello strumento urbanistico generale ai limiti e
rapporti fissati dal decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444
(Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i
fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della
formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di
quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.
765) e da leggi regionali;
c) il reperimento, all’ esterno dei nuclei edilizi abusivi oggetto della
variante prevista dall’ art. 1 della LR 2 maggio 1980, n. 28 (Norme
concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi
sorti spontaneamente) e successive modifiche, delle aree per il
verde, i servizi pubblici ed i parcheggi quando sussista la comprovata
impossibilità di soddisfare tali esigenze nell’ambito dei
nuclei medesimi;
d) le modifiche del perimetro di comprensori oggetto di recupero
urbanistico ai sensi della l.r. 28/1980 e della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico‐
edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e
successive modifiche, operate al fine di inserire nel comprensorio
edifici adiacenti;
e) fatto salvo quanto previsto dall’art. 1 bis, comma 1, lettera d), il
mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione
nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico
prevista dai piani e sia contenuto, per ogni singola funzione
prevista, entro il limite massimo del 30% e non comporti la realizzazione
di organismi edilizi autonomi;
f) le modifiche planovolumetriche che alterano le caratteristiche tipologiche
degli edifici.
2. La deliberazione comunale con la quale si adottano gli strumenti
urbanistici attuativi di cui al comma 1 è pubblicata nell’Albo pretorio
del comune e, successivamente al ricevimento delle eventuali
opposizioni, è inviata, con gli atti che la corredano, alla Regione che,
entro 30 giorni dal ricevimento, può far pervenire al comune osservazioni
sulla rispondenza degli stessi alle norme della presente legge.
3. Gli strumenti urbanistici attuativi di cui al presente articolo sono
approvati dal comune con deliberazione consiliare, che non può essere
adottata prima della scadenza del termine di cui al comma 2.
Con la deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico
attuativo il comune decide sulle eventuali opposizioni pervenute, si
pronuncia con motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni
della Regione trasmettendo alla stessa il provvedimento di approvazione
entro i successivi 15 giorni.”.
2. Dopo l’art. 1 della l.r. 36/1987 è inserito il seguente: “Art. 1 bis ‐
1. I piani attuativi di cui all’ art. 1 sono approvati dal Consiglio comunale
senza l’applicazione delle procedure di cui al medesimo art.
1, commi 2 e 3, quando sono conformi allo strumento urbanistico
generale. I piani attuativi non comportano varianti quando riguardano:
a) una diversa utilizzazione, sempre ai fini pubblici, degli spazi destinati
a verde pubblico e servizi;
b) le previsioni di spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale,
quando l’esigenza di prevedere le attrezzature stesse
nell’ambito del comprensorio oggetto dello strumento attuativo
era stata riconosciuta in sede di strumento urbanistico generale;
c) la riduzione delle volumetrie edificabili rispetto a quelle previste
dallo stesso strumento urbanistico generale, purché contenute entro
il 20%;
d) il mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione
nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico
prevista dai piani attuativi e sia contenuto, per ogni singola
funzione prevista dal programma, entro il limite massimo del
10% e non comporti la realizzazione di organismi edilizi autonomi;
e) le modifiche all’altezza degli edifici in misura non superiore a
metri 1,00 purché senza variazione del numero dei piani e nel rispetto
delle norme relative alle distanze degli edifici dalle altre
costruzioni e dai confini di proprietà;
f) modificazioni planovolumetriche che non alterino le caratteristiche
tipologiche e le volumetrie complessive degli edifici, anche se
comportanti modifiche delle altezze oltre i limiti previsti dalla lettera
e);
g) le modifiche che incidono sull’entità delle cubature dei locali tecnici
ed impianti tecnologici e sulla distribuzione interna delle
singole unità immobiliari, nonché le modifiche che variano il
numero delle unità stesse;
h) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione
grafica del piano;
i) le modificazioni dei perimetri motivate da esigenze sopravvenute,
quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse
all’imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
l) la diversa dislocazione, entro i limiti del 20%, degli insediamenti,
dei servizi, delle infrastrutture o del verde pubblico senza aumento
delle quantità e dei pesi insediativi e senza la riduzione
degli standard urbanistici;
m) l’individuazione delle zone di recupero di cui all’art. 27 della l.
457/1978;
n) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio
esistente di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del DPR 6
giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche;
o) l’adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino
modifiche al perimetro del piano o del programma;
p) le modifiche alla viabilità secondaria e la precisazione dei tracciati
della viabilità primaria;
q) la suddivisione dei comparti edificatori in sub‐comparti, ivi inclusi
quelli ricadenti nelle zone di recupero dei nuclei edilizi abusivi,
fermo restando il rispetto degli standard urbanistici.
2. Sono fatte salve le procedure dell’art. 6 della l.r. 22/1997 per le lettere
d), e), f), g), h) e l) di cui al presente articolo. Sono fatte salve, altresì,
le procedure di approvazione delle modifiche dei programmi
di recupero urbano stabilite nei rispettivi accordi di programma.”.
3. All’art. 2 della l.r. 36/1987:
a) al comma 2 le parole da: “dal comma 1 del precedente art.” sono
sostituite dalle seguenti: “dall’art. 1”;
b) al comma 3 dopo le parole: “schema di convenzione” sono inserite
le seguenti: “autorizzano il sindaco alla stipula della convenzione
con il proprietario o i proprietari lottizzanti e”;
c) il comma 5 dell’art. 2 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente:
“Con deliberazione da adottare entro 15 giorni dalla scadenza del
termine di cui al comma 4, il Consiglio comunale si pronuncia con
motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni della Regione e
in caso di assenza delle suddette osservazioni la deliberazione non è
dovuta.”.
4. Al comma 3 dell’art. 4 della l.r. 36/1987 le parole: “il termine di
120 giorni” sono sostituite dal seguente: “il termine di 90 giorni”.
Art. 27 (Prevenzione del rischio sismico. Adeguamento della LR 5
gennaio 1985, n. 4 “Prime norme per l’esercizio delle funzioni regionali
in materia di prevenzione del rischio sismico. Snellimento
delle procedure”)
1. Con regolamento autorizzato adottato ai sensi dell’art. 47, comma
2, lettera c), dello Statuto, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, la Giunta regionale disciplina, in conformità
alla normativa statale vigente in materia di prevenzione del rischio
sismico e, in particolare, alle disposizioni di cui al Capo IV,
Sezione II, del d.p.r. 380/2001 e dell’art. 20 della legge 10 dicembre
1981, n. 741 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per
l’esecuzione di opere pubbliche), i criteri e le modalità per la presentazione
dei progetti di costruzioni in zone sismiche, per la denuncia
dell’inizio dei lavori, per l’autorizzazione da parte della competente
struttura tecnica regionale, nonché per l’adeguamento delle costruzioni
esistenti alle nuove classificazioni sismiche e per
l’espletamento dei controlli.
2. Fatto salvo quanto previsto dalla suddetta normativa statale, il
regolamento di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti
principi:
a) snellimento delle procedure, nel rispetto di quanto previsto
dall’art. 20 della l. 741/1981 ed adeguamento delle stesse alla vigente
normativa statale;
b) controllo di tutte le costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche
di particolare rilevanza, quali strutture ospedaliere, strutture
civili, strutture militari, strutture industriali, infrastrutture, nonché
di tutte le costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi
quali strutture per l’istruzione, strutture destinate a manifestazioni
culturali, sportive e spettacoli, mercati, strutture civili e
industriali;
c) controllo a campione sorteggiato per le restanti costruzioni con
valore del campione crescente in funzione della pericolosità sismica
del territorio.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui
al comma 1, sono abrogati gli articoli 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della
l.r. 4/1985.
Art. 28 (Modifiche alla LR 12 settembre 2002, n. 31 “Istituzione del
fascicolo del fabbricato” e successive modifiche)
1. Alla lettera e) del comma 1 dell’art. 3 della l.r. 31/2002 e successive
modifiche sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “finalizzate,
tra 1’altro, a concordare agevolazioni economiche a favore dei proprietari
degli edifici;”.
2. Al comma 1 dell’art. 4 della l.r. 31/2002 le parole da: “, con le modificazioni”
a:”nel tempo” sono sostituite dalle seguenti: “. La valutazione
delle condizioni di sicurezza e staticità dell’edificio è effettuata,
altresi, tenendo conto delle modificazioni e adeguamenti
dell’edificio, conosciuti o conoscibili con 1’ordinaria diligenza da
parte del proprietario.”.
3. Al comma 2 dell’art. 4 della l.r. 31/2002 sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “Qualora il proprietario non dia seguito all’ulteriore
fase di approfondimento conoscitivo, il professionista incaricato ne
dà immediata comunicazione ai competenti uffici comunali, specificando
il grado di rischio per la sicurezza dell’edificio.”.
4. Dopo il comma 1 dell’art. 7 della l.r. 31/2002 è inserito il seguente:
“1 bis. L’acquisizione presso gli uffici regionali della documentazione
tecnico‐amministrativa necessaria alla predisposizione del
fascicolo avviene senza oneri per il richiedente. Gli Enti locali
possono prevedere analoghe forme di agevolazione.”.
5. Il comma 4 dell’art. 7 della l.r. 31/2002 è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di consentire la redazione del fascicolo del fabbricato,
la Regione e i comuni prevedono forme di incentivo o di agevolazione
per i proprietari in condizioni economiche o sociali disagiate.
Con deliberazione della Giunta regionale sono definiti i requisiti
per 1’accesso alle forme di incentivo o agevolazione nonchè le
modalità di concessione.”.
6. Dopo 1’art. 7 della l.r. 31/2002 e inserito il seguente: “Art. 7 bis
(Sanzioni) ‐ 1. La violazione dell’obbligo di redazione del fascicolo
del fabbricato comporta 1’applicazione a carico degli obbligati di
una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 5.000 euro.”.
Art. 29 (Modifiche alla LR 3 agosto 2004, n. 10 “Interventi straordinari
in favore di soci di cooperative edilizie in difficoltà economiche”
e successive modifiche)
1. Dopo il comma 2 dell’art. 1 della l.r. 10/2004 e successive modifiche
sono aggiunti, in fine, i seguenti:
“2 bis. I soci delle cooperative edilizie di cui al comma 1, destinatari
della sovvenzione regionale finanziata in base alla legge 17 febbraio
1992, n. 179 (Norme per 1’edilizia residenziale pubblica) e successive
modifiche, che non abbiano ottenuto la liquidazione dell’intero importo
dovuto, mantengono l’inserimento nella prima fascia di reddito
considerato alla data di assegnazione della sovvenzione alla cooperativa,
senza obbligo di restituzione dell’importo già liquidato.
2 ter. Ai soci delle cooperative edilizie di cui al comma l che, alla data
di entrata in vigore della presente legge, non abbiano ottenuto la
liquidazione della sovvenzione regionale finanziata in base al decreto‐
legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per 1’accelerazione degli
investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione
dei procedimenti in materia edilizia.) convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, ancorchè erogata nella misura
del 30%, si applicano le disposizioni di cui alla 1. 179/1992 per consentire
la trasformazione della locazione a termine in proprietà degli
alloggi. A tal fine le cooperative interessate richiedono alla Regione
l’autorizzazione alla trasformazione e provvedono al conseguente
adeguamento della convenzione stipulata con i comuni.”.
Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per
l’edilizia residenziale sociale
Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 21 agosto 2009, n. 31, s.o. n.
142
CAPO I ‐ DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Oggetto e finalità)
1. La presente legge, nel rispetto dei vincoli relativi ai beni culturali,
paesaggistici e ambientali nonché della normativa sulle zone agricole,
a partire dall’intesa sull’atto concernente misure per il rilancio
dell’economia attraverso l’attività edilizia, pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, adottata tra Stato, Regioni ed Enti
locali, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), disciplina:
a) misure straordinarie ed urgenti nel settore edilizio, finalizzate a
contrastare la crisi economica ed a favorire l’adeguamento del patrimonio
edilizio esistente alla normativa antisismica, il miglioramento
della qualità architettonica e la sostenibilità energeticoambientale
del patrimonio stesso, secondo le tecniche, le disposizioni
ed i principi della bioedilizia;
b) misure urgenti per incrementare e sostenere l’offerta di edilizia
residenziale sovvenzionata e sociale;
c) modalità di coordinamento e di integrazione delle misure straordinarie
ed urgenti di cui alle lettere a) e b), nell’ambito di programmi
integrati di riqualificazione urbana, di promozione
dell’edilizia residenziale sociale, di ripristino ambientale e di risparmio
energetico;
d) lo snellimento delle procedure in materia urbanistica tramite le
modifiche ovvero le integrazioni alle leggi regionali 2 luglio 1987,
n. 36 (Norme in materia di attività urbanistico‐edilizia e snellimento
delle procedure) e successive modifiche, 26 giugno 1997, n.
22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la
riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio
della Regione), 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del
territorio) e successive modifiche e 16 aprile 2009, n. 13 (Disposizioni
per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti).
CAPO II ‐ MISURE STRAORDINARIE PER IL SETTORE EDILIZIO
Art. 2 (Ambito di applicazione)
1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli interventi di
ampliamento e di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
degli edifici di cui agli articoli 3, 4 e 5 per i quali, alla data di
entrata in vigore della presente legge, sia stata presentata al comune
la dichiarazione di ultimazione dei lavori, ai sensi del DPR 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia) e successive modifiche, ovvero che risultino
comunque ultimati ai sensi della normativa previgente, ivi compresi
gli edifici per i quali intervenga il rilascio del titolo edilizio abilitativo
in sanatoria entro il termine di cui all’art. 6, comma 4, con esclusione
degli edifici abusivi e degli immobili vincolati ai sensi della
parte II del DLgs 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e
del paesaggio ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e
successive modifiche nonché di quelli situati:
a) nelle zone territoriali omogenee A di cui al decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968 (Limiti inderogabili di densità
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico
o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi
strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) o, qualora gli strumenti
urbanistici generali non individuino le zone A, nei tessuti
storici tutelati dalle specifiche norme degli strumenti urbanistici
generali o, in mancanza, negli insediamenti urbani storici individuati
dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR);
b) nelle zone territoriali omogenee E di cui al decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968 limitatamente agli edifici rurali
con caratteri storico‐tipologici‐tradizionali, quali casali e complessi
rurali, che, ancorché non vincolati dal PTPR, siano stati realizzati
in epoca anteriore al 1930 e registrati in appositi censimenti
dai comuni interessati;
c) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta;
d) nelle aree naturali protette;
e) nelle fasce di rispetto dei territori costieri e dei territori contermini
ai laghi di cui, rispettivamente, all’art. 5, comma 1 e all’art. 6,
comma 1, della LR 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e
tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico) e successive
modifiche nonché nelle fasce di rispetto delle acque interne;
f) nelle zone di rischio molto elevato ed elevato individuate dai
piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla legge 18 maggio
1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale
della difesa del suolo) e successive modifiche e alla LR 7 ottobre
1996, n. 39 (Disciplina Autorità dei bacini regionali) e successive
modifiche, adottati o approvati, fatta eccezione per i territori ricadenti
nei comprensori di bonifica in cui la sicurezza del regime
idraulico è garantita da sistemi di idrovore;
g) nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici
ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei
servizi pubblici generali;
h) nelle fasce di rispetto delle strade statali, ferroviarie e autostradali.
2. Relativamente alle zone agricole, resta fermo quanto previsto dagli
articoli 55 e seguenti della l.r. 38/1999 e successive modifiche, fatto
salvo quanto previsto per l’ampliamento della volumetria residenziale
dall’art. 3, comma 1, lettera a) nonché, per gli interventi di
recupero degli edifici esistenti, dall’art. 5, limitatamente ai coltivatori
diretti ed agli imprenditori agricoli, come definiti dall’art. 2135 del
codice civile, iscritti alla sezione speciale della Camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura e/o loro eredi.
3. I comuni, entro e non oltre 90 giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, possono individuare, con deliberazione del
Consiglio comunale, ambiti del proprio strumento urbanistico nei
quali, in ragione di particolari qualità di carattere urbanistico ed architettonico,
limitare o escludere gli interventi previsti nel presente
articolo.
4. Ai fini dell’attuazione della presente legge, i parametri urbanistici
ed edilizi della volumetria o della superficie utile, utilizzati per il
calcolo dei volumi o delle superfici degli edifici esistenti nonché degli
edifici compresi nei piani previsti dalla presente legge, devono
essere gli stessi utilizzati per il calcolo degli ampliamenti previsti
negli articoli 3 e 4.
Art. 3 (Interventi di ampliamento degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo
di cui all’art. 6, interventi di ampliamento, nei seguenti limiti
massimi relativi alla volumetria esistente o alla superficie utile:
a) 20%, per gli edifici indicati nell’art. 2 a destinazione residenziale,
uni‐plurifamiliari, ivi comprese le case famiglia di cui alla LR 12
dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione
all’aperture ed al funzionamento di strutture che prestano servizi
socio‐assistenziali), e di volumetria non superiore a 1000 metri
cubi, per un incremento complessivo massimo, per l’intero edificio,
di 200 metri cubi ovvero di 62,5 metri quadrati;
b) 10% per gli edifici di cui all’art. 2 a destinazione non residenziale
per l’artigianato, la piccola industria e gli esercizi di vicinato, come
definiti dall’art. 24, comma 1, lettera a), n. 1 della LR 18 novembre
1999, n. 33, di superficie non superiore a 1000 metri quadrati,
purché venga mantenuta la specifica destinazione d’uso per
almeno dieci anni e gli interventi siano subordinati
all’installazione o al miglioramento dei sistemi di abbattimento
degli inquinanti, al monitoraggio delle emissioni, al risparmio
energetico e allo studio di materiali e procedure innovative che
possano ridurre l’impatto ambientale.
2. Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti soltanto:
a) in adiacenza al corpo di fabbrica dell’edificio, con esclusione della
sopraelevazione, ad eccezione degli interventi previsti dall’art. 3,
comma 1, lettera f), della l.r. 13/2009, come modificata dalla presente
legge ovvero degli interventi di realizzazione del tetto con
pendenza massima delle falde pari al 35%, utilizzando il sottotetto;
b) nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla normativa
vigente;
c) in relazione alle zone classificate a rischio sismico 1 e 2, per gli edifici
dotati della certificazione antisismica, qualora realizzati
successivamente all’attribuzione della suddetta classificazione.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, lettera c), per gli edifici
realizzati in zone classificate a rischio sismico gli ampliamenti di cui
al comma 1 sono consentiti esclusivamente a condizione che l’intero
edificio sia adeguato alla normativa antisismica. In tal caso, qualora
1’ampliamento di cui al comma 1 riguardi edifici ricadenti nella zona
sismica 1 o sottozona sismica 2°, come individuate dalla deliberazione
della Giunta regionale 22 maggio 2009, n. 387, lo stesso è consentito,
con riferimento a quelli di cui al comma 1, lettera a), nel
limite massimo del 35% della volumetria esistente o della superficie
utile per un incremento complessivo massimo per 1’intero edificio
di 350 metri cubi ovvero di 110 metri quadrati e, per quelli di cui al
comma 1, lettera b), nel limite massimo del 20% della superficie utile.
4. Gli ampliamenti di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto
di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia
di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia e, in particolare,
dal DLgs 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva
2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia) nonché
dalla LR 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di
architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche.
5. La realizzazione degli ampliamenti di cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
ovvero al loro adeguamento, in relazione al maggior carico urbanistico
connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile
degli edifici esistenti, nonché dei parcheggi pertinenziali, fatto
salvo quanto previsto dal comma 6;
b) alla predisposizione del fascicolo del fabbricato, secondo quanto
previsto dalla LR 12 settembre 2002, n. 31 (Istituzione del fascicolo
del fabbricato) e successive modifiche e dal relativo regolamento
regionale di attuazione 14 aprile 2005, n. 6, ovvero dagli specifici
regolamenti comunali, qualora adottati.
6. Esclusivamente per le opere di urbanizzazione secondaria, come
individuate dall’art. 3 del decreto del Ministro per il lavori pubblici
2 aprile 1968, qualora venga comprovata l’impossibilità del loro adeguamento,
i titoli edilizi abilitativi sono subordinati al pagamento,
oltre che degli oneri concessori, di un contributo straordinario proporzionale
al valore delle opere stesse, pari al 50% del valore degli
oneri corrispondenti, secondo quanto stabilito con apposita deliberazione
del comune. Le risorse derivanti dai contributi straordinari
sono destinate dai comuni all’adeguamento dei servizi nei territori
interessati dagli interventi. Qualora gli interventi di ampliamento
siano realizzati negli ambiti interessati da piani di recupero, le risorse
derivanti dai contributi straordinari, sono destinati ai consorzi di
autorecupero, al fine della realizzazione delle opere di urbanizzazione
a scomputo. Per i fini di cui al presente comma i comuni individuano
nuove aree, prevalentemente contermini alle zone ove ricadono
gli interventi, per adeguare gli standard urbanistici.
7. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si cumulano con gli ampliamenti
eventualmente consentiti da altre norme vigenti o dagli
strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici. Nel caso di edifici
a destinazione residenziale e non, gli ampliamenti consentiti alle
singole unità immobiliari non possono superare cumulativamente i
limiti di cui al comma 1.
8. La destinazione d’uso degli edifici di cui al comma 1 deve essere
mantenuta per cinque anni dalla dichiarazione di ultimazione dei
lavori relativi agli interventi di ampliamento.
9. In ordine alle necessità di interventi di ampliamento della prima
casa, viene riconosciuta ai comuni la facoltà di consentire con delibera
del Consiglio comunale, adottata entro 90 giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, una riduzione fino al massimo
del 30% del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria.
Art. 4 (Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti sono consentiti, con esclusione delle zone C del decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, previa acquisizione
del titolo abilitativo di cui all’art. 6, interventi di sostituzione
edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici di cui all’art. 2
a destinazione residenziale per almeno il 75%, con ampliamento entro
il limite del 35% della volumetria o della superficie utile esistente.
L’altezza degli edifici non può superare l’altezza massima degli
edifici contermini, fermo restando il rispetto delle distanze previste
dalla normativa vigente.
2. Gli edifici di cui al comma 1 sono ricostruiti in conformità alla
normativa antisismica.
3. Gli interventi di demolizione e ricostruzione di cui al comma 1
devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa
statale e regionale in materia di sostenibilità energeticoambientale
e di bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché
dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti
inferiore del 10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di
energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti
più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui
all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. La realizzazione degli interventi di demolizione e ricostruzione di
cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria
ovvero al loro adeguamento in relazione al maggior carico urbanistico
connesso al previsto aumento di volume o di superficie
degli edifici esistenti, nonché dei parcheggi pertinenziali;
b) alla predisposizione del fascicolo del fabbricato, secondo quanto
previsto dalla l.r. 31/2002 e dal r.r. 6/2005, ovvero dagli specifici
regolamenti comunali, qualora adottati;
c) alla realizzazione di interventi di piantumazione di essenze arboree
e vegetazionali che interessino almeno il 25% dell’area di pertinenza
dell’intervento di sostituzione edilizia.
5. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si cumulano con gli ampliamenti
eventualmente consentiti da altre norme vigenti o dagli
strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici.
6. Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno
all’accesso alle abitazioni in locazione di cui all’art. 14 della LR 6 agosto
1999, n. 12 (Disciplina delle funzioni amministrative regionali
e locali in materia di edilizia residenziale pubblica) l’intervento di
sostituzione edilizia, se volto alla realizzazione di ulteriori unità
immobiliari rispetto a quelle preesistenti, è, altresì, subordinato
all’obbligo di destinare il 25% delle unità immobiliari aggiuntive alla
locazione a canone concordato di cui all’art. 2, comma 3, della legge
9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli
immobili adibiti ad uso abitativo) e successive modifiche per un periodo
non inferiore a otto anni.
7. Al fine di promuovere la qualità edilizia ed architettonica degli
edifici di cui al presente articolo e dell’ambiente urbano, nel caso in
cui il soggetto proponente l’intervento di sostituzione edilizia provveda
mediante la procedura del concorso di progettazione, con
l’assistenza degli ordini professionali competenti, l’ampliamento di
cui al comma 1 è aumentato al 40%, purché l’intervento sia realizzato
sulla base del progetto vincitore del concorso.
8. In ordine alle necessità di interventi di cui ai commi 1 e 2 adottati
in riferimento alla prima casa è riconosciuta ai comuni la facoltà di
consentire con delibera del Consiglio comunale, adottata entro 90
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, una riduzione
fino al massimo del 30% del contributo dovuto in riferimento
agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Art. 5 (Interventi di recupero degli edifici esistenti)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi
comunali vigenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo
di cui all’art. 6:
a) interventi di recupero per fini residenziali dei volumi accessori
degli edifici di cui all’art. 2, comma 2, a destinazione residenziale
per almeno il 75% e con volumetria non superiore a 1000 metri
cubi, limitatamente al 20% del volume o della superficie, fino ad
un massimo di 200 metri cubi ovvero di 62,5 metri quadrati;
b) interventi di recupero di parti accessorie degli edifici di cui
all’art. 2, comma 2, a destinazione prevalentemente residenziale,
ubicati in zone destinate urbanisticamente all’agricoltura, a favore
del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo, così come
definito dall’art. 2135 del codice civile, iscritti alla sezione speciale
della Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura
e/o loro eredi.
2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, lettera a), è
subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria ovvero al loro adeguamento, in relazione al maggior carico
urbanistico connesso alla trasformazione a destinazione residenziale.
3. Gli interventi di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto
di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia
di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia e, in particolare,
dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la
prestazione energetica risulti inferiore del 10% rispetto ai valori limite
per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero
rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo
regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. Gli interventi di cui al comma 1 non sono cumulabili con quelli
previsti dagli articoli 3 e 4.
Art. 6 (Titoli abilitativi e termini per la presentazione delle domande)
1. Fermi restando i nulla osta, le autorizzazioni ed ogni altro atto di
assenso comunque denominato previsti dalla normativa statale e regionale
vigente e fatto salvo quanto previsto dal comma 2, gli interventi
straordinari di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono consentiti previa
denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell’art. 23 del d.p.r.
380/2001 e successive modifiche, fermo restando quanto dovuto a titolo
di oneri concessori ai sensi della normativa vigente. Per gli interventi
straordinari da realizzare nei territori ricadenti nei comprensori
di bonifica previsti dall’art. 2, comma 1, lettera e), ai fini
dell’ottenimento del titolo edilizio abilitativo deve essere, altresì, acquisito
il parere del competente consorzio di bonifica, da rendersi
entro 90 giorni dalla richiesta, decorsi i quali si intende favorevolmente
reso.
2. Gli interventi straordinari di sostituzione edilizia con demolizione
e ricostruzione di cui all’art. 4, di volumetria superiore a 3.000
metri cubi, sono consentiti previa acquisizione del permesso di costruire
ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche,
fermi restando gli adempimenti di cui al comma 1 in ordine agli oneri
concessori.
3. Ai fini della corresponsione degli oneri concessori di cui ai commi
1 e 2, i comuni possono, con apposita deliberazione, applicare
una riduzione, limitatamente al costo di costruzione, fino a un massimo
del 30%.
4. La DIA e le domande di concessione del permesso di costruire di
cui al comma 2 devono essere presentate a partire dalla scadenza del
termine di 90 giorni di cui all’art. 2, comma 3 ed entro il termine di
ventiquattro mesi decorrente dalla medesima scadenza.
5. L’esecuzione dei lavori degli interventi previsti dalla presente
legge deve essere effettuata da imprese di costruzione in possesso
dei requisiti previsti dalla legge.
Art. 7 (Programma integrato per il ripristino ambientale)
1. Allo scopo di riqualificare e recuperare i territori caratterizzati
dalla presenza di elevate valenze naturalistiche, ambientali e culturali,
i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o private, anche su
proposta di consorzi, imprese e cooperative con documentata capacità
tecnico‐organizzativa ed economica adeguata all’importo dei lavori
oggetto della proposta medesima, adottano, ai sensi della l.r.
22/1997, programmi integrati finalizzati al ripristino ambientale e
all’incremento della dotazione di standard urbanistici, mediante la
demolizione di porzioni di tessuti edilizi o di singoli edifici legittimamente
realizzati in aree sottoposte a vincoli ambientali, paesaggistici
e in aree naturali protette.
2. Il programma integrato prevede, disponendone la contestuale attuazione:
a) la demolizione, a carico dei proprietari, delle porzioni di tessuti
edilizi o dei singoli edifici e la cessione a titolo gratuito al comune
dell’area oggetto del ripristino ambientale e della riqualificazione
della stessa;
b) la traslazione, previa localizzazione, delle volumetrie degli edifici
demoliti in altre aree esterne a quelle vincolate di cui al comma 1,
facendo ricorso anche al cambio di destinazione d’uso rispetto agli
edifici demoliti, alla modifica delle destinazioni urbanistiche
vigenti e all’aumento della capacità edificatoria;
c) un incremento premiale fino ad un massimo del 50% del volume
degli edifici demoliti, in proporzione alla dotazione straordinaria
di standard urbanistici proposta nel programma. Per i soli comuni
del litorale marittimo l’incremento potrà essere portato fino al
60%, a condizione che la nuova destinazione sia turistico‐ricettiva
ai sensi della LR 6 agosto 2007, n. 13 (Organizzazione del sistema
turistico laziale. Modifiche alla LR 6 agosto 1999, n. 14 “Organizzazione
delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione
del decentramento amministrativo”) e successive modifiche,
con durata non inferiore a venti anni.
3. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati
nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale
in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia
ed, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e
successive modifiche e in modo che la prestazione energetica risulti
inferiore del 10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di
energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti
più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui
all’art. 7 della l.r. 6/2008.
4. I comuni individuano, con deliberazione del Consiglio comunale,
gli ambiti destinati al ripristino ambientale e quelli destinati ad accogliere
gli interventi di ricostruzione con riferimento allo strumento
urbanistico vigente, individuando questi ultimi prioritariamente
nelle zone B di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici del 2
aprile 1968, con esclusione dei centri storici e delle zone a destinazione
agricola, fatto salvo quanto previsto dall’art. 2, comma 4, della
l.r. 22/1997 e successive modifiche e definiscono, altresì, i criteri e gli
indirizzi per l’attuazione dei programmi integrati per il ripristino
ambientale.
5. I programmi integrati di cui al presente articolo assumono carattere
di rilevante valenza urbanistica, possono riguardare anche aree
libere e singole funzioni urbanistiche, ma non possono comunque
interessare le destinazioni urbanistiche che attengono ad aspetti
strategici dello strumento urbanistico vigente o adottato, ovvero il
sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e della mobilità.
Art. 8 (Programma integrato per il riordino urbano e delle periferie)
1. Per riqualificare gli ambiti urbani e le periferie con presenza di
funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché
di edifici isolati a destinazione industriale dismessi, parzialmente utilizzati
o degradati, i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o
private, adottano, ai sensi della l.r. 22/1997, programmi integrati finalizzati
all’incremento degli standard urbanistici e al riordino del
tessuto urbano.
2. Gli interventi previsti dai programmi di cui al comma 1 sono localizzati
nei territori in cui si concentrano gli interventi di ampliamento
e sostituzione edilizia previsti dal presente capo.
3. Il programma integrato può prevedere interventi di sostituzione
edilizia, modifiche di destinazione d’uso di aree e di immobili e
l’incremento fino ad un massimo del 40% della volumetria o superficie
demolita, a condizione che la ristrutturazione urbanistica preveda
una dotazione straordinaria degli standard urbanistici e delle
opere di urbanizzazione primaria, nonché una quota destinata ad
edilizia residenziale sociale. Fatta salva la dotazione straordinaria
degli standard, ai fini dell’applicazione del presente comma, gli interventi
sugli edifici a destinazione industriale devono essere dimensionati
esclusivamente sulla base della superficie esistente demolita.
4. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati
nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale
in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di bioedilizia
e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in
modo che la prestazione energetica risulti inferiore del 10% rispetto
ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs.
192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti
dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7 della l.r.
6/2008.
5. I comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, individuano,
con riferimento alle destinazioni dello strumento urbanistico vigente,
gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti,
localizzandoli prioritariamente nelle zone B di cui al decreto del
Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ovvero, qualora gli interventi
riguardino gli edifici industriali di cui al comma 1, nei relativi
lotti di pertinenza, limitatamente alle aree necessarie alla localizzazione
degli interventi di sostituzione edilizia e dei relativi standard
urbanistici, con esclusione dei centri storici e delle zone a destinazione
agricola, fatto salvo quanto previsto dall’art. 2, comma 4, della
l.r. 22/1997, e definiscono i criteri e gli indirizzi per l’attuazione dei
programmi integrati per il riordino urbano e delle periferie.
6. I programmi integrati del presente articolo assumono carattere di
rilevante valenza urbanistica, possono riguardare anche aree libere e
singole funzioni, ma non possono comunque interessare le destinazioni
che attengono ad aspetti strategici dello strumento urbanistico
vigente o adottato ovvero il sistema dei servizi pubblici generali,
delle infrastrutture e della mobilità.
Art. 9 (Misure per la riqualificazione urbanistica)
1. La Regione promuove la formazione degli strumenti urbanistici
anche attuativi o dei programmi di iniziativa pubblica volti a sviluppare
i processi urbanistici di ripristino ambientale, di riordino
urbano e delle periferie di cui al presente capo, effettuati sulla base
di bandi concorsuali di evidenza pubblica e mirati ad integrare gli
obiettivi strategici pubblici previsti dai comuni con le proposte di iniziativa
privata ricadenti nelle parti delle città e dei quartieri oggetto
dei piani o dei programmi.
2. Alle finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale, con deliberazione
da adottare entro 90 giorni dalla data di ‘entrata in vigore della
presente legge, definisce gli indirizzi ed i criteri per
1’assegnazione dei contributi per la formazione degli strumenti di
cui al comma 1, tenendo conto di quanto previsto nella LR 3 novembre
1976, n. 55 (Nuove disposizioni per agevolare la formazione di
strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica. Abrogazione
della LR 7 febbraio 1974, n. 8) e successive modifiche, fatta salva
1’estensione dei benefici a tutti i comuni del Lazio.
3. Gli oneri derivanti dai contributi per la formazione degli strumenti
urbanistici di cui al comma 2 gravano sulle disponibilità del
capitolo E 72505.
4. La Regione contribuisce al finanziamento delle opere per il perseguimento
degli obiettivi strategici di cui al comma 1 previste dai
comuni, con le modalità stabilite nella LR 12 aprile 2007, n. 6 (Interventi
straordinari per la riqualificazione urbanistico ambientale e
per il risanamento igienico sanitario e paesaggistico di ambiti territoriali
individuati dalla Regione caratterizzati da gravi fenomeni di
abusivismo edilizio. Individuazione del primo ambito comprendente
il territorio dei comuni di Aprilia, Anzio, Ardea, Nettuno e Pomezia).
Gli oneri di cui al presente comma gravano sul capitolo E
74509.
Art. 10 (Modifica alla LR 16 aprile 2009, n. 13 “Disposizioni per il
recupero afini abitativi dei sottotetti esistenti”)
1. La lettera f), del comma 1 dell’art. 3 della l.r. 13/2009 è sostituita
dalla seguente:
“f) sono consentite modificazioni delle altezze di colmo e di gronda
nonché delle linee di pendenza delle falde esistenti, unicamente al
fine di assicurare i parametri fissati dalla presente legge, a condizione
che non comportino un aumento superiore al 20% della volumetria
del sottotetto esistente.”.
Art. 11 (Modifiche alla LR 26 giugno 1997, n. 22 “Norme in materia
di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica,
edilizia ed ambientale del territorio della Regione”)
1. Il comma 1 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 è sostituito dal seguente:
“1. Il comune adotta i programmi integrati di cui all’art. 3, presentati
da soggetti pubblici o privati, entro il termine di 60 giorni
dalla data di presentazione, ovvero di 90 giorni, qualora siano in
variante allo strumento urbanistico generale. Il comune può subordinare
l’avvio dei programmi in variante ad un preventivo atto
di indirizzo da assumersi con deliberazione di consiglio.”.
2. Al comma 2 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “, fatto salvo quanto previsto dal comma 3.”.
3. Al comma 3 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 le parole da: “ trascorsi” a:
“comma 4” sono soppresse.
4. Al comma 4 dell’art. 4 della l.r. 22/1997 le parole: “Al fine di”
sono sostituite dalle seguenti: “In alternativa ai commi 2 e 3, al fine
di”.
5. Prima del comma 1 dell’art. 3 è inserito il seguente:
“01. Al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi di qualità
edilizia, sicurezza nei luoghi di lavoro e regolarità contributiva
gli interventi della presente legge sono presentati da soggetti
pubblici o privati associati con soggetti in possesso di capacità
tecnica, organizzativa ed economica adeguati all’importo dei lavori
oggetto della proposta, che, all’atto di presentazione del programma
integrato, dimostrino l’applicazione dei contratti collettivi
di lavoro nazionali e territoriali di settore e presentino il
documento unico di regolarità contributiva (DURC).”.
CAPO III ‐ EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA E SOCIALE
Art. 12 (Edilizia residenziale sociale. Prime disposizioni per il diritto
all’abitare)
1. In attesa della disciplina organica in materia di edilizia residenziale
sociale, al fine di garantire il diritto all’abitare, la Regione promuove
sul proprio territorio, con il concorso di Enti locali, aziende
pubbliche, fondazioni no profit, imprese sociali, banche etiche e di
altri soggetti senza scopo di lucro nonché delle imprese di costruzioni
e delle cooperative di abitazione, l’edilizia residenziale sociale,
intesa come disponibilità di alloggi realizzati o recuperati da operatori
pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche
quali esenzioni fiscali, assegnazioni di aree od immobili, fondi
di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico, destinati alla locazione
permanente a canone sostenibile o a riscatto, ai sensi dell’art. 15,
comma 5. Rientra, altresì, nell’edilizia residenziale sociale l’albergo
sociale, consistente in una struttura residenziale in grado di fornire
una sistemazione alloggiativa temporanea con servizi e spazi comuni.
2. Nelle aree ad alta tensione abitativa e in relazione alle fasce di
popolazione più esposte al disagio abitativo la Regione, per le finalità
di cui al comma 1, si avvale, oltre che dei soggetti di cui al medesimo
comma 1, delle ATER mediante la stipula di contratti di servizio,
per la definizione di tutti i rapporti funzionali, prestazionali, economici
e finanziari.
3. L’edilizia residenziale sociale è realizzata da operatori pubblici e
privati tramite l’offerta di alloggi in locazione o a riscatto, in modo
da garantire l’integrazione di diverse fasce sociali e il miglioramento
delle condizioni di vita dei destinatari, anche attraverso la realizzazione
di un progetto sociale di comunità ambientalmente e socialmente
sostenibile con il supporto di strumenti e servizi per la riduzione
dell’impatto ambientale, l’istruzione, la salute, il lavoro e
l’educazione ambientale.
4. Sono definiti gestori di edilizia residenziale sociale i soggetti,
pubblici e privati, che gestiscono alloggi di edilizia residenziale sociale
di proprietà pubblica, affidati a seguito di procedure di evidenza
pubblica nonché di proprietà privata. I gestori di edilizia residenziale
sociale sono iscritti in un elenco regionale, la cui tenuta è curata
dall’assessorato regionale competente in materia di politiche della
casa. Il regolamento previsto dal comma 5 disciplina i criteri e le
modalità per l’iscrizione all’elenco e per la tenuta dello stesso.
5. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge
la Giunta regionale adotta un regolamento, ai sensi dell’art. 47,
comma 2, lettera b), dello Statuto, per la disciplina dei criteri di attuazione
e gestione degli interventi di edilizia residenziale sociale,
dei requisiti per l’accesso e la permanenza nella stessa, dei criteri per
la determinazione del canone sostenibile e dei criteri e delle modalità
per l’iscrizione all’elenco dei gestori di edilizia residenziale sociale
e per la tenuta dello stesso. Il regolamento è adottato sentita la competente
commissione consiliare, le organizzazioni sindacali degli inquilini
più rappresentative nel territorio regionale, le associazioni di
categoria delle imprese di costruzioni e delle cooperative di abitazione
nonché le associazioni presenti sul territorio interessate alle
problematiche del disagio abitativo.
Art. 13 (Indirizzi ai comuni per garantire il passaggio da casa a casa
di particolari categorie sociali)
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di garantire il passaggio
da casa a casa dei soggetti aventi i requisiti di cui all’art. 1 della legge
8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo
per particolari categorie sociali) e delle famiglie oggetto di azioni
di rilascio per morosità collocate utilmente nelle graduatorie
comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, i
comuni individuati nell’art. 1 della l. 9/2007 possono istituire apposite
commissioni per promuovere l’eventuale graduazione delle azioni
di rilascio da parte della competente autorità giudiziaria ordinaria.
2. I comuni disciplinano il funzionamento e la composizione delle
commissioni di cui al comma 1, garantendo la presenza, previa intesa
con le amministrazioni statali di appartenenza, di un rappresentante
della prefettura e di un rappresentante della questura competenti
per territorio, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali
degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni di proprietà
edilizia maggiormente
rappresentative individuate ai sensi dell’art. 4, comma 1, della l.
431/1998 e successive modifiche e della convenzione nazionale sottoscritta
ai sensi del medesimo art. 4, comma 1, in data 8 febbraio
1999 e successive modifiche, nonché di un rappresentante dell’ATER
competente territorialmente.
Art. 14 (Misure a sostegno dei soggetti che hanno contratto o contrarranno
mutui per l’acquisto della prima casa e per
l’autorecupero)
1. Per sostenere gli individui che hanno contratto o intendono contrarre
un mutuo finalizzato all’acquisto, alla costruzione, al recupero
o all’autorecupero della prima casa, la Regione promuove misure di
sostegno e garanzia.
2. Accanto al fondo di solidarietà per i mutui istituito dall’art. 13
della LR 24 dicembre 2008, n. 31 (Legge finanziaria regionale per
l’esercizio 2009) è istituito, a favore dei nuclei familiari con un reddito
ISEE fino a 40 mila euro che non presentano sufficienti garanzie
per l’accensione di mutui, un fondo di garanzia finalizzato a consentire
l’accesso al mutuo. I soggetti di cui al presente articolo non devono
possedere altri immobili di proprietà nella Regione Lazio e il
mutuo da contrarre non può essere superiore a quindici volte il loro
reddito ISEE. Con apposita delibera di Giunta regionale sono stabiliti
i requisiti per l’identificazione dei nuclei familiari interessati e la
modalità di funzionamento del fondo la cui gestione è affidata a Sviluppo
Lazio o a sue controllate.
3. Le misure di cui al comma 1 e 2 sono rivolte anche alle cooperative
di autorecupero di immobili pubblici. Per accedere a tali misure è
necessario che almeno 2/3 dei soci della cooperativa abbiano almeno
un reddito ISEE inferiore a 40 mila euro. Il fondo previsto al comma
2 può essere anche utilizzato per l’accensione di mutui individuali o
la trasformazione dei mutui intrapresi dalle cooperative di autorecupero
in mutui individuali e comunque finalizzati all’autorecupero
di immobili pubblici.
4. Le risorse di cui al fondo di garanzia previsto dal comma 2 sono
utilizzate, fino a un limite massimo del 25% della disponibilità annuale,
per la concessione di contributi a favore dei nuclei familiari,
anche monoparentali, costituiti da persone ultrasessantacinquenni
con reddito ISEE, riferito all’intero nucleo familiare, inferiore o uguale
a 25 mila euro, per ristrutturare o adeguare gli immobili di
proprietà, destinati a prima casa, al fine della messa in sicurezza e
adeguamento degli impianti tecnologici ed igienici, dell’incremento
del risparmio energetico, dell’eventuale abbattimento delle barriere
architettoniche e dell’installazione di apparecchiature di telesoccorso
e telecontrollo.
5. Per la copertura delle spese previste dal presente articolo si provvede
con appositi fondi previsti dall’art. 13 della l.r. 31/2008 e
dall’art. 75 della LR 28 aprile 2006, n. 4, relativo al fondo speciale di
garanzia per la casa.
Art. 15 (Programmazione regionale dell’edilizia residenziale sociale
e piano straordinario decennale di edilizia sovvenzionata)
1. Al fine di garantire sul territorio regionale i livelli minimi essenziali
di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana,
in attesa della riforma generale della disciplina dell’edilizia
residenziale pubblica, la Regione predispone un’organica programmazione
di interventi per l’edilizia residenziale sociale, tenendo conto
in primo luogo delle necessità segnalate dai comuni definiti ad alta
tensione abitativa e promuove un piano straordinario decennale
di interventi finalizzati in particolare alla manutenzione e realizzazione
di edilizia sovvenzionata anche attraverso il recupero di edifici
dismessi, assicurando il coordinamento dei soggetti pubblici e
privati e del terzo settore. In questo quadro la Regione promuove,
d’intesa con i comuni interessati, il censimento delle realtà di emergenza
alloggiativa presenti al fine di promuovere nei confronti dei
nuclei interessati l’applicazione della disposizione di cui al comma
4, lettera a).
2. Nella programmazione regionale di cui al comma 1 sono ricompresi,
in particolare, gli interventi comunque rivolti all’incremento
dell’offerta abitativa da destinare prioritariamente a nuclei familiari
a basso reddito e ad altri soggetti in condizioni sociali ed economiche
svantaggiate, come individuati, anche in sede di finanziamento
degli interventi stessi, da apposita deliberazione della Giunta regionale.
3. Nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale ricadono sia gli alloggi
destinati alla locazione a canone sostenibile di cui all’art. 1,
commi 258, 259, 285 e 286 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato‐ Legge finanziaria 2008) sia gli alloggi sociali come definiti e
disciplinati dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile
2008 (Definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione
dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e
88 del Trattato istitutivo della Comunità europea).
4. Per le finalità di cui al comma 1 ed in base all’intesa ai sensi
all’art. 8, comma 6, della l. 131/2003 tra Stato, Regioni ed Enti locali,
sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso
l’attività edilizia, come pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 29 aprile
2009 n.98, la Regione individua una serie di strumenti per garantire
a tutti i soggetti di cui al comma 1 il diritto all’abitare attraverso:
a) interventi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata a totale
carico del soggetto pubblico volti ad aumentare la disponibilità di
alloggi destinati alla fasce sociali più deboli;
b) interventi di edilizia agevolata e convenzionata realizzati da imprese
di costruzioni e cooperative di abitazione destinati alla locazione
o alla proprietà;
c) interventi di edilizia residenziale sociale volti ad aumentare la disponibilità
di alloggi posti in affitto a canone sostenibile o a riscatto
così come definito nel comma 5 promossi sia da soggetti
pubblici che privati e destinati alle fasce sociali non in grado di
accedere alla locazione nel libero mercato;
d) interventi volti a sostenere le fasce sociali in difficoltà nell’accesso
alla prima casa sul libero mercato, sia nell’acquisto che nella locazione.
5. Fermo restando quanto previsto all’art. 70 della l.r. 31/2008, la locazione
degli alloggi di edilizia residenziale sociale, anche agevolata,
può essere trasformata in riscatto, purché sia garantita per
l’inquilino la possibilità di scelta qualora voglia rimanere in affitto.
Qualora l’inquilino non eserciti il diritto al riscatto esso verrà esercitato
dall’ATER del territorio di competenza che continuerà a garantire
all’inquilino il diritto alla locazione nei limiti e secondo i criteri e
le modalità da definire in sede di applicazione della previsione contenuta
nell’art. 15, comma 2, lettera c), della LR 3 settembre 2002, n.
30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia
residenziale pubblica).
6. Nelle more dell’istituzione di uno specifico tributo regionale ai
sensi di quanto previsto dall’art. 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’art. 119 della Costituzione), il 5% del gettito della tassa automobilistica
è destinato, a partire dall’esercizio finanziario 2010,
all’attuazione degli interventi di cui al piano straordinario decennale
di edilizia sovvenzionata.
Art. 16 (Misure urgenti per gli immobili della Regione, delle
ATER, degli altri enti dipendenti della Regione e degli Enti locali)
1. Al fine di incrementare l’offerta di alloggi sociali, la Regione, le
ATER e gli altri enti dipendenti dalla Regione e gli Enti locali, in deroga
alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai
regolamenti edilizi, possono eseguire sugli edifici di loro proprietà,
sia a destinazione non residenziale che residenziale, rispettivamente,
il cambio di destinazione ad uso residenziale, con o senza opere,
nonché il frazionamento di unità abitative con il rispetto della superficie
minima stabilita nel regolamento edilizio che, in assenza di specifica
previsione, non può essere inferiore a 38 metri quadrati. Le
ATER e gli Enti locali possono, altresì, utilizzare, in deroga alle previsioni
degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti
edilizi, anche al fine di realizzare alloggi privi di barriere architettoniche,
i piani terra liberi degli edifici di loro proprietà non oggetto
dei vincoli di tutela prevista dalla legislazione vigente o degli strumenti
urbanistici.
2. Negli edifici di cui al comma 1 sono altresì consentiti gli interventi
di ampliamento e di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione
di cui al Capo II, nel rispetto dei limiti ivi previsti.
3. Gli interventi previsti dal comma 2 sono realizzati dalla Regione,
dalle ATER, dagli altri enti dipendenti dalla Regione e dagli Enti locali
nel rispetto e salvaguardia delle caratteristiche storicoarchitettoniche
degli edifici e dell’impianto urbanistico.
4. Nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 comportino una
modifica della destinazione d’uso, gli stessi sono comunicati ai comuni
interessati.
Art. 17 (Riqualificazione di quartieri di edilizia residenziale pubblica)
1. I comuni, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle aree per l’edilizia
residenziale pubblica inserite negli ambiti urbanistici compresi nei
piani di zona, anche in eccedenza del fabbisogno abitativo previsto e
previa valutazione della sostenibilità del maggior carico insediativo,
possono effettuare:
a) l’aumento della previsione edificatoria delle aree già destinate
dallo strumento urbanistico ad edilizia residenziale pubblica,
fermo restando il rispetto dello standard urbanistico minimo inderogabile
riferito al numero degli abitanti complessivamente insediati,
ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
b) la variazione in edilizia residenziale sociale degli standard urbanistici,
eventualmente eccedenti rispetto a quanto previsto dal
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, qualora si
accerti, nell’ambito del piano di zona, il rispetto della misura minima
inderogabile riferita al numero degli abitanti complessivamente
insediati, ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
c) interventi di ristrutturazione urbanistica.
2. Per le finalità del presente articolo i comuni, in relazione alle diverse
tipologie di intervento, possono adottare, anche attivando
processi partecipativi che coinvolgano gli abitanti di quartieri interessati:
a) varianti ai piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167
(Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per
l’edilizia economica e popolare);
b) le localizzazioni degli interventi con le procedure di cui all’art. 51
della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento
dell’edilizia residenziale pubblica; norme sull’espropriazione per
pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto
1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed
autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore
dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata);
c) i programmi integrati di cui alla l.r. 22/1997;
d) la variante urbanistica di cui all’art. 66 bis della l.r. 38/1999.
3. Alle varianti e ai piani e programmi per la realizzazione degli interventi
di cui al comma 1, lettere a) e b), ricadenti all’interno degli
attuali perimetri dei piani di zona, anche se decaduti o in corso di attuazione
ai sensi dell’art. 5 bis del decreto‐legge 27 maggio 2005, n.
86 (Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori
di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo
conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio) convertito con
modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n.148 ovvero aventi una diversa
destinazione urbanistica ai sensi degli strumenti urbanistici
generali vigenti, si applica la procedura prevista dall’art. 1 della l.r.
36/1987 come modificato dalla presente legge, salvo quanto previsto
dall’art. 1 bis della medesima l.r. 36/1987, come introdotto dalla presente
legge.
4. I programmi integrati di cui al comma 2, lettera c) possono comprendere
anche aree libere e singole funzioni urbanistiche, con esclusione
di quelle interessate da destinazioni che attengono ad aspetti
strategici dello strumento urbanistico generale vigente, ovvero
al sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e della
mobilità. I programmi integrati possono ricomprendere, altresì, le
zone indicate dall’art. 2, commi 4 e 5, della l.r. 22/1997, per i fini e
con i limiti ivi previsti.
5. Ai soli fini della dotazione di edilizia residenziale sociale, prevalentemente
per le categorie degli anziani in condizioni sociali ed economiche
svantaggiate e degli studenti fuori sede per assicurare il
diritto allo studio, i comuni possono variare le destinazioni del proprio
strumento urbanistico generale vigente, nel limite massimo del
10% delle destinazioni stesse, con esclusione di quelle di cui al
comma 1, di quelle che attengono ad aspetti strategici dello strumento
urbanistico generale vigente, ovvero al sistema dei servizi pubblici
generali, delle infrastrutture, della mobilità e delle zone agricole,
fatte salve le fattispecie previste al comma 4.
6. Gli interventi previsti negli strumenti di cui al comma 2 devono
essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale
e regionale in materia di sostenibilità energetico‐ambientale e di
bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r.
6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore del
10% rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati
dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli eventuali limiti più restrittivi
definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’art. 7
della l.r. 6/2008.
Art. 18 (Standard per l’edilizia residenziale sociale)
1. Fatto salvo quanto disciplinato dalle norme di attuazione degli
strumenti urbanistici vigenti, al fine di soddisfare il fabbisogno di alloggi
sociali ed evitarne la concentrazione in circoscritti ambiti urbani,
negli strumenti urbanistici generali di nuova formazione e nei
relativi strumenti attuativi, nonché nelle varianti generali di nuova
formazione, alle aree necessarie per la dotazione degli standard urbanistici
di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile
1968 sono aggiunte le aree o immobili per la realizzazione degli interventi
di edilizia residenziale sociale, in applicazione dell’art. 1,
commi 258 e 259, della l. 244/2007 da cedere gratuitamente da parte
dei proprietari singoli o in forma consortile o associata,
all’amministrazione comunale.
2. In relazione al tipo di intervento urbanistico, la cessione gratuita
di cui al comma 1 riguarda prevalentemente le zone C del decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ricomprese nei piani
urbanistici attuativi.
3. Nei casi di cui al comma 1 la cessione delle aree per l’edilizia residenziale
sociale è determinata nella misura minima del 20%
dell’area fondiaria edificabile, fatte salve le cessioni complessive per
gli standard urbanistici. I comuni, al fine di soddisfare il fabbisogno
di edilizia residenziale sociale, possono incrementare tale percentuale.
4. Per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico
ed edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, la percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50%,
limitatamente alla edificabilità aggiunta generata dallo strumento
urbanistico generale rispetto alle previgenti previsioni. Sono fatte
salve le maggiori percentuali previste dagli strumenti urbanistici
generali già approvati alla data di entrata in vigore della presente
legge.
5. Nell’ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate
all’edilizia residenziale sociale indicate nei commi 3 e 4, i comuni
riservano almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi
di edilizia residenziale sovvenzionata.
6. Nell’ambito degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, gli
standard di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile
1968 devono essere dimensionati con riferimento al numero di abitanti
previsti, ivi compresi quelli derivanti dalla quota per l’edilizia
residenziale sociale.
7. Fatta salva la cessione gratuita delle aree di cui al presente articolo,
ai fini della realizzazione degli interventi di edilizia residenziale
sociale, il comune può, nell’ambito delle previsioni degli strumenti
urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale pari alla
capacità edificatoria delle aree fondiarie cedute per l’edilizia residenziale
sociale e stabilire oneri straordinari in relazione
all’incremento del valore immobiliare. Il comune può, con procedure
ad evidenza pubblica, assegnare quota‐parte delle aree acquisite,
destinandole ad edilizia libera residenziale destinata ad affitti a canone
concordato o alle altre forma stabilite dalle vigenti disposizioni
in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale.
Art. 19 (Accelerazioni procedurali per gli interventi di edilizia residenziale
pubblica)
1. Al fine di accelerare la conclusione degli interventi regionali di
edilizia residenziale pubblica già programmati e finanziati, con particolare
riferimento a quelli attribuiti alle ATER, assicurando
l’efficace utilizzo delle risorse disponibili, la Regione adotta i provvedimenti
necessari per il concreto avvio del procedimento e per la
regolare esecuzione ed ultimazione degli interventi stessi.
2. In caso di inadempienza delle ATER nell’attuazione degli interventi
di cui al comma 1, la Regione esercita i poteri sostitutivi previsti
dalla l.r. 30/2002.
3. In caso di inadempienza degli Enti locali nell’attuazione degli interventi
di cui al comma 1, la struttura regionale competente, nel rispetto
dei principi di cui all’art. 49 dello Statuto, accertata l’inerzia o
l’inadempimento del comune, diffida quest’ultimo a provvedere entro
un congruo termine ovvero a comunicare le motivazioni del ritardo.
Decorso inutilmente tale termine, ovvero nel caso in cui le
motivazioni addotte non risultino tali da giustificare l’inerzia o
l’inadempimento, la struttura regionale competente trasmette gli atti
alla Giunta regionale la quale delibera sull’esercizio dei poteri sostitutivi
attraverso un commissario ad acta, da nominare con decreto
del Presidente della Regione. Il decreto di nomina è comunicato al
comune interessato.
Art. 20 (Fascicolo del fabbricato di edilizia residenziale pubblica)
1. I soggetti beneficiari di finanziamento regionale per l’edilizia residenziale
pubblica, ivi compresa l’edilizia agevolata‐convenzionata,
devono curare la redazione del fascicolo del fabbricato previsto dalla
l.r. 31/2002, secondo le modalità indicate nel r.r. 6/ 2005, ovvero
negli specifici regolamenti comunali, qualora adottati.
2. Il fascicolo del fabbricato deve essere allegato al quadro tecnicoeconomico
finale dell’intervento; la sua assenza non consente
l’erogazione a saldo del contributo regionale e la conclusione del
procedimento relativo all’intervento finanziato, ivi compreso, per
quanto riguarda l’edilizia agevolata‐convenzionata, il rilascio degli
attestati di possesso dei requisiti soggettivi.
3. La spesa relativa alla redazione del fascicolo del fabbricato può
essere compresa, nella misura convenzionalmente determinata dalla
Regione, fra gli oneri complementari previsti dal quadro tecnicoeconomico
di cui al comma 2.
4. Le disposizioni di cui ai precedenti commi trovano applicazione
nei riguardi degli interventi che, alla data di entrata in vigore della
presente legge, non sono ancora pervenuti ad inizio lavori.
5. Le ATER, per la redazione del fascicolo del fabbricato di loro esclusiva
proprietà e gestione, possono predisporre proposte programmatiche
e richiedere alla Regione la concessione di contributi
nei limiti e secondo i criteri e le priorità determinati dalla Giunta regionale
con propria deliberazione.
Art. 21 (Modifiche alla LR 22 dicembre 1999, n. 38 “Norme sul governo
del territorio” e successive modifiche)
1. Al comma 4 dell’art. 29 della l.r. 38/1999 dopo le parole: “soddisfacimento
dei fabbisogni” sono inserite le seguenti: “anche abitativi
nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale”.
2. Alla lettera f) del comma 1 dell’art. 30 della l.r. 38/1999 sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: “nonché gli interventi di edilizia
residenziale sociale ai sensi dell’art. 1, commi 258 e 259 della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008);”.
3. Dopo l’art. 53 della l.r. 38/1999 e successive modifiche è inserito il
seguente: “Art. 53 bis (Indirizzi per la redazione dei regolamenti edilizi)
1. I comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del paesaggio
rurale delle zone agricole, prevedono nei propri regolamenti edilizi,
oltre a quanto previsto dalla LR 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni
regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive
modifiche e in particolare dall’art. 6, specifiche modalità di
intervento, prescrivendo l’utilizzo di materiali e di tecniche costruttive
tradizionali volti al mantenimento delle caratteristiche tipologiche
e architettoniche degli edifici rurali.”.
Art. 22 (Modifica all’art. 66bis della l.r. 38/1999)
1. Al comma 1 dell’art. 66bis della l.r. 38/1999 dopo le parole:
“provvede alla formazione e approvazione dello strumento urbanistico
generale” sono inserite le seguenti: “o di sue varianti”.
CAPO IV ‐ DISPOSIZIONI FINALI
Art. 23 (Osservanza degli standard urbanistici)
1. Qualora i comuni, nella formazione dei nuovi strumenti urbanistici
generali, utilizzino, al fine di migliorare la qualità abitativa, parametri
dimensionali per ogni abitante o stanza equivalente, insediati
o da insediare, superiori a quelli stabiliti dall’art. 3, comma 2, del
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, gli stessi comuni,
al fine di osservare il rispetto degli standard urbanistici e non
diminuire la quantità e la qualità della dotazione di servizi e verde
pubblico nella città o in ciascuna porzione urbana interessata dalla
variante, devono applicare un proporzionale incremento ai corrispondenti
minimi inderogabili previsti dallo stesso decreto.
2. Sono fatti salvi gli strumenti urbanistici generali già approvati o
adottati alla data di entrata in vigore della presente legge nonché i
relativi strumenti urbanistici necessari alla loro attuazione, ivi comprese
le varianti ai piani attuativi di cui agli articoli 1 e 1 bis della l.r.
36/1987, come modificata dalla presente legge.
Art. 24 (Realizzazione di opere di urbanizzazione primaria)
1. Al fine di consentire il completamento delle opere di urbanizzazione
primaria delle periferie, i comuni possono derogare a quanto
disposto dall’art. 17, commi 1 e 2 della LR 12 settembre 1977, n. 35
(Tabelle parametriche regionali e norme di applicazione della legge
28 gennaio 1977, n. 10, per la determinazione del contributo per le
spese di urbanizzazione gravante le concessioni edilizie).
Art. 25 (Procedimenti in corso per il rilascio del titolo edilizio abilitativo
in sanatoria.Nuclei edilizi abusivi)
1. Al fine di consentire l’applicazione della presente legge, i soggetti
che alla data di entrata in vigore della stessa abbiano presentato
domanda di concessione del titolo edilizio abilitativo in sanatoria e
non si sia formato il prescritto silenzio assenso nè il comune abbia
provveduto al rilascio del titolo medesimo possono richiedere al
comune stesso la definizione prioritaria dei relativi procedimenti.
2. I soggetti di cui al comma 1 presentano al comune, entro 90
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifica
domanda alla quale sono allegate la copia della richiesta del titolo
edilizio abilitativo in sanatoria e la dichiarazione che
l’edificio oggetto della richiesta di sanatoria ricada nei casi previsti
dagli articoli 3, 4 e 5. I comuni definiscono i relativi procedimenti
in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande.
3. I comuni, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, adottano le perimetrazioni dei nuclei edilizi
abusivi ai sensi della LR 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti
l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente),
e successive modifiche, tenendo conto delle costruzioni
abusive ultimate entro la data del 31 marzo 2003.
Art. 26 (Modifiche alla LR 2 luglio 1987, n. 36 “Norme in materia
di attività urbanistico‐edilizia e snellimento delle procedure” e
successive modifiche)
1. L’art. 1 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente: “Art. 1 ‐ 1. I
piani particolareggiati ed i piani di lottizzazione di cui alla legge 17
agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), i piani di cui alla legge 18
aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree
fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e quelli previsti dall’
art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in materia di programmi e
coordinamento di edilizia residenziale pubblica, i piani di recupero
del patrimonio edilizio esistente di cui all’art. 28 della legge 5 agosto
1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale), nonché dei nuclei
abusivi e i toponimi, i programmi di intervento di cui all’art. 11 del
decreto‐legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l’accelerazione
degli investimenti ed il sostegno dell’occupazione e per la semplificazione
dei procedimenti in materia edilizia) convertito con modificazioni
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modifiche, i
programmi integrati di intervento di cui alla LR 26 giugno 1997, n.
22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione
urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della
regione) nonché ogni ulteriore piano attuativo dello strumento urbanistico
generale non sono sottoposti ad approvazione regionale
quando comportano le varianti allo strumento urbanistico generale
di seguito elencate:
a) la viabilità primaria per la parte che interessa il comprensorio oggetto
dello strumento attuativo, a condizione che le modifiche alla
stessa apportate non compromettano l’ attuazione delle previsioni
dello strumento urbanistico generale per la parte esterna al
comprensorio medesimo e non mutino le caratteristiche della
viabilità’ quali risultano fissate da dette previsioni;
b) l’adeguamento dello strumento urbanistico generale ai limiti e
rapporti fissati dal decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444
(Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i
fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della
formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di
quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.
765) e da leggi regionali;
c) il reperimento, all’ esterno dei nuclei edilizi abusivi oggetto della
variante prevista dall’ art. 1 della LR 2 maggio 1980, n. 28 (Norme
concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi
sorti spontaneamente) e successive modifiche, delle aree per il
verde, i servizi pubblici ed i parcheggi quando sussista la comprovata
impossibilità di soddisfare tali esigenze nell’ambito dei
nuclei medesimi;
d) le modifiche del perimetro di comprensori oggetto di recupero
urbanistico ai sensi della l.r. 28/1980 e della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico‐
edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e
successive modifiche, operate al fine di inserire nel comprensorio
edifici adiacenti;
e) fatto salvo quanto previsto dall’art. 1 bis, comma 1, lettera d), il
mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione
nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico
prevista dai piani e sia contenuto, per ogni singola funzione
prevista, entro il limite massimo del 30% e non comporti la realizzazione
di organismi edilizi autonomi;
f) le modifiche planovolumetriche che alterano le caratteristiche tipologiche
degli edifici.
2. La deliberazione comunale con la quale si adottano gli strumenti
urbanistici attuativi di cui al comma 1 è pubblicata nell’Albo pretorio
del comune e, successivamente al ricevimento delle eventuali
opposizioni, è inviata, con gli atti che la corredano, alla Regione che,
entro 30 giorni dal ricevimento, può far pervenire al comune osservazioni
sulla rispondenza degli stessi alle norme della presente legge.
3. Gli strumenti urbanistici attuativi di cui al presente articolo sono
approvati dal comune con deliberazione consiliare, che non può essere
adottata prima della scadenza del termine di cui al comma 2.
Con la deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico
attuativo il comune decide sulle eventuali opposizioni pervenute, si
pronuncia con motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni
della Regione trasmettendo alla stessa il provvedimento di approvazione
entro i successivi 15 giorni.”.
2. Dopo l’art. 1 della l.r. 36/1987 è inserito il seguente: “Art. 1 bis ‐
1. I piani attuativi di cui all’ art. 1 sono approvati dal Consiglio comunale
senza l’applicazione delle procedure di cui al medesimo art.
1, commi 2 e 3, quando sono conformi allo strumento urbanistico
generale. I piani attuativi non comportano varianti quando riguardano:
a) una diversa utilizzazione, sempre ai fini pubblici, degli spazi destinati
a verde pubblico e servizi;
b) le previsioni di spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale,
quando l’esigenza di prevedere le attrezzature stesse
nell’ambito del comprensorio oggetto dello strumento attuativo
era stata riconosciuta in sede di strumento urbanistico generale;
c) la riduzione delle volumetrie edificabili rispetto a quelle previste
dallo stesso strumento urbanistico generale, purché contenute entro
il 20%;
d) il mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione
nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico
prevista dai piani attuativi e sia contenuto, per ogni singola
funzione prevista dal programma, entro il limite massimo del
10% e non comporti la realizzazione di organismi edilizi autonomi;
e) le modifiche all’altezza degli edifici in misura non superiore a
metri 1,00 purché senza variazione del numero dei piani e nel rispetto
delle norme relative alle distanze degli edifici dalle altre
costruzioni e dai confini di proprietà;
f) modificazioni planovolumetriche che non alterino le caratteristiche
tipologiche e le volumetrie complessive degli edifici, anche se
comportanti modifiche delle altezze oltre i limiti previsti dalla lettera
e);
g) le modifiche che incidono sull’entità delle cubature dei locali tecnici
ed impianti tecnologici e sulla distribuzione interna delle
singole unità immobiliari, nonché le modifiche che variano il
numero delle unità stesse;
h) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione
grafica del piano;
i) le modificazioni dei perimetri motivate da esigenze sopravvenute,
quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse
all’imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
l) la diversa dislocazione, entro i limiti del 20%, degli insediamenti,
dei servizi, delle infrastrutture o del verde pubblico senza aumento
delle quantità e dei pesi insediativi e senza la riduzione
degli standard urbanistici;
m) l’individuazione delle zone di recupero di cui all’art. 27 della l.
457/1978;
n) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio
esistente di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del DPR 6
giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche;
o) l’adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino
modifiche al perimetro del piano o del programma;
p) le modifiche alla viabilità secondaria e la precisazione dei tracciati
della viabilità primaria;
q) la suddivisione dei comparti edificatori in sub‐comparti, ivi inclusi
quelli ricadenti nelle zone di recupero dei nuclei edilizi abusivi,
fermo restando il rispetto degli standard urbanistici.
2. Sono fatte salve le procedure dell’art. 6 della l.r. 22/1997 per le lettere
d), e), f), g), h) e l) di cui al presente articolo. Sono fatte salve, altresì,
le procedure di approvazione delle modifiche dei programmi
di recupero urbano stabilite nei rispettivi accordi di programma.”.
3. All’art. 2 della l.r. 36/1987:
a) al comma 2 le parole da: “dal comma 1 del precedente art.” sono
sostituite dalle seguenti: “dall’art. 1”;
b) al comma 3 dopo le parole: “schema di convenzione” sono inserite
le seguenti: “autorizzano il sindaco alla stipula della convenzione
con il proprietario o i proprietari lottizzanti e”;
c) il comma 5 dell’art. 2 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente:
“Con deliberazione da adottare entro 15 giorni dalla scadenza del
termine di cui al comma 4, il Consiglio comunale si pronuncia con
motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni della Regione e
in caso di assenza delle suddette osservazioni la deliberazione non è
dovuta.”.
4. Al comma 3 dell’art. 4 della l.r. 36/1987 le parole: “il termine di
120 giorni” sono sostituite dal seguente: “il termine di 90 giorni”.
Art. 27 (Prevenzione del rischio sismico. Adeguamento della LR 5
gennaio 1985, n. 4 “Prime norme per l’esercizio delle funzioni regionali
in materia di prevenzione del rischio sismico. Snellimento
delle procedure”)
1. Con regolamento autorizzato adottato ai sensi dell’art. 47, comma
2, lettera c), dello Statuto, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, la Giunta regionale disciplina, in conformità
alla normativa statale vigente in materia di prevenzione del rischio
sismico e, in particolare, alle disposizioni di cui al Capo IV,
Sezione II, del d.p.r. 380/2001 e dell’art. 20 della legge 10 dicembre
1981, n. 741 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per
l’esecuzione di opere pubbliche), i criteri e le modalità per la presentazione
dei progetti di costruzioni in zone sismiche, per la denuncia
dell’inizio dei lavori, per l’autorizzazione da parte della competente
struttura tecnica regionale, nonché per l’adeguamento delle costruzioni
esistenti alle nuove classificazioni sismiche e per
l’espletamento dei controlli.
2. Fatto salvo quanto previsto dalla suddetta normativa statale, il
regolamento di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti
principi:
a) snellimento delle procedure, nel rispetto di quanto previsto
dall’art. 20 della l. 741/1981 ed adeguamento delle stesse alla vigente
normativa statale;
b) controllo di tutte le costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche
di particolare rilevanza, quali strutture ospedaliere, strutture
civili, strutture militari, strutture industriali, infrastrutture, nonché
di tutte le costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi
quali strutture per l’istruzione, strutture destinate a manifestazioni
culturali, sportive e spettacoli, mercati, strutture civili e
industriali;
c) controllo a campione sorteggiato per le restanti costruzioni con
valore del campione crescente in funzione della pericolosità sismica
del territorio.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui
al comma 1, sono abrogati gli articoli 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della
l.r. 4/1985.
Art. 28 (Modifiche alla LR 12 settembre 2002, n. 31 “Istituzione del
fascicolo del fabbricato” e successive modifiche)
1. Alla lettera e) del comma 1 dell’art. 3 della l.r. 31/2002 e successive
modifiche sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “finalizzate,
tra 1’altro, a concordare agevolazioni economiche a favore dei proprietari
degli edifici;”.
2. Al comma 1 dell’art. 4 della l.r. 31/2002 le parole da: “, con le modificazioni”
a:”nel tempo” sono sostituite dalle seguenti: “. La valutazione
delle condizioni di sicurezza e staticità dell’edificio è effettuata,
altresi, tenendo conto delle modificazioni e adeguamenti
dell’edificio, conosciuti o conoscibili con 1’ordinaria diligenza da
parte del proprietario.”.
3. Al comma 2 dell’art. 4 della l.r. 31/2002 sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “Qualora il proprietario non dia seguito all’ulteriore
fase di approfondimento conoscitivo, il professionista incaricato ne
dà immediata comunicazione ai competenti uffici comunali, specificando
il grado di rischio per la sicurezza dell’edificio.”.
4. Dopo il comma 1 dell’art. 7 della l.r. 31/2002 è inserito il seguente:
“1 bis. L’acquisizione presso gli uffici regionali della documentazione
tecnico‐amministrativa necessaria alla predisposizione del
fascicolo avviene senza oneri per il richiedente. Gli Enti locali
possono prevedere analoghe forme di agevolazione.”.
5. Il comma 4 dell’art. 7 della l.r. 31/2002 è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di consentire la redazione del fascicolo del fabbricato,
la Regione e i comuni prevedono forme di incentivo o di agevolazione
per i proprietari in condizioni economiche o sociali disagiate.
Con deliberazione della Giunta regionale sono definiti i requisiti
per 1’accesso alle forme di incentivo o agevolazione nonchè le
modalità di concessione.”.
6. Dopo 1’art. 7 della l.r. 31/2002 e inserito il seguente: “Art. 7 bis
(Sanzioni) ‐ 1. La violazione dell’obbligo di redazione del fascicolo
del fabbricato comporta 1’applicazione a carico degli obbligati di
una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 5.000 euro.”.
Art. 29 (Modifiche alla LR 3 agosto 2004, n. 10 “Interventi straordinari
in favore di soci di cooperative edilizie in difficoltà economiche”
e successive modifiche)
1. Dopo il comma 2 dell’art. 1 della l.r. 10/2004 e successive modifiche
sono aggiunti, in fine, i seguenti:
“2 bis. I soci delle cooperative edilizie di cui al comma 1, destinatari
della sovvenzione regionale finanziata in base alla legge 17 febbraio
1992, n. 179 (Norme per 1’edilizia residenziale pubblica) e successive
modifiche, che non abbiano ottenuto la liquidazione dell’intero importo
dovuto, mantengono l’inserimento nella prima fascia di reddito
considerato alla data di assegnazione della sovvenzione alla cooperativa,
senza obbligo di restituzione dell’importo già liquidato.
2 ter. Ai soci delle cooperative edilizie di cui al comma l che, alla data
di entrata in vigore della presente legge, non abbiano ottenuto la
liquidazione della sovvenzione regionale finanziata in base al decreto‐
legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per 1’accelerazione degli
investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione
dei procedimenti in materia edilizia.) convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, ancorchè erogata nella misura
del 30%, si applicano le disposizioni di cui alla 1. 179/1992 per consentire
la trasformazione della locazione a termine in proprietà degli
alloggi. A tal fine le cooperative interessate richiedono alla Regione
l’autorizzazione alla trasformazione e provvedono al conseguente
adeguamento della convenzione stipulata con i comuni.”.
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